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Altinier: “Fin qui ho corso tanto e raccolto poco. Neto Pereira? La sua personalità  manca a tutta la squadra”

C’è un solo “ex” tra i biancoscudati, un solo giocatore che, prima di vestire la maglia del Padova, era transitato a Cittadella negli anni che furono. E non è affatto un “ex” da poco: Cristian Altinier, l’unico della rosa di Parlato...

Redazione PadovaSport.TV

C’è un solo “ex” tra i biancoscudati, un solo giocatore che, prima di vestire la maglia del Padova, era transitato a Cittadella negli anni che furono. E non è affatto un “ex” da poco: Cristian Altinier, l’unico della rosa di Parlato che i granata li conosce per esperienza diretta, è stato infatti uno dei protagonisti dei derby del passato. Era la stagione 2005/06, Serie C/1, quasi l’alba dei tempi se si pensa che era la prima stagione della gestione decennale di Claudio Foscarini: arrivato sotto le Mura a gennaio dal Mantova, l’attaccante ci mise appena un mese ad ambientarsi, e all’Euganeo, il 5 febbraio, non fece certo sorridere i tifosi del Padova. «Non posso dimenticarmi di quel giorno», ammette. «Era la mia seconda partita con il Cittadella, segnai una doppietta nel 2-2 finale (da parte biancoscudata reti di Quadrini e Zecchin su rigore, ndr): il primo dopo pochi minuti, il secondo con un tap-in dopo il palo colpito in rovesciata da De Gasperi. Diciamo che sabato proverò a sdebitarmi con i miei nuovi tifosi, ce la metterò tutta. Allo stadio c’era tanta gente, e quel Padova di Pellegrino era davvero una gran bella squadra, facemmo molta fatica nella ripresa». Altinier, sono passati tanti anni da quel derby. Oggi lo sente come allora? «Era ed è una partita particolare: io ora sono dalla parte opposta, tengo dentro di me il ricordo di quella doppietta, ma ho dieci anni di più sulle spalle, una coscienza e un’esperienza diverse. Sento molto questa gara, so ciò che può rappresentare». Che ricordi ha del suo periodo granata? «Sono stato bene, ero giovanissimo e a Cittadella trovai un ambiente sano. Penso sia proprio ideale per fare calcio, la società ha sempre lavorato bene, soprattutto con i giovani, e lo sta facendo anche quest’anno. Quell’anno ero a Mantova in Serie B, non giocavo praticamente mai, quindi decisi di accettare la proposta del direttore Marchetti: arrivai al posto di Sestu, che fece il percorso inverso, e rimasi lì cinque mesi sino a fine campionato». Perché non più a lungo? «Marchetti era intenzionato a tenermi, forse sbagliai, ma decisi di tornare a Mantova. Con il senno di poi non avrei dovuto: in B feci ancora fatica, giocando poco; probabilmente a Cittadella avrei avuto più chance. Alla fine il Mantova in quegli anni aveva in rosa grandissimi giocatori, e mi fece comunque bene allenarmi con loro». Nel 2006 il Cittadella arrivò davanti al Padova di 3 punti. E quest’anno? «Speriamo accada il contrario. Le potenzialità per stare davanti a loro ci sono tutte, ma è sul campo che dobbiamo dimostrarle. E anche se sabato scorso la prova è stata negativa, le prime quattro partite erano state davvero buone». Cosa non ha funzionato contro il Sudtirol? «Ci sono tante motivazioni: tecniche, tattiche e fisiche. Preferiamo prenderla come la classica “giornata- no”, non ci è venuto niente di quanto avevamo preparato e fatto nelle prime 4 gare». Dica la verità, quanto sta sentendo la mancanza di una spalla come Neto Pereira? «Tutta la squadra risente dell’assenza di giocatori importanti come lui. È normale che a livello di personalità e di carisma sia uno di quelli la cui assenza si fa sentire. Ma durante un campionato può capitare, sta a noi trovare la forza per sopperire al suo forfait». Negli ultimi 180’ lei ha avuto una sola palla giocabile, a Salò, poi il nulla. «Ho corso tanto ma raccolto poco. A Salò è venuta fuori una bella partita e, dunque, un ottimo risultato, meritavamo di più, anche se personalmente ho visto solo quella palla che ho cercato di girare di tacco in porta. Al di là della mia prestazione, l’importante è che già da sabato il Padova torni a creare gioco e palle-gol».