La quarantaseiesima edizione dei Campionati Italiani Assoluti Indoor di atletica leggera è stata la prova del fuoco per il nuovo impianto di viale Nereo Rocco, inaugurato ufficialmente dal Comune di Padova poco più di un anno fa. Il Palaindoor, decisamente accattivante come struttura, che al primo impatto anche per la scelta dei colori si dimostra molto accogliente, in realtà ha messo in mostra luci e ombre. Per la verità più luci che ombre ma potrebbero essere proprio le criticità, soprattutto quando si tratta di appuntamenti di una certa caratura, a precludere la possibilità di organizzare nell’impianto sportivo padovano manifestazioni di livello internazionale. Un vero peccato. Le luci. Il responsabile tecnico operativo della Fidal, Massimo Magnani, promuove il Palaindoor come struttura dotata di una moderna tecnologia. A partire dalla pista di atletica di 200 metri a sei corsie con un rettilineo di 60 metri a 8 corsie che Magnani definisce molto veloce. «L’impianto di Padova è destinato a diventare uno dei punti di riferimento dell’attività indoor della nostra Federazione», afferma il tecnico ferrarese. «Purtroppo in Italia possiamo contare su due sole strutture del genere: questa di Padova che viene utilizzata per la prima volta per una manifestazione a livello nazionale e un’altra ad Ancona. Per il momento non è invece utilizzabile il palazzetto e la pista di atletica al coperto di Genova. Ed è proprio la carenza di impianti di questo tipo che condiziona i risultati dei nostri atleti nelle gare invernali. Se si vuole essere competitivi nei vari campionati che si disputano al coperto bisogna disporre dei palazzetti dove potersi allenare». Magnani tocca anche un altro nervo scoperto che penalizza l’atletica azzurra. Quello dei tecnici sportivi. «In Francia, tanto per fare un esempio, che lavorano a tempo pieno nel campo dell’atletica sono oltre 200. In Germania succede più o meno la stessa cosa. È un problema che non dipende da noi, ma dalle scelte del Governo. Certi risultati si ottengono partendo dagli insegnanti, inutile girarci attorno. Se a questo si aggiunge anche la carenza di impianti, allora le difficoltà di competere con nazioni che in questo campo sono culturalmente più avanti di noi diventano insormontabili». Le ombre. Riguardano soprattutto il pubblico che appena accede all’impianto ha l’impressione di sentirsi un intruso. I motivi sono molteplici ad iniziare la ridotta capienza delle tribune, che in realtà non sono altro che pochi gradoni in grado di accogliere un numero misero di persone. Se si ha la sfortuna di sedere sui gradoni più bassi, quelli infossati sotto il rettilineo finale della pista di atletica, non si riesce a vedere gli atleti che stanno gareggiando dall’altra parte del palazzetto. È successo anche sabato e ieri pomeriggio, nel momento di maggior afflusso di spettatori. Una seconda questione è quella che riguarda gli ingressi. Uno spettatore che non trova posto in gradinata è costretto a stazionare ai bordi della balaustra che divide il pubblico dalla pista e dalle pedane dei lanci e dei salti. A quel punto toglie completamente la visibilità a chi si trova nelle file più basse della gradinata. Lo stesso discorso vale per l’area davanti al bar. Peccato che un impianto tanto atteso e valido sotto l’aspetto tecnico, costato quasi 5 milioni di euro, dove si possono ottenere risultati sportivi importanti sia penalizzato da un così poco spazio riservato al pubblico. E se si vuole ospitare gare internazionali, dove con gli atleti di un certo valore arrivano anche gli spettatori, i pochi posti a sedere (200 nel progetto iniziale) sono veramente poca cosa.
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