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Cunico: “Spero che quest’onda di positività  vada avanti anche in Lega Pro”

«Ancora non mi sono incontrato con nessuno. Prima di salutarci, il mister mi ha detto che ci saremmo trovati per parlare. Se mi vogliono incontrare, probabilmente un motivo c’è…». Così il capitano Marco Cunico al Mattino, sul...

Redazione PadovaSport.TV

«Ancora non mi sono incontrato con nessuno. Prima di salutarci, il mister mi ha detto che ci saremmo trovati per parlare. Se mi vogliono incontrare, probabilmente un motivo c'è...». Così il capitano Marco Cunico al Mattino, sul vicino rinnovo di contratto. «Dopo l'ultimo allenamento, il saluto con i compagni e i sacchi neri sulle spalle, c'era un po' di nostalgia. Devo dire, però, che ci siamo goduti il momento sino in fondo e il fatto che Bergamin e Bonetto ci abbiano detto che, fosse per loro, avrebbero riconfermato tutti, fa capire che grande gruppo sia stato». C'è chi sostiene che, così com'era in quest'ultima stagione, il Padova non avrebbe faticato a salvarsi in Lega Pro. Lei è d'accordo? «Sì, avremmo fatto tranquillamente un campionato di Lega Pro. Credo che la differenza principale tra la nostra squadra e una di terza serie stia negli “under” obbligatori. Perché se si va a vedere il curriculum dei “vecchi”, tutti avevano un percorso tra i professionisti. Adesso la regola cambia, ci sono 8 “under” da inserire in rosa, ma dovranno giocarsi il posto, com’è giusto che sia». È vero che la differenza sostanziale tra le due categorie sta nel ritmo di gioco? «La Lega Pro è forse la categoria in cui si corre di più. D'altronde, quest'anno abbiamo affrontato anche squadre composte da giocatori che non facevano questo lavoro di mestiere. Tra i professionisti sono tutti atleti, e nel calcio moderno la componente principale è proprio l'atletismo». Ripensando al suo passato, ricorda quale fosse la percezione quando affrontava il Padova da avversario? «Sono venuto all'Euganeo in tutte le categorie, dalla C/2 alla B. E sono sempre capitato in periodi tumultuosi della stagione del Padova. Prima di arrivare in biancoscudato avevo la percezione di un ambiente difficile per chi gioca in questa piazza. Spesso, nelle squadre in cui militavo, sin preparava la partita con l’idea di iniziare bene la gara per mettere in difficoltà i nostri avversari e attirare così i “borbottii” dell'Euganeo. Quando sono giunto la scorsa estate, non temevo tanto l'indifferenza del pubblico per la serie D, quanto la rabbia di quei tifosi feriti, che non accettavano di essere sprofondati nei dilettanti e avrebbero potuto riversare la loro ira contro di noi». Ma è bastato poco a farli ricredere... «Mi è servito vedere i 2mila di Asiago. Quella partecipazione di massa ci ha messo a nostro agio e ci ha dato tranquillità. Non era scontata, ma è stata fondamentale, perché poi risultati ed entusiasmo sono andati di pari passo ed è stato questo il segreto della stagione». Ecco perché, a suo parere, questo deve essere anche il punto di partenza per la prossima annata. «Io spero che vada avanti questa onda, che è fatta di unità di intenti tra società, staff, giocatori, tifosi e stampa. Se inizia ad esserci qualche crepa, può arrivare il difficile. Può sembrare utopistico, ovviamente le critiche fanno parte del gioco. Ma provare a fare in modo che ci siano meno malumori possibili può essere la chiave vincente per il nostro futuro»