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Derby e ricordi per Marchetti: “Bici e pullman per arrivare all’Appiani”

Sulle pagine de Il Mattino, i ricordi padovani di Stefano Marchetti, ex calciatore biancoscudato oggi colonna portante del Cittadella nel suo ruolo di direttore generale: “Per raggiungere Padova – racconta – partivo in bici da...

Redazione PadovaSport.TV

Sulle pagine de Il Mattino, i ricordi padovani di Stefano Marchetti, ex calciatore biancoscudato oggi colonna portante del Cittadella nel suo ruolo di direttore generale: "Per raggiungere Padova - racconta - partivo in bici da Fontaniva, il mio paese natale, e andavo a Cittadella, dove alla stazione delle corriere prendevo il pullman per Padova. Da piazzale Boschetti, attraverso i giardini dell’Arena, mi spostavo in corso del Popolo e salivo sull’autobus diretto all’Appiani. Stesso tragitto al ritorno, dopo l’allenamento al Monti. A Cittadella qualche volta mi hanno rubato la bici, così rientravo a casa in autostop. Adesso, se non vai a prendere i ragazzini con il pulmino, sembra quasi che tu faccia loro un torto... Eh, allora si diventava uomini in fretta. Al Padova rimasi 3-4 anni, andando via e ritornando». Il ricordo dell’Appiani? «Vi ho esordito in Serie C. Uno stadio storico, dove, quando entravi, avvertivi la pressione che da fuori subivano soprattutto gli avversari. C’era qualcosa che non c’è più. Era il cuore di Padova». Sugli obiettivi: «Sono ambizioso, non lo nascondo. E il mio sogno è di portare il Cittadella in Serie A, sarebbe chiudere un cerchio, resterebbe nella storia. Difficile, complicato, eppure intrigante, anche se papà Gabrielli mi diceva sempre: «Ricordati che questa società ci dev’essere oggi, domani e anche dopodomani'. In sostanza, fai sempre le cose con giudizio. Qui sto bene, ma voglio provarci». Domani il Cittadella parte favorito, ma Marchetti non vuole saperne: «No, non ci casco. Il derby sfugge ad ogni pronostico. Mi aspetto un Padova carico a mille, che proverà a fare la gara della vita. Per noi sarà fondamentale l’approccio. Se dovessimo far bene, allora potremmo davvero convincerci che lì, in alto, ci possiamo stare sino alla fine. Ma le insidie sono notevoli, bisognerà giocare la partita perfetta».