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Padova culla dei baby-talenti: cresce Perin

Con la parata su Bernacci al 90’, venerdì scorso, Mattia Perin ha riscritto la storia, consegnando ai tifosi un nuovo idolo. Dal Canto avrà definitivamente scelto il nuovo titolare? Probabilmente sì: un ragazzone di 19 anni, con lunghi...

Redazione PadovaSport.TV

Con la parata su Bernacci al 90’, venerdì scorso, Mattia Perin ha riscritto la storia, consegnando ai tifosi un nuovo idolo. Dal Canto avrà definitivamente scelto il nuovo titolare? Probabilmente sì: un ragazzone di 19 anni, con lunghi capelli castani e la parlata romanesca, capace in campo di unire allo spirito libero del novellino l’ardore agonistico del professionista. E, fattore ben più importante, un ragazzo che può vantare l’appoggio della tifoseria: da sempre Padova è rinomata culla di talenti, ciò che i giovani calciatori non sanno è che la svolta nella loro carriera può veramente arrivare quando acquistano il titolo di «bocia». Un vero e proprio lasciapassare per il successo.Il mito del «bocia». I tifosi sanno bene a chi assegnarlo: Mattia Perin non è infatti il primo a godere del loro appoggio, e probabilmente non sarà nemmeno l’ultimo. Chi, solitamente, può fregiarsi di questa particolare onorificenza? Il giovane di turno, che viene letteralmente preso sotto l’ala dei supporter, mentre sugli spalti si vocifera che «comunque vada, vederlo in campo è un piacere». La stima incondizionata rappresenta la vera arma in più per questi ragazzi.Illustri colleghi. Jack Bonaventura arrivò a Padova a 20 anni, grazie a un’intuizione di Ivone De Franceschi, che nel febbraio 2010 lo prelevò dalla Primavera dell’Atalanta. Un ambientamento difficile, con il primo Padova in B in caduta libera nel girone di ritorno, poi un’ascesa parallela a quella della squadra, culminata nel 3-0 al Rocco contro la Triestina: i tifosi non smisero mai di invocare la sua presenza. L’anno successivo trascinò l’Atalanta in serie A, categoria nella quale oggi veste la maglia numero 10. Stephan El Shaarawy, arrivato addirittura a 17 anni nell’estate 2010 (dal Genoa anche lui come Perin) quando il Padova non aveva ancora scelto il suo direttore sportivo, ben presto si fece amare dalla tifoseria. Da perfetto sconosciuto divenne presto l’idolo della folla biancoscudata, e non solo: il Milan mise gli occhi su di lui e decise di scommettere sul Faraone, con il Padova che dall’affare intascò la bellezza di 800mila euro in segno di gratitudine dal Genoa di Preziosi.Ora Perin. Promosso titolare a furor di popolo nonostante le statistiche in fatto di gol subiti pendessero dalla parte di Pelizzoli, può dare una svolta alla propria carriera: il Milan sembra aver già messo gli occhi su di lui, e in una complessa operazione di mercato potrebbe acquisirne la metà di proprietà del Genoa per poi lasciarlo un altro anno a Padova. Con la valutazione del giocatore che, con questo ritmo, in dodici mesi potrebbe alzarsi vertiginosamente.Qualcosa in più. É questo il segreto del successo a Padova: la spensieratezza tipica della gioventù. Dopo oltre vent’anni il pubblico di Padova è ancora legato a un campione quale Alex Del Piero (debutto in B a 17 anni), frutto diretto del vivaio biancoscudato. «Anche se l’abbiamo visto davvero poco in prima squadra», confessa Giorgio Ferretti, era chiaro che sarebbe diventato uno tra i più grandi, io sono tutt’ora uno dei suoi più grandi ammiratori». I tifosi si esaltano di fronte alle gesta del loro idolo, e per il giocatore diventa tutto più semplice. Perin piace perchè in allenamento si diverte come un dilettante alle prime armi, tra scherzi e improvvisate battaglie a suon di rigori, ma in campo dimostra di saperci fare. A dispetto della carta d’identità.Risultati concreti. «La gente che va allo stadio al giorno d’oggi si fida molto di più dei giovani», spiega Gianni Di Marzio, «visto tutto lo schifo che c’è in giro. E questo l’hanno capito anche le società, cominciando a puntare forte su di loro. È importantissimo per un giocatore alle prime esperienze sentirsi considerato, l’autostima sale e la maturità si avvicina. Il giocatore deve sì crescere nei tempi giusti, ma allo stesso tempo è necessario che goda della corretta visibilità. E siccome nei settori giovanili il calcio non si insegna più, puntando l’interesse a forgiare solamente i nuovi Stramaccioni, in prima squadra arriva il vero salto di qualità».