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“Avete buttato via tutto, vergognatevi”, la ricostruzione del colloquio ultras-giocatori

Da Il Mattino di oggi: Il giorno dopo la matematica retrocessione comincia con il silenzio. Quello di una città ancora ferita, ma soprattutto quello della società: sarebbe stato lecito attendersi una parola da chi ha costruito una squadra...

Redazione PadovaSport.TV

Da Il Mattino di oggi:

Il giorno dopo la matematica retrocessione comincia con il silenzio. Quello di una città ancora ferita, ma soprattutto quello della società: sarebbe stato lecito attendersi una parola da chi ha costruito una squadra retrocessa con una giornata d’anticipo, ma niente. A Bresseo, ad accogliere i giocatori, ci sono le forze dell’ordine: due gazzelle dei Carabinieri giunte da Teolo e Lozzo Atestino, cinque uomini della Digos, una camionetta della Polizia con dieci agenti della Celere. In mattinata s’è sparsa la voce di un arrivo imminente della contestazione alla ripresa degli allenamenti. L’attesa. Sono le 15.12 quando al Centro Sportivo Euganeo giunge a piedi una quarantina di tifosi della Tribuna Fattori. Non spiaccicano una parola, si posizionano sulla tribuna esattamente sopra l’imboccatura degli spogliatoi, per aspettare i giocatori all’uscita per la seduta programmata alle 15.30. Come per guardarli dall’alto in basso. Ore 15.32: «Allora, veniamo fuori?», urla un tifoso verso la porta degli spogliatoi, ancora serrata. Dentro c’è la squadra con il suo allenatore. Della dirigenza, invece, nemmeno l’ombra. Il confronto. I giocatori si affacciano sul campo alle 15.35. «Bravi davvero», le prime parole. «Ora fermi qui». Mancano i soliti Ceccarelli, Perna, Santacroce, Musacci, Modesto e Buonaiuto, manca l’infortunato La Camera, manca Jelenic via con la sua nazionale, mancano anche i baby Zaccagno e Bellemo, risparmiati dalla contestazione e rimasti momentaneamente all’interno della struttura. La squadra da una parte, gli ultras sulla tribuna, di fronte. Gli uni contro gli altri. «Cuffa, Iori, Mazzoni e Serena si spostino, non è con loro che vogliamo parlare»: comincia così la resa dei conti. I quattro decidono di rimanere, al fianco dei compagni. Non si alza un coro che sia uno: chi ha qualcosa da dire, lo dice. Solo parole: decise, dirette, faccia a faccia. «Facce di m..., se siamo retrocessi è perché qui c’è gente che pensa ad altro!». Viene interpellato Tommaso Rocchi, che prova a rispondere: «La personalità non si compra. Chi va in campo cerca sempre di dare il massimo, spesso non ci siamo riusciti». Cominciano ad emergere i primi bersagli: «Pasquato, tu non sei padovano: te ne devi andare da qui!», e ancora «Vantaggiato, cos’hai fatto in quattro anni che sei qui?», e poi «Feczesin, non hai mai fatto un tiro in porta da quando sei qui: è normale secondo te? Il problema è che a voi non interessa nulla di ciò che è successo. Noi abbiamo penato per 11 anni per rivedere la Serie B, e in un anno avete buttato via tutto quanto». Viene chiamato Moretti, fa un passo avanti verso i tifosi: «Come puoi pensare a farti gli autoscatti su facebook in una situazione del genere?». «Non volevo mancare di rispetto a nessuno», risponde il centrocampista, gli occhi a terra. «Sei capace di dire: scusate, ho sbagliato?» «Mi dispiace»...«No, devi chiedere scusa!». E arriva lo «Scusa...». Il clima è teso, ma la violenza non c’è. La rabbia sì, tanta. «Come si fa a perdere 50 punti a causa di leggerezze? Questo era il campionato più facile degli ultimi dieci anni, e voi siete riusciti a finire in Lega Pro. Come potete avere paura in campo?». Iin serie sono rinfacciati alla squadra tutti i problemi che hanno concorso alla retrocessione. «Pasquato, hai visto dove ci ha portato il voler cacciare Mutti?». Mazzoni assiste a tutta la scena dalla prima fila, finchè gli viene chiesto come sia possibile che il Padova sia retrocesso: «Il motivo è molto semplice, perché siamo scarsi». I tifosi vorrebbero che la squadra non si allenasse: «Non posso», replica Serena, «Io devo fare allenamento». E allora si chiude: «Per chi rimarrà qui l’anno prossimo, badate che non sarà una passeggiata». I tifosi se ne vanno, i cancelli per accedere ai lati dei campi da gioco vengono chiusi. Ordinatamente, tutti lasciano Bresseo. Rimane solo la squadra, ad allenarsi per una partita che venerdì non avrà alcun senso. Completamente sola.