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Ecco perchè i padovani non vengono allo stadio

Radiocronista e tifoso sfegatato del Calcio Padova, commenta in diretta le partite dei biancoscudati su Radio Padova

Redazione PadovaSport.TV

Ogni tanto qualche tifoso della “vecchia guardia” ricorda con nostalgia i bei tempi dell’Appiani: anche senza tornare indietro fino all’epoca di Nereo Rocco, basta pensare agli anni Ottanta, quando in quindicimila si davano appuntamento nel vecchio stadio per una comunissima partita di terza o quarta serie. Viene allora spontaneo chiedersi: cosa è cambiato? Vediamo di trovare insieme qualche spiegazione, senza avere la pretesa di compiere un’analisi sociologica o scoprire alcunché di nuovo - sono tutte cose scontate e ripetute già decine di volte e si possono applicare anche in altre piazze, salvo rare eccezioni.Lo stadio stesso, anzitutto: tanto era amato dai tifosi l’Appiani, soprattutto per la sua vicinanza tra spalti e terreno di gioco, quanto è detestato l’Euganeo, difficile da raggiungere (è scandaloso che il Comune non garantisca un servizio di trasporto pubblico a pagamento), freddo e dispersivo. La televisione, che una volta proponeva calcio solo la domenica; e non c’era il calcio in diretta, se non per la Nazionale e le Coppe europee. Le società ormai si piegano senza fiatare al calendario imposto da Sky che pagaprofumatamente, e i tifosi che lavorano al sabato sono penalizzati - ormai non è più su biglietti e abbonamenti che si fanno gli incassi. Ma, inutile nasconderselo, è cambiata anche la nostra città, come gran parte della società del nostro Paese. Padova si è “imborghesita” e amare il Padova non è sempre motivo d’orgoglio: negli ultimi anni della C, il tifoso biancoscudato era addirittura oggetto di dileggio da parte degli stessi padovani sostenitori delle “grandi” di serie A. I problemi connessi all’acquisto dei biglietti, la tessera del tifoso, i tornelli. Le tante distrazioni che la nostra città offre oltre al calcio. I negozi, i centri commerciali, i locali pubblici. E non dimentichiamo un fattore talvolta sottovalutato: la concorrenza del Cittadella, che negli ultimi anni ha catalizzato le attenzioni dei calciofili dell’Alta Padovana, precedentemente divisi più o meno a metà nella fede tra Padova e Vicenza.Personalmente, non andrei mai a vedere “regolarmente” un’altra squadra che non sia il Padova: il motto inglese “Support your local team” rispecchia perfettamente il mio modo di intendere il calcio. Che senso ha fare il tifo per squadre che non mi rappresentano? Quando mi trovo lontano da Padova e mi chiedono da dove vengo, certamente non rispondo “vicino a Milano”, ma asserisco orgogliosamente la mia esatta provenienza geografica; per lo stesso motivo, credo che ogni appassionato di calcio abbia il dovere di sostenere la squadra del suo territorio, senza dare alcuna importanza alla categoria in cui gioca.Purtroppo sono ragionamenti sui quali molti gente non si soffermano o che semplicemente non condividono: è molto più “comodo” tifare per una squadra che vince spesso o che ha più visibilità nazionale. Come si potrebbe, allora, cercare di farli appassionare al Padova? Basterebbe adottare alcuni suggerimenti che vengono lanciati dagli stessi tifosi biancoscudati nei vari forum di discussione: giocare più spesso le amichevoli in provincia, magari anche tutte le settimane, puntare molto nel coinvolgimento dei giovanissimi organizzando incontri nelle scuole, reclamizzare le partite con dei manifesti affissi nei locali pubblici… forse la Società dovrebbe essere più ricettiva a queste proposte: talvolta si ha l’impressione che in nome del roboante “marketing aziendale” vengano tralasciate le cose più semplici, ma genuine ed efficaci. Infine, è chiaro che molto dipende dall’andamento della squadra: un’eventuale promozione in A varrebbe più di cento iniziative promozionali. In sintesi: il mondo si evolve ed è difficile farlo tornare indietro, perciò credo che, nonostante tutte la buona volontà, ci vorranno comunque tempo e risultati per forgiare una nuova generazione di tifosi “veri”, che seguano sempre la squadra nel bene e nel male. Intanto, se può esserci di consolazione, guardiamoci attorno e pensiamo a piazze di una certa importanza come Mantova, Ancona o Venezia, costrette a diversi anni di faticosa rincorsa prima di riconquistare visibilità.