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L’eterna lotta tra fedelissimi e occasionali. Ecco tutte le categorie del tifoso

Dio ce ne scampi, dagli occasionali e dagli strisciati. Questo è il pensiero comune di chi la squadra del cuore la sostiene sempre e comunque, nella buona e nella cattiva sorte, con il sole o con la grandine, in Interregionale come in serie A....

Stefano Viafora

Dio ce ne scampi, dagli occasionali e dagli strisciati. Questo è il pensiero comune di chi la squadra del cuore la sostiene sempre e comunque, nella buona e nella cattiva sorte, con il sole o con la grandine, in Interregionale come in serie A. Eppure a comporre quello che comunemente chiamiamo "pubblico" ci sono diversi strati e tutti contribuiscono, con caratteristiche certamente diverse, a formare il bacino d'utenza di una determinata squadra di calcio. Lo Studio Grizzaffi – Cercom Consulting, si è spinto oltre descrivendo in modo dettagliato le categorie del tifo, in base ad una ricerca di mercato cominciata nel 2004 su un campione composto fino a diecimila tifosi per ogni stagione, con un campione di 5000 persone per il girone di andata, altrettanti per quello di ritorno, ripartiti secondo i parametri sociodemografici della popolazione italiana dai 14 anni in su. La ricerca di mercato ha constatato che nella maggior parte dei casi una squadra “grande” viene abbinata ad una “provinciale” dagli intervistati. Per questo motivo i supporter sono stati divisi in quattro categorie:

– Duri e puri – Tifano solo per una squadra, sono abbonati allo stadio (o alla TV se lontani), seguono spesso la quadra in trasferta. Hanno sempre in casa simboli della loro squadra. L’appartenenza alla squadra è un dato caratterizzante anche nei rapporti interpersonali di qualsiasi tipo.

Mediamente per oltre il 90% sono uomini, e la loro incidenza nelle diverse fasce d’età è inversamente proporzionale alla fascia d’età stessa (a partire dai ventenni).

Sono presenti tutti i ceti sociali, con una leggera sovra-rappresentazione di quelli inferiori.

Tutti gli Ultrà appartengono a questa categoria, ma, complessivamente, sono comunque solo una minima componente. Il fenomeno ultrà, ovviamente, merita uno studio approfondito a parte.

– Impegnati – Seguono con buona costanza la squadra settimanalmente, soprattutto sui media in generale ed in TV in particolare; se abitano nella città dove ha sede la propria squadra, vanno occasionalmente allo stadio.

Questa categoria raccoglie anche molti ex “duri e puri” che si sono allontanati dalle “curve” (o, quanto meno dall’assiduità allo stadio) o perché “disgustati” dallo stadio stesso (inteso come entità complessiva: struttura, tifosi, controlli, ecc.), o per motivi lavorativi o familiari.

Tra le fasce di età c’è una forte incidenza di quella 30-40 anni. Per quanto riguarda la classe economica l’appartenenza è abbastanza trasversale nell’ambito della classe media, dalla medio-superiore alla medio-inferiore. Spesso vanno allo stadio con i figli. Le donne sono una presenza marginale.

– Morbidi – Seguono più o meno saltuariamente le partite in TV, ma si informano regolarmente sui risultati. La TV la fa comunque da padrona e spesso non vanno allo stadio neanche una volta nell’arco dell’intero campionato.

Spesso abbinano una squadra del territorio ad una “grande”.

Per gli uomini questa categoria attraversa trasversalmente tutte le fasce d’età e tutti i ceti sociali. Le donne sono circa ¼. Tra loro prevalgono i ceti medi, nelle diverse sfumature.

– Occasionali – Seguono solo occasionalmente le partite ed i risultati. Spesso sono persone poco appassionate di calcio che cercano semplicemente una forma alternativa di socializzazione.

Gli occasionali, come si legge su ricerchedimercato.it, si dividono a loro volta in quattro tipologie:

– I distaccati, presso i quali prevalgono atteggiamenti che vanno da “quest’anno siamo proprio forti” all’”io lo sapevo, l’avevo detto, cosa volevi che facessimo con… (questa squadra, questi arbitri, questi concorrenti, questa dirigenza, ecc..)”. In pratica se la squadra va bene sono capaci di entusiasmarsi (a parole) per poi abbandonare la squadra nei momenti di difficoltà. Per quasi 2/3 sono uomini, spesso appartenenti alle classi socio-economiche da inferiore a media. In genere il loro tifo non dura un campionato.

– Gli snob (o “intellettual-snob”), che giudicano non adeguato tifare (per via della visione che hanno del loro “essere” nell’ambito della società), ma sono in alcuni casi molto più informati rispetto a quanto la loro ostentata indifferenza potrebbe far pensare.

Sono una minima parte, in genere appartenenti alla classe media e medio-superiore, per oltre 1/3 donne.

– I territoriali, che si sentono quasi obbligati ad interessarsi alla squadra della propria città quando è in Serie A, per riabbandonarla appena scende di categoria (tranne che nelle eventuali ultime partite che portano alla promozione…). Questa tipologia attraversa tutte le classi sociali. Le donne sono oltre il 50%.

– Infine la componente più piccola, gli ondivaghi, che cambiano squadra (in genere scelgono una grande) a seconda dell’andamento di quello specifico campionato. Sono quasi tutti giovanissimi, con un buon 40% di ragazze.