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Tifo splendido, ma quei petardi…

Avrebbe potuto essere una memorabile giornata di festa, invece il botto l’ha irrimediabilmente rovinata. E non si tratta della vittoria di un Altovicentino tornato in corsa grazie all’unico errore dei biancoscudati. Si tratta proprio del...

Redazione PadovaSport.TV

Avrebbe potuto essere una memorabile giornata di festa, invece il botto l’ha irrimediabilmente rovinata. E non si tratta della vittoria di un Altovicentino tornato in corsa grazie all’unico errore dei biancoscudati. Si tratta proprio del botto, in senso stretto, che per tre volte, nel corso della gara, è riecheggiato in tutto lo stadio «Dei Fiori» proprio a ridosso della panchina, dove sedevano Zanin e le riserve vicentine. Tre grossi petardi che hanno rovinato la festa dei 2.800 tifosi giunti in massa a Valdagno per spingere Parlato e i suoi ad una nuova impresa, che poi non è arrivata. Ed è così che una trasferta che poteva essere ricordata come la più massiccia dell’ultimo decennio ora rischia di trasformarsi in un boomerang, che parte e torna indietro andando a sbattere sulla fronte dei tifosi. Palla al giudice. Bisogna partire proprio da questo, dai tre petardi esplosi all’8’ del primo tempo, quindi al 6’ e al 39’ della ripresa. Tre botti che mettono a rischio la prossima partita in casa, contro il Montebelluna, del 18 gennaio. Perché l’Euganeo, già in diffida (anche se per cori razzisti, altra situazione rispetto a ciò che è avvenuto ieri), rischia di vedersi chiudere le porte: il commissario di campo della Lega Dilettanti ieri ha scritto tutto ciò che è piovuto dagli spalti, e la parola passa ora al giudice sportivo. Festa da record. Un peccato perché quella di ieri può benissimo passare agli annali come la trasferta più imponente dell’ultimo decennio. Non c’erano solo i 2.000 muniti dei biglietti, raccattati in tutta fretta in settimana dopo estenuanti code all’Euganeo. Con loro c’erano gli altri 800 presentatisi a Valdagno senza tagliando, ma solo con la speranza di trovarne uno e assistere al match. Nei due anni più ricchi di emozioni della recente storia biancoscudata non si erano mai raggiunti livelli simili: 2.500 a Trieste per i playout del 2010, 2.000 a Torino all’ultima di campionato, 1.300 a Varese e 1.900 a Novara a giocarsi la serie A. Al fischio d’inizio, ieri, il colpo d’occhio dello stadio metteva davvero i brividi. Da un lato i tantissimi tifosi dell’Altovicentino, a sventolare le loro belle bandierine blu, rosse e bianche. Ma dall’altra, un vero e proprio muro di sciarpe, fumogeni, cori e calore biancoscudati. Il primo «Ma quando torno a Padova» a sovrastare la lettura delle formazioni, gli sfottò ai vicentini piovuti a più riprese durante la gara, l’entusiasmo trascinante di un popolo riscopertosi unito e unico, al fianco della sua squadra. Alla fine ad esultare sono stati i supporter di casa. Ma il Padova si è preso comunque la sua dose di applausi per una gara che sicuramente non meritava di perdere. È stata festa lo stesso: per gli “olè” e la lunga corsa sotto la tribuna, e per il coro «Sa-lu-ta-te la ca-po-li-sta», giusto a mettere bene in chiaro le cose