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OLTRE i 90′ | Il Real Madrid a Padova e l’amarcord che verrà

OLTRE i 90′ | Il Real Madrid a Padova e l’amarcord che verrà

A spasso tra i ricordi di un giovane tifoso degli anni ’90

Giacomo Stecca

Magari non tutti sanno che il termine Amarcord viene dal dialetto romagnolo “a m’arcord” che vuol dire “io mi ricordo“. L’uso a livello nazionale della parola e il suo nuovo significato arrivò con l’omonimo film girato da quel genio di Federico Fellini nel 1973. Oggi è una parola della lingua italiana usata per indicare il ricordo nostalgico, il parlare in modo malinconico di momenti ormai molto lontani nel tempo.

Sarà che comincio ad avere una certa età, ma mi sono reso conto di aver collezionato negli anni parecchi ricordi nostalgici, soprattutto dal punto di vita calcistico. Mi ricordo perfettamente della mia prima partita di calcio vista in televisione, del primo match vissuto di persona allo stadio, della prima promozione in serie B del Biancoscudo, del primo autografo ricevuto da un giocatore della massima serie.

Sono tutti amarcord stupendi e che rimandano a momenti diversi della mia vita. Ce n’è uno tuttavia di cui non posso “fregiarmi”. Non ho nessun ricordo legato a una partita ufficiale del Padova all’Appiani. Si, avete capito bene, pur avendo vissuto dal vivo un sacco di battaglie dei biancoscudati, per motivi anagrafici non sono mai riuscito a vederne una disputata dentro quel catino bollente. Non sono mai arrivato ad assistere a un match nella “Fossa dei Leoni”.

Come vi ho già raccontato in precedenza, iniziai a seguire il Calcio Padova nell’anno della serie A, il 1994, quando la squadra aveva già cambiato dimora, traslocando nel più grande, ma molto meno affascinante Euganeo, quindi sfiorai solamente, per questione di pochi mesi, il mitico Appiani. Per fortuna però si vive anche di ricordi non propri e negli anni ho vissuto indirettamente questo stadio grazie ai racconti di chi l’ha frequentato in maniera assidua.

Mio nonno mi ha più volte raccontato di quando sulla panchina dell’impianto di Via Giosuè Carducci sedeva un certo Nereo Rocco, con tutta probabilità il miglior allenatore italiano di sempre, il quale portò la compagine patavina ad arrivare terza nel campionato di serie A 1957/’58. Un risultato storico. Il padre di mia madre mi disse inoltre di quando su quel suolo sacro (e dico sacro per davvero, perché fino al 1808 sul terreno dell’impianto sportivo si trovava in parte la chiesa della Misericordia) vide giocarci il grande Torino. Era il 20 febbraio 1949 e sotto gli occhi di migliaia di persone andò in scena uno scontro epico finito 4 a 4. Fu una delle ultime apparizioni di quel “Toro” in quanto meno di tre mesi più tardi, il 4 maggio del 1949, avvenne il tragico incidente aereo di Superga.

Anche mio zio ebbe la fortuna di frequentare lo stadio Silvio Appiani e quando io ero piccolo mi raccontò di episodi, più recenti rispetto a quelli narrati da mio nonno, ma non meno epici. Penso a quella volta in cui vide giocare niente meno che i campioni spagnoli del Real Madrid. I blancos allenati da Radomir Antic (scomparso purtroppo qualche mese fa) arrivarono in città per un match amichevole nel Giugno del 1991 e si imposero sui biancoscudati per 2 a 0. Quel giorno d’estate il risultato contava ben poco però, l’importante era aver avuto l’onore di affrontare una squadra così blasonata.

Blasonata come lo fu un’altra amichevole estiva in preparazione al campionato alla quale alcuni miei amici, poco più anziani di me, ebbero la fortuna di assistere. Parlo di quella del 13 agosto 1993 contro la Juventus di Trapattoni. Partita questa volta pareggiata dagli undici giocatori padovani che sfidarono sul campo, ad armi pari, stelle del calibro di Roberto Baggio, Fabrizio Ravanelli e Gianluca Vialli.

Ecco, questi sono solo alcuni degli spettacoli ai quali, a causa della mia giovane età, non ho avuto la possibilità di partecipare, ma c’è sempre una speranza nella vita, e questa speranza io l’ho abbracciata nuovamente qualche giorno fa.

Ero seduto a un tavolo del Caffè Pedrocchi e mentre sorseggiavo uno squisito “caffè padovano” e sfogliavo un quotidiano locale lessi una notizia interessante. Nella pagina dello sport del giornale, l’autore dell’articolo lanciava la suggestione di veder di nuovo il Calcio Padova tornare a giocare allo stadio Appiani in un periodo in cui comunque gli impianti sportivi devono per forza essere a porte chiuse. Appena lessi le prime righe del testo quasi mi soffocai col caffè alla menta ideato dal signor Francesco Pedrocchi. Continuai a leggere con curiosità e con la mente già fantasticavo di poter realizzare il mio sogno. Poteva davvero essere una cosa attuabile? Rivedere quelle maglie bianche con lo scudo sul petto lottare nel teatro che ha ospitato i momenti più ruggenti e epici della storia biancoscudata? Poter assistere, anche senza la magnifica cornice di pubblico, a un match vero e proprio e non una partita delle giovanili o una scampagnata tra ex-calciatori?

La risposta in realtà arrivò già in tarda serata con una smentita dalla società di Viale Nereo Rocco 60.

I due ostacoli fondamentali evidenziati dai vertici patavini furono i lavori in corso per la ristrutturazione di tutta l’area degli spogliatoi cominciati in estate e una lunga serie di doverose migliorie di cui l’Appiani avrebbe bisogno per adeguarsi agli standard della serie C (adeguamento dell’impianto di illuminazione su tutti).

La mia speranza e i miei sogni di gloria erano durati solo mezza giornata.

Ma io non mollo e fino a che seguirò il Calcio Padova non mi darò per vinto, aspetterò quel momento in cui gli 11 leoni biancoscudati potranno tornare a ruggire dentro quell’arena per poi archiviarlo come uno dei miei migliori ricordi sportivi di sempre. Sognare non costa nulla. Ed io sogno ad occhi aperti “L’Amarcord che verrà”.

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