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Quattro allenatori ed una salvezza al fotofinish: la pazza stagione 1950-1951

Quattro allenatori ed una salvezza al fotofinish: la pazza stagione 1950-1951 - immagine 1
Flash dal passato: momenti di storia biancoscudata nella nostra rubrica del lunedì
Alessandro Vinci

La stagione dei quattro allenatori. Non può che venire ricordata così la turbolenta annata 1950-1951 del Calcio Padova, all'epoca in Serie A. Dal 1929 (anno dell'istituzione del girone unico) ad oggi, sono state dieci le stagioni durante le quali tre tecnici si sono avvicendati sulla panchina biancoscudata nel corso di un singolo campionato (stagioni '38-'39, '45-'46, '51-'52, '52-'53, '72-'73, '73-'74, '77-'78, '83-'84, '98-'99 e 2013-2014). Ma il numero quattro venne raggiunto solamente nel 1950-1951. Un'epoca, quella, in cui il cambio d'allenatore era di moda così come in questi ultimi anni. Le statistiche parlano chiaro: il record assoluto di esoneri stagionali in Serie A risale infatti all'annata 2011-2012 (quando si toccò quota 16), seguita a ruota da quella 1951-1952 (15). Insomma, bene o male il Padova anticipò i tempi, riuscendo inoltre, nonostante la grande instabilità tecnica che caratterizzò gran parte del campionato, a conquistare una pregevole salvezza al fotofinish.A guidare la squadra in avvio di stagione, il Campione del Mondo 1938 Pietro Serantoni, già più volte tecnico dei biancoscudati nel corso delle quattro precedenti annate. Un uomo su cui il presidente Valentino Cesarin faceva sicuro affidamento. Squadra che si salva non si cambia, anzi, possibilmente si migliora: questo il motto per la campagna acquisti dell'estate del 1950, che vide dire addio al Biancoscudo i soli Checchetti e Vitali, rimpiazzati al centro del reparto offensivo da un argentino scovato tra le fila dell'All Boys da Curti, attaccante del Padova suo compatriota incaricato dalla dirigenza di cercare in patria un nuovo centravanti: trattasi di Enrique Andrès Martegani. Un acquisto che si rivelò azzeccatissimo. Unica altra novità nell'undici titolare, la conquista di un posto in mediana da parte del giovane Gianfranco Ganzer al fianco di due bandiere assolute come Matè e Zanon.Dopo il ritiro estivo di Fiera di Primiero, tutto era dunque pronto per affrontare il nuovo campionato, che sembrava presentarsi sotto buoni auspici. L'inizio si rivelò però balbettante, con il Padova che nelle prime quattro partite registrò tre sconfitte (tra cui una pesante manita sul campo della Roma) ed una sola vittoria, ottenuta alla seconda giornata contro la Lazio e griffata dai due argentini della squadra: Curti e Martegani. A partire dalla vittoriosa sfida interna contro la Pro Patria del quinto turno, però, il vento girò ed il Padova inanellò una preziosa serie di cinque risultati utili consecutivi, portandosi così, dopo le prime dieci giornate, all'ottavo posto in classifica ex aequo con l'Udinese a quota dieci punti, uno a partita di media. I saliscendi però, non erano per nulla finiti: ecco infatti arrivare quattro KO nelle successive giornate rimediati contro Palermo, Milan, Atalanta e Como, seguiti da due importanti successi interni su Triestina e Lucchese. Certo, il Padova non viaggiava a ritmi trascendentali, ma la situazione di classifica era in linea con le aspettative di inizio stagione. Dopo quindici turni infatti, i biancoscudati occupavano il nono posto in graduatoria a quota 14 punti. Tutto regolare, verrebbe da dire. Ma a seguito della vittoria contro i toscani, ecco il colpo di scena: Serantoni comunicò le proprie dimissioni “per imprecisati motivi”. Il Padova si ritrovò di colpo orfano del proprio mister. Ed a rimanere spiazzato fu principalmente il presidente Cesarin che, in attesa di mettere sotto contratto un nuovo allenatore, il martedì successivo affidò la conduzione tecnica della squadra a capitan Pietro Sforzin, bandiera biancoscudata di lungo corso dall'alto delle sue 284 presenze (che a fine stagione diventeranno 302, quota superata dal solo Scagnellato) oltre che ad Antonio Blasevich, che rimase però nelle vesti di viceallenatore e venne incaricato di dirigere la squadra dalla panchina durante le partite. Lo scossone non risultò però indolore, anzi, il Padova la domenica successiva (alla vigilia di Natale) cadde a Novara per 2-1 sotto i colpi dell'eterno Silvio Piola, per poi chiudere l'anno in bellezza asfaltando il Genoa fanalino di coda per 4-0 sette giorni più tardi. Il 3 gennaio, ecco poi il nome del nuovo allenatore: Giovanni Ferrari, altro Campione del Mondo '38, chiamato ad affrontare un esordio a dir poco proibitivo sul campo della corazzata Juventus. Ed i pronostici non vennero traditi: 5-1 in favore dei bianconeri con gol della bandiera biancoscudato firmato Martegani. La disfatta torinese fu un duro colpo per Zanon e compagni, che dopo aver concluso l'andata con una nuova sconfitta esterna patita contro il Napoli ed aver impattato all'Appiani per 2-2 contro il Torino, vennero tramortiti da Lazio prima ed Inter poi rispettivamente per 4-0 e 5-1, ritrovandosi così al quartultimo posto in classifica, con soli due punti di vantaggio rispetto alla zona retrocessione.L'ambiente era in subbuglio, l'ex vicepresidente Tarquinio Zanin, accomiatatosi dalla società a seguito dell'addio di Serantoni, chiese pubblicamente le dimissioni da parte di Ferrari, il quale, però, fece orecchie da mercante e la domenica successiva si riscattò ottenendo la sua prima vittoria sulla panchina biancoscudata nel delicato incontro salvezza contro la Roma proprio di... Serantoni, che era tornato in giallorosso in veste di allenatore appena tre settimane dopo aver comunicato le sue dimissioni da tecnico del Padova. Un caso? Non si sa. Ad ogni modo, il successo contro i capitolini (3-1, tripletta di Martegani) si rivelò niente più che un fuoco di paglia ed a inizio aprile i biancoscudati occupavano ancora il diciassettesimo posto in classifica, a più quattro punti sulla penultima piazza, sinonimo di retrocessione in Serie B. Così, il 7 aprile, ecco arrivare a Padova il quarto allenatore stagionale: l'anglo-cinese Frank Soo (al secolo Hong Ying Soo). Un vero e proprio carneade per i tifosi e probabilmente anche per lo stesso presidente Cesarin, che si era però fidato ad occhi chiusi delle parole di Sir Stanley Rous in persona, il segretario della Football Association futuro presidente della FIFA, che già a metà febbraio gli aveva caldeggiato il suo nome nonostante fosse ancora privo di esperienza in quanto da poco ritiratosi dal calcio giocato.Come immaginabile, Soo non conosceva una parola di italiano. Ed era anche un personaggio ben strambo: faceva fare ai giocatori cinquanta giri di campo ad ogni allenamento (o in alternativa il tragitto Appiani-Salboro-Appiani) e proibiva loro di bere anche un solo bicchiere di vino per pranzo. La squadra, come prevedibile, non ci mise molto a “ribellarsi”. Questo il racconto di Gastone Zanon (rilasciato a Gigi Garanzini per il suo libro su Nereo Rocco): “Per Soo esistevano solo acqua, latte e tè. Il vino no. E in ritiro c'era il rito del tè tutti insieme, mentre lui beveva il suo latte. Una volta va così, la seconda i miei compagni mugugnano, la terza entro in cucina e spiego agli inservienti che nelle teiere devono metterci il vino bianco. Naturalmente, versandolo nelle tazze facevamo finta di soffiare per raffreddarlo o di aggiungere zucchero o di spremerci un po' di limone. Quando a fine stagione gli confessai tutto ciò mi tolse il saluto e non mi parlò per due mesi”. Ma il problema vero che si era venuto a creare era quello della lingua. Ed anche in questo caso, Zanon prese in mano la situazione: “Inizialmente Soo ci parlava attraverso l'interprete. Il giorno in cui sbagliai a dire che io l'inglese l'avevo studiato e lo capivo, licenziarono l'interprete per risparmiare e affidarono l'incarico a me. Lui diceva cento parole e io ne traducevo dieci, lui faceva un discorso di qualche minuto e io lo traducevo in venti secondi. Difatti iniziò a trattarmi con un po' di diffidenza”.Ad ogni modo, nonostante queste strane peculiarità del nuovo allenatore, il Padova tornò a racimolare punti preziosi impattando a reti bianche contro Atalanta e Triestina e superando il Como per 3-1 nelle successive tre giornate, trovandosi così, a sei turni dal termine del campionato, a più cinque sulla zona retrocessione. Un buon vantaggio in epoca di due punti a vittoria. La squadra vedeva ormai la salvezza, ma commise l'errore di sedersi sugli allori, perdendo le successive quattro gare contro Lucchese, Novara, Genoa (ultimo in classifica) e Juventus. Per l'ultima giornata si preannunciava dunque un finale thrilling.Questa la situazione nella parte bassa della classifica a novanta minuti dal termine dei giochi: Lucchese e Triestina 28 punti, Padova e Genoa 27, Roma 26. Inutile sottolinearlo: l'unico risultato utile per avere buone possibilità di rimanere in Serie A era la vittoria. Una vittoria da ottenere all'Appiani contro un Napoli sesto in classifica che non aveva più nulla da chiedere al campionato. Era il momento del riscatto per il Padova dopo quattro sconfitte consecutive. A fine primo tempo, però, il parziale era ancora bloccato sullo 0-0. Un risultato che tuttavia sarebbe bastato per ottenere la salvezza, poiché, nel frattempo, il Genoa perdeva in casa dell'Inter e la Roma pareggiava contro il Milan già Campione d'Italia. Ad ogni modo, per chiudere ogni tipo di discorso, fu Martegani a siglare due reti nel corso della ripresa regalando così al Padova la permanenza in massima serie. In B finirono infatti Roma e Genoa.Squadra e città poterono così tirare un sospiro di sollievo, rimaste “tra i grandi” nonostante i tre cambi di guida tecnica anche grazie alle reti dei due attaccanti argentini: Curti e Martegani, a segno rispettivamente per 13 ed 11 volte. Purtroppo, però, la retrocessione sarà solamente rimandata di una stagione. Comunque, anche se nessuno poteva ancora saperlo, gli anni d'oro si stavano sempre più avvicinando...