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OLTRE i 90′ | Super Vlaovic affonda il Torino, febbraio ’95

OLTRE i 90′ | Super Vlaovic affonda il Torino, febbraio ’95

A spasso tra i ricordi di un giovane tifoso degli anni ’90

Giacomo Stecca

La mia terza partita di serie A vissuta allo stadio fu quella giocata dal Calcio Padova contro il Torino domenica 19 febbraio 1995. Dopo aver cominciato il mio percorso di tifoso ammirando l’incredibile vittoria dei Biancoscudati sull’Internazionale di Ottavio Bianchi per 1 a 0, avevo visto gli stessi undici atleti in calzoncini e maglia bianca soccombere in malo modo sotto i colpi di cannone della Sampdoria dello svedese Sven-Goran Eriksson.

Un solo goal segnato e quattro subiti. Una tremenda umiliazione. Non sapevo proprio cosa mi sarei potuto aspettare dall’incontro di campionato successivo. Magari un risultato mai visto prima di allora come un pareggio? Ricordo che sfortunatamente qualche giorno prima del match dell’Euganeo accusai due/tre linee di febbre. Non andai neppure a scuola il venerdì mattina, ma per nulla al mondo mi sarei perso la partita della mia squadra del cuore durante il fine settimana! Pregai in ginocchio mio padre di portarmi lo stesso la domenica allo stadio e così fu, grazie anche alla febbre sparita in modo miracoloso con l’inizio del weekend.

Alle due del pomeriggio del 19 febbraio ero perciò, con mio papà, nel piazzale del nuovo impianto sportivo cittadino, di fronte alla biglietteria centrale. Se per le partite precedenti contro Inter e Samp, sarebbe stato impensabile acquistare i biglietti in loco il giorno della gara, con il Torino invece questo problema non si poneva. La squadra di Sonetti non era certo una testa di serie da ammirare come le squadre di Milano e Genova e quindi non ci fu nessun problema a comprare il tagliando all’ultimo minuto.

Il Torino di qualche anno prima, quello che aveva vinto la Coppa Italia ed era arrivato in finale di Coppa Uefa, aveva avuto un grande fascino ma oramai era solo un ricordo molto, molto lontano. La squadra piemontese nei primi mesi dell’anno 1995 navigava in bassa classifica come noi patavini, ma se noi avevamo una società solida e rodata loro avevano invece delle questioni societarie irrisolte, le quali pesavano in modo tangibile sui risultati sportivi. Quella era una partita importante per tutte e due le squadre ma soprattutto per il Padova, che vincendo avrebbe potuto cominciare seriamente a pensare alla salvezza. E come sempre in questi casi partì all’attacco l’avversario…

Il primo tiro del match fu quello di Ruggero Rizzitelli, giocatore ex Roma e nel giro della Nazionale Italiana, che sparò alto sopra la traversa. Subito dopo una bella azione del Padova fu fermata al limite della regolarità dai difensori del Torino, tanto che ricordo ancora adesso, a distanza di una ventina d’anni, le proteste concitate in campo e soprattutto quelle pittoresche sugli spalti. La rabbia per il rigore negato si tramutò in gioia pochi secondi dopo quando una punizione dell’olandese Michael Kreek ribattuta dalla barriera torinese, si trasformò in un assist perfetto per il ventiduenne Filippo Maniero detto Pippo che con un colpo di testa potente e preciso infilzò, nonostante il bel tentativo di parata, il numero uno dei piemontesi Luca Pastine.

La felicità che mi aveva pervaso dopo la prima rete svanì, però, quasi subito. Al quindicesimo minuto il Torino pareggiò i conti con un goal del ghanese Abedì Pelè, al suo quinto sigillo nel campionato italiano. Su una punizione dal limite dell’area il nostro portierone Adriano Bonaiuti battezzò erroneamente la palla fuori. Sbagliano anche i migliori, pensai. A un quarto d’ora dalla fine del primo tempo, il Padova reclamò ancora una volta un calcio di rigore, per l’intervento scomposto dell’esperto Luca Pellegrini su Pippo Maniero, ma anche in questo caso l’arbitro Piero Ceccarini valutò tutto regolare e poco dopo mandò i ventidue giocatori negli spogliatoi a bere un the caldo prima del cambio di campo.

Il tempo di perdermi nei discorsi di alcuni tifosi anziani seduti accanto a me e la gara era già ricominciata in maniera intensa. Il Padova mise subito il turbo: al quinto minuto del secondo tempo il capitano Damiano Longhi colpì la sfera di testa a botta sicura a distanza ravvicinata dalla porta ma Pastine si superò ancora una volta deviandola sul palo. Goran Vlaovic si lanciò come un falco sul rimbalzo ma spedì al cielo il pallone.

Che il Padova avesse una marcia in più si vide fin da subito e infatti al decimo minuto ci fu il sorpasso. Un lancio spettacolare, quasi da centrocampo, di David Balleri smarcò il croato Vlaovic che questa volta non sbagliò. 2 a 1. La folla intuì che era il momento di spingere i propri beniamini e le urla e i cori si fecero sempre più forti e assordanti. Anche se il solito Rizzitelli provò con un bolide a ristabilire la parità non ci fu nulla da fare, ormai il Padova aveva capito di essere superiore e al sedicesimo un lancio da metà campo raggiunse il solito Vlaovic che con un diagonale rasoterra firmò il terzo goal e la sua doppietta personale.

Ricordo che, subito dopo il 3 a 1 del numero nove patavino, cominciarono a sventolare in tutto lo stadio decine di bandiere biancoscudate. Uno spettacolo meravigliosamente suggestivo. Al venticinquesimo minuto il capitano Damiano Longhi si vide negare il goal per fuorigioco. La quarta rete però arrivò comunque. La segnò l’americano Alexi Lalas grazie all’assist proprio di capitan Longhi. Rizzitelli riuscì ad accorciare le distanze ma per il Toro ormai era troppo tardi. Il Padova aveva sfoderato una prestazione davvero magistrale in quel pomeriggio tardo-invernale. In quel dell’Euganeo si respirava un clima di euforia generale più che giustificata. Uscendo dallo stadio capii, parlando con mio papà e un suo amico, come la salvezza non fosse più irraggiungibile, non fosse più una chimera o un miraggio (come si pensò subito dopo la partita con la Samp), ma qualcosa alla portata di quegli 11 Eroi Scudati.