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L’INTERVISTA DI MARK UP A MARCELLO CESTARO

Pochi conoscono il Marcello Cestaro imprenditore, vi riportiamo l'intervista del noto mensile di economia al presidente del Padova. Forse non tutti sanno che la sua Unicomm fattura 1,8 miliardi di euro annui.

Redazione PadovaSport.TV

Se uscite dall'autostrada Vicenza-Valdastico a Dueville vi imbatterete nella sede centrale di Unicomm, l'associato Selex più grande per fatturato e sviluppo della rete. L'azienda è guidata dai fratelli Marcello e Mario Cestaro. Marcello Cestaro è cavaliere del lavoro dal 2001. Difficile leggere una sua intervista, difficile carpire informazioni, difficile individuare le strategie e difficilissimo farlo parlare della sua storia di imprenditore commerciale.All'origine di tanta ritrosia c'è il carattere suo e della sua famiglia, la voglia di lavorare e di non apparire, la voglia di svilupparsi senza clamori, lontano dai riflettori della stampa.Marcello Cestaro ha fatto uno strappo e MARK UP ne ha approfittato per raccontare la sua storia di imprenditore.Signor Cestaro: il vostro fatturato ha raggiunto ormai 1,8 mld di euro. Quanti anni ci sono voluti per raggiungerlo in un territorio come quello in cui operate? In altre parole, com'è cambiato il suo mestiere da quando era un operatore di un'unione volontaria come l'A&O?Eh, tanto. Con il gruppo dei vari bravi seminatori (Buelli, Cardazzi, Pelucchi, Preve, Greppi, Kluzer, Tosetti e altri: ndr) che ho incontrato, assieme a mio padre, alla prima riunione dell'unione volontaria, alla fine del 1963, abbiamo contribuito a fare di Selex una realtà di tutto rispetto nel panorama distributivo nazionale. Allora mio padre aveva una piccola attività, ma siamo partiti dandoci la priorità delle aree in cui lavorare.E poi?Poi siamo cresciuti, poco alla volta, un passo dopo l'altro…Suvvia, signor Cestaro non sia così sottotono… Ci racconti dello sviluppo: com'è andata?Ma, no, è andata proprio così. Anche quando abbiamo acquisito varie aziende lo abbiamo sempre fatto senza clamori, lasciando gli imprenditori interessati al loro posto, anzi, invogliandoli a restare e a contribuire alla crescita in un territorio che continuava a starci sempre più stretto. È il caso della Aliprandi, della Battaglia, della Passuello…E poi?L'Arca di Longiano, attiva in Emilia Romagna e nelle Marche, la Guarnier di Belluno e la Gmf di Fioroni in Umbria. Società i cui soci di allora sono ancora presenti in azienda, e che devo ringraziare per la loro collaborazione.Insomma siete diventati un gruppo pluri-regionale. Molte delle aziende citate hanno ancora l'antica denominazione sociale. Le accorperete?Probabilmente sì. Le decisioni strategiche devono per forza essere prese in un unico luogo, al di là delle organizzazioni aziendali e della presenza di centri distributivi.E per le insegne?Come sa ne abbiamo appena creata una nuova, Emi, proprio per l'Umbria. È la contrazione di Emisfero e la declineremo in tutti i modi: Emi mercato, Emi supermercato, Emi superstore ma anche “Emi piace e Emi conviene” per la comunicazione.Emi risalirà anche verso nord?No. Abbiamo investito tanto su Famila, un'insegna che ormai il consumatore conosce e apprezza. Terremo anche A&O per la prossimità e gli affiliati.Signor Cestaro, il suo racconto di come si è sviluppato è scarno per forza di cose ma anche illuminante. Una storia di successo, vissuta con passione. Da una piccola attività di ingrosso a una presenza multi-regionale. Si sente a suo agio nella veste di imprenditore nazionale?Ma sì, basta andare d'accordo con tutti. Mio padre Antonio si è fatto conoscere per la sua onestà e per la sua capacità imprenditoriale. Io e mio fratello abbiamo solo cercato di imitarlo, sia nella conduzione dell'azienda sia nei rapporti interpersonali.Prima dote richiesta?L'umiltà.Riesce ancora a visitare con frequenza i suoi negozi? Certo, tutte le volte che mi è possibile.E la domenica va a Padova, allo stadio, ma con la casacca di presidente…Come fa a saperlo? Lo dica sottovoce, per favore…Ricapitolando: le visite ai negozi le fa al sabato o alla domenica, quando i negozi sono aperti. Cosa vede di diverso dagli anni '90 quando entrava in negozi forse un po' più piccoli e meno integrati?È vero, i negozi si sono rinnovati e ampliati. Ma hanno anche aggiunto parecchi servizi. Pensiamo al pesce, al banco della gastronomia, ma soprattutto ai reparti dei preparati, carne, pesce, verdure, sempre più richiesti. Non c'è un vero e proprio schema che seguo nella visita. Guardo i display, osservo la merce com'è disposta nei banchi e soprattutto ascolto cosa dicono i nostri clienti e cosa rispondono i nostri addetti alle vendite.Lei è invidiabile per lo sforzo che fa. Quali sono i principali driver su cui si regge oggi Unicomm?Il vero driver è il consumatore, quello che il consumatore vuole, l'azienda deve essere organizzata per seguirlo in ogni più piccolo desiderio. Le dimensioni che abbiamo raggiunto, tuttavia, ci costringono a delegare sempre più responsabilità ai nostri manager. Proprio in questi giorni stiamo inserendo una persona che si occuperà di risorse umane e di formazione.E a lui cosa delegherà?La formazione, certamente. In particolare quella rivolta agli addetti dei punti di vendita, proprio perché, come ho appena detto, il nostro padrone è il consumatore. Dovrà quindi spiegare ai gerenti dei punti di vendita e ai loro collaboratori come volere bene ai clienti. E in futuro la estenderemo anche agli affiliati. È quello che è davvero mancato ad Unicomm negli ultimi anni.Perché dice è mancato? Eravate impegnati in altre funzioni?Diciamo che eravamo più attenti allo sviluppo.Di quanto è diminuito il vostro margine sull'affiliazione?Tre punti. Dipende comunque dalla location e dalla superficie dei negozi, ma soprattutto dagli assortimenti.Ricapitoliamo, allora, la vostra rete di cedi.Dueville, 40.000 mq; Belluno, 10.000 mq, San Pietro in Gu per i freschi 20.000 mq, Oderzo 10.000 mq, Longiano 18.000, Perugia 25.000 mq al quale si è aggiunto un ulteriore deposito per i freschi di 10.000 mq.10.000 mq di freschi a Perugia non sono troppi?Adesso certamente lo sono, in futuro no, se riusciremo a sviluppare più negozi diretti e ad ampliare la rete di affiliati e di somministrati.In futuro alcuni cedi potranno essere unificati?Il nostro gruppo è realmente multicanale, abbiamo anche negozi stagionali. Diciamo che anche i cedi li stiamo specializzando.Multicanalità, allora, è diventato sinonimo di complessità?In alcuni casi. Soltanto fino a cinque anni fa ciascun canale era più semplice da gestire. Oggi serve un management apposito per ogni singola rete.Se dovesse per forza abbandonarne uno quale lascerebbe? Se…Difficile dirlo. Però ormai l'affiliazione ha assunto numeri che sono sempre più esigui a fronte di un assorbimento di risorse e di personale. Certo che se i volumi di affiliazione crescessero, con cessioni e nuove collaborazioni, la nostra prospettiva cambierebbe. C'è da dire anche che i nostri associati offrono un servizio importante in zone in cui i consumatori hanno difficoltà a raggiungere i grandi centri.Perché non il cash and carry?Anche il cash è complesso ma la taratura e l'equilibrio fra i diversi target di clienti che abbiamo raggiunto in questi anni ne fa uno dei nostri asset strategici. Anche perché in questo canale ci stiamo sempre più specializzando, in particolar modo verso l'horeca.Torniamo alle deleghe al management. Come lavorerà?In primo luogo pensando ai nostri figli Paolo, Laura e Lorenzo e Daniela, mia nipote, che operano già in azienda. Poi ai direttori, amministrativo, commerciale, logistica, risorse umane, e agli altri dirigenti che da anni fanno parte dello staff delle nostre aziende controllate.A quel punto potrà andare in vacanza...Forse. Con i nipoti, se non saranno troppo grandi.Lo farà davvero?Mah… Qualche volta la tentazione c'è, ma poi l'entusiasmo, la voglia di fare, il senso di responsabilità prendono il sopravvento.Quali sono i modelli commerciali che un imprenditore come lei ritiene una scuola?Sono i modelli imprenditoriali storici, ma che hanno al loro interno molta attualità: Esselunga per la gestione e gli assortimenti, specie dei freschi, e Finiper per i freschi, i piatti pronti, il non-food e anche la ristorazione.Rimaniamo sulla ristorazione: può davvero diventare un business caratteristico per tutta la Gda?La stiamo provando anche noi, soprattutto quella instore. Serve un flusso numerico di consumatori elevato ma soprattutto personale qualificato.I rapporti con i fornitori sono storicamente discontinui. La polemica ancora in atto è sui giorni di pagamento che continuano ad aumentare. La sua opinione a questo proposito qual è?Ritorniamo a qualche decennio fa quando, anche per l'inflazione alta, si tendeva, complici i fornitori, a riempire i magazzini. Non potendo poi vendere l'acquistato in pochi giorni, i tempi di pagamento si allungavano. Diciamo che questa è diventata una consuetudine e come tale è stata gestita nel tempo da tutto il sistema. Concordo che è stata una cattiva abitudine, ma, lo ripeto, condivisa. Come si fa, adesso, a fare un passo indietro così repentino come sento dire da più fonti? Serve, sicuramente, un tavolo comune di discussione, per parlare anche dei contratti di fornitura e cercare di capire perché alcuni nostri competitor hanno condizioni “differenti”. Vogliamo poi parlare delle materie prime, i cui prezzi sono diminuiti, e di quanto e come viene remunerato l'agricoltore?Ma alla fine la quadra si troverà?Certo che si troverà: è interesse di tutti!Signor Cestaro, siamo alle battute conclusive. Nella stessa regione, il Veneto, convivono tre associati e tre grandi cedi Selex: Unicomm, Canella e Brendolan. È ancora utile la divisione del mercato che vi siete dati nel 1963? Non è il caso di rivedere il vostro rapporto?La sua è una domanda cattivella. Le rispondo così: mai dire di no a nuove prospettive per il futuro. Anche se devo ricordare che le imprese familiari indipendenti hanno le loro difficoltà a ragionare in termini di integrazioni.È un problema culturale? Di giovani generazioni che non hanno ancora le leve di comando a disposizione?È un problema di noi meno giovani. I giovani, forse, avrebbero già cambiato le cose da tempo.La centrale, le centrali e il loro ruolo strategico hanno fatto crescere diversi cedi associati. Lei è convinto del loro ruolo e della loro attualità o forse bisognerà cambiare qualcosa?Mah, forse bisognerà, almeno in parte, ripensarle e dar loro un ruolo più attuale, al di là degli accordi nazionali e multinazionali. In Selex, per esempio, stiamo riservando particolare attenzione allo sviluppo dei prodotti a marchio, con ottimi risultati. Inoltre ai nuovi format distributivi, a partire dalle superette, fino ai supermercati, ai superstore, agli ipermercati, ai cash & carry, perfezionando i mix assortimentali per dare risposte ancora più precise ai consumatori. Un lavoro svolto a livello di centrale che ha dato importanti indicazioni a tutte le imprese del gruppo.