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Padova, gli obiettivi della società e il super-lavoro di Bisoli: ecco perchè serve pazienza

La sconfitta di Brescia ha scatenato i primi malumori: c’è chi ha paura che il Padova sia troppo debole per la B, chi pensa che l’allenatore non abbia le idee chiare, chi ancora sostiene che manchino le motivazioni, essendoci molti...

Stefano Viafora

La sconfitta di Brescia ha scatenato i primi malumori: c'è chi ha paura che il Padova sia troppo debole per la B, chi pensa che l'allenatore non abbia le idee chiare, chi ancora sostiene che manchino le motivazioni, essendoci molti prestiti (ben 9, come sottolineato ieri).

Partiamo da una certezza. Come comunicato limpidamente dalla proprietà in estate (e ribadito l'altro ieri da Oughourlian), l'obiettivo è uno solo: mantenere la categoria. Quando si mettono subito in chiaro le cose, si agisce sempre nel modo corretto: non è questa la stagione delle grandi aspettative, non è il momento di sognare la serie A e Cristiano Ronaldo. C'è un tempo per tutto, specie nel calcio, dove spesso per raggiungere risultati e avere stabilità è necessario fare piccoli passi.

Come noto, la priorità di Roberto Bonetto e del socio Joseph Oughourlian riguarda la costruzione del nuovo stadio, per il quale saranno allocate ingenti risorse. Riguardo la parte sportiva, si è scelto di puntare al minimo sindacale: nove prestiti secchi con relative valorizzazioni, di conseguenza pochi giocatori di proprietà e monte ingaggi più basso possibile. L'obiettivo è mantenere la categoria per poi, negli anni a venire, puntare a costruire un patrimonio anche con i giocatori. Il dg Zamuner, praticamente senza budget, ha dovuto puntare quindi su giovani con voglia di emergere (Ravanelli, Clemenza, Capello, Bonazzoli...). Magari è vero che questi giocatori non sentiranno la maglia cucita sulla pelle, considerato che Padova per loro è solo una tappa intermedia della loro carriera, ma non si possono certo mettere in dubbio le loro motivazioni. Il compito di Bisoli è particolarmente gravoso quest'anno: dovrà limare la fisiologica esuberanza giovanile in rosa, mettere davanti a tutto l'interesse della squadra (se tutti vogliono ben figurare da giocatori in prestito, sarà tendenzialmente preponderante la visione del singolo più che del collettivo), dare un'impronta tattica ben precisa e soprattutto tenere tutti sulla corda. La differenza più netta rispetto alla scorsa stagione riguarda gli avversari: abbiamo visto da queste prime partite quanta differenza esiste rispetto allo scorso anno in C (Donnarumma, con tutto il rispetto, non è Ferretti, Brugman vale più di Burrai). Magari Bisoli non sarà Guardiola, ma un po' di credito per aver vinto un campionato e valorizzato giovani di proprietà bisogna pur concederglielo. Abituiamoci a un'annata da "gregari", dove la salvezza varrà tanto quanto la promozione di qualche mese fa.