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Il Mattino, Edel: ora c’è da scalare una montagna, proviamoci comunque

Il pareggio a Cuneo aumenta ancora di più la ripidezza della salita. Il Padova e i play-off rimangono troppo distanti, ma il calendario tende ancora la mano ai biancoscudati. Si può fare, nonostante tutto. Su queste frequenze l’editoriale...

Stefano Viafora

Il pareggio a Cuneo aumenta ancora di più la ripidezza della salita. Il Padova e i play-off rimangono troppo distanti, ma il calendario tende ancora la mano ai biancoscudati. Si può fare, nonostante tutto. Su queste frequenze l'editoriale odierno di Stefano Edel su Il Mattino di Padova, che vi riportiamo:

Mancano cinque giornate alla fine della stagione regolare, sul piatto ci sono 15 punti. Sommati ai 45 che oggi ha in saccoccia il Padova, fanno 60. Una quota considerata dai più come sicura o quasi per garantirsi l’accesso ai playoff che valgono il pass per la Serie B. Certo, azzardare un quarto posto come obiettivo possibile per i biancoscudati, con l’Ancona oggi a quota 49 nel raggruppamento di centro (esattamente i punti che ha l’Alessandria prima di scendere in campo stasera a Pavia) e con il Cosenza a 51 in quello meridionale (in questo momento la più sicura di qualificarsi), non è il massimo, ma più che una sensazione possiamo parlare ormai di certezza man mano che ci avviciniamo al traguardo: la seconda migliore delle quarte uscirà proprio da un testa a testa fra le squadre dei gironi A e B. E lì bisogna provare ad inserirsi. Come? Facendo l’en plein di risultati. Il tifoso ha il diritto di pretendere che la squadra di Pillon insegua sino in fondo l’obiettivo, ma l’impresa è titanica, per non dire quasi impossibile. Con il Cuneo, avversario decisamente inferiore per tasso tecnico complessivo e qualità dei singoli, il Padova è andato a corrente alternata, come se la pressione di dover centrare la vittoria a tutti i costi gli creasse dei problemi: nei primi 45’ l’impegno c’è stato, nulla da dire, così come è stata marcata la supremazia territoriale, ma su alcuni aspetti della manovra si è tornati indietro. È mancata la profondità, la capacità in attacco di effettuare i “tagli” e gli inserimenti giusti, smarcando un uomo davanti al portiere. Inutile avere il predominio delle azioni se poi non c’è chi la butta dentro. È noto che il 4-4-2, per essere ottimizzato al meglio, ha bisogno di un continuo sviluppo della manovra sulle fasce: ebbene, a sinistra questo è successo, più volte e con efficacia, a destra molto, ma molto meno. Inevitabile pagare dazio se schieri Bucolo terzino (e se l’è cavata, anche meglio del previsto), ma non se proponi uno come Marco Ilari, che dovrebbe sbranare la fascia e fare la differenza. Nella ripresa il Padova ha spinto di più sull’acceleratore, ma si è scoperto troppo ed è stato punito su una ripartenza dei piemontesi: l’unica tattica che poteva adottare la squadra di Fraschetti, consapevole del gap patito nei confronti dei biancoscudati. Una volta sotto, ed effettuati i cambi che le circostanze imponevano (con il ricorso anche al trequartista), Neto Pereira & C. hanno rimesso in piedi il match, timbrando il cartellino con un pareggio che non muta granchè la loro situazione di classifica. Si sono svegliati tardi? Una domanda non peregrina, la stessa che ci eravamo posti a Pordenone, sempre riferendoci all’ultimo quarto d’ora, quando avevano cinto d’assedio l’area dei friulani, ma senza arrivare al 2-2. Le motivazioni sono importanti, per non dire fondamentali, nello sport come nella vita: e di motivazioni ne dovrà trovare tante Pillon per convincere i suoi giocatori a non mollare la presa. Cinque successi su cinque, appunto, o si è fuori. Come scalare una montagna alta 8.000 metri con grado di difficoltà massimo. Se uno ci crede, perché precludersi l’impresa?