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Mantova-Padova, riecco Ruopolo: ne è passato di tempo da quella fuga…

Era il 10 maggio del 2012 quando la Tribuna Fattori, nel pieno di un finale di stagione di Serie B amaro come poche altre volte nel corso dell’ultimo ventennio, diramava un comunicato (clicca qui per rileggerlo) che sarebbe di lì a poco esploso...

Redazione PadovaSport.TV

Era il 10 maggio del 2012 quando la Tribuna Fattori, nel pieno di un finale di stagione di Serie B amaro come poche altre volte nel corso dell’ultimo ventennio, diramava un comunicato (clicca qui per rileggerlo) che sarebbe di lì a poco esploso come una bomba nell’ambiente padovano: “Entro sabato vogliamo che Francesco Ruopolo sia fuori rosa, faccia le valige e lasci la città. Diversamente lo farà comunque: è solo questione di scegliere il modo”. La mattina dopo, a Bresseo, non c’era già più, e di lui a Padova non si sono più avute notizie. A distanza di oltre tre anni, domani sera Ruopolo e il Padova si ritrovano: lui a guidare l’attacco del Mantova, i biancoscudati di fronte come avversari nel primo turno di Coppa. E lui per la prima volta torna a parlare. Di quei mesi e di una fuga con la vergogna, il tormento, e forse la paura. «Ricordo bene quel giorno», racconta Ruopolo, oggi 32enne. «Mi ero fatto male contro il Torino nella partita precedente, ed ero andato a fare risonanze ed esami. Poi, quando ho visto quello che era successo, e considerato l’infortunio, d’intesa con la società ho deciso che, per evitare problemi, anche alla squadra, era meglio tornare a casa e lasciar tranquillo l’ambiente». Non ebbe mai timori per la sua incolumità? «Più avanti venni a sapere che alcuni ultrà erano addirittura venuti al campo di allenamento a cercarmi, ma allora ero già andato via. Sinceramente non mi aspettavo una reazione del genere. Capisco che un tifoso possa rimanerci male, il mio era stato un errore grave che non dovevo commettere, ma era avvenuto in un’altra epoca e in un altro ambiente. Ogni persona è libera di pensare e giudicare come crede, da tifosi si sono sentiti di scrivere certe cose e ne avevano tutto il diritto, a me spettava solo subire le conseguenze di certi errori». Arrivò la squalifica di 16 mesi. Come ne è uscito? «Professionalmente, com’è ovvio che sia, rovinato: ero al clou della carriera, avevo altri due anni di contratto con il Padova per fare qualcosa di buono. La mia vita è cambiata, a livello economico ma anche personale, e prima di potermi rimettere in gioco c’è voluto un po’ di tempo. Ti cambiano tante cose: ti fai molte domande, ti rendi conto veramente di chi ti sta vicino perché ti vuole bene e di coloro di cui, invece, avresti dovuto diffidare. Ma se uno si comporta cercando di far capire che persona è, gli errori possono essere anche messi da parte». Che sensazione le fa ritrovare il Padova, domani sera? «Non ho motivo di avere sensazioni strane. Non ci saranno molte persone con cui avevo a che fare allora, è cambiato un po’ tutto. Però io nelle squadre in cui ho giocato ho sempre lasciato il cuore, di solito è questa la sensazione che provo quando incontro una mia ex formazione». Padova compreso? «Ho giocato, ho dato il mio contributo, a volte bene a volte meno, mi ha fatto crescere e conoscere tante persone. Ogni maglia si ricorda per sempre». Più difficile sarà forse tornare all’Euganeo in campionato: teme un’accoglienza difficile? «Probabilmente sì, ma gli anni sono passati. Non dico che la cosa scivoli via, ma farà meno male rispetto a qualche stagione fa. Tornando a Bergamo, contro l’Albinoleffe, ho subìto la stessa cosa, ma fa parte del gioco. Può succedere pure in altri frangenti di avere brutte accoglienze, bisogna accettarlo e io andrò in campo senza pensare a ciò che diranno da fuori. Se pensassi ai tifosi, smetterei di giocare». Dal Canto, negli anni successivi, ha detto più volte che fu proprio lo scandalo scommesse a impedire a quella squadra di arrivare ai playoff. Concorda? «Sinceramente non lo so. Vista la rosa che c’era, è un pensiero legittimo. Ma non ne avremo mai la riprova».