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Il Mattino: Padova, involuzione pericolosa

Da Il Mattino: […] “Cosa sta succedendo?” abbiamo chiesto alla fine all’allenatore, ricevendo alcune risposte che trovate nelle dichiarazioni qui a lato, e sulle quali si può convenire, ma che non esauriscono comunque tutto. Perché...

Redazione PadovaSport.TV

Da Il Mattino:

[...] “Cosa sta succedendo?” abbiamo chiesto alla fine all’allenatore, ricevendo alcune risposte che trovate nelle dichiarazioni qui a lato, e sulle quali si può convenire, ma che non esauriscono comunque tutto. Perché da fuori un tecnico vede alcune cose, e apporta quelle che ritiene le necessarie correzioni, ma in campo ci sono i giocatori, e spetta a loro dare concretezza alle disposizioni ricevute. Ebbene il Padova, sotto questo profilo, sembra recepire poco, a livello di collettivo, ciò che predica il suo nocchiero. Trasmette all’esterno un’immagine imbarazzante di se stesso, come se si fosse dimenticato quel che di buono aveva messo in atto all’impatto con la categoria. Il discorso, per forza di cose, coinvolge il modulo, o i diversi moduli come si è visto anche nel corso della gara con i lombardi, a cui si ricorre di partita in partita. Prima, con il 4-2-3-1, si richiedeva uno sforzo compatto alla squadra, specialmente agli esterni, sia difensivi che di attacco, sforzo che, fra il ko netto subìto dal Sudtirol e il successivo tonfo nel derby, è venuto meno inopinatamente: meno pressing, meno raddoppi, tendenza a giocare per proprio conto invece di dialogare di più con i compagni. Adesso che Parlato ha voluto cambiare, chiedendo la disponibilità del gruppo a passare al 4-3-3, il cambio di rotta non ha prodotto benefici, con prestazioni sconcertanti di alcuni singoli, compresi i protagonisti della cavalcata trionfale in Serie D. Serve, a nostro avviso, fare al più presto chiarezza: non si può pensare di essere in grado di risolvere da soli le partite, ma occorre maggiore spirito di sacrificio e meno egoismo nelle giocate. Tradotto in concreto: che senso ha partire palla al piede e cercare dribbling su dribbling, per poi tornare indietro perché altrimenti si va a sbattere sul muro difensivo avversario? Si sprecano eccessive energie in un agitarsi frenetico e senza costrutto, e quei giocatori che non hanno il carattere forte o l’esperienza necessaria per “reggere” la pressione ne soffrono inevitabilmente. Bisognerebbe tornare a fare cose semplici, unico vero antidoto contro l’involuzione subìta dalla squadra, ora sì preoccupata di sbagliare. Per riuscirvi al meglio i risultati certamente contano, ma tutti noi sappiamo quanto conti giocare a Padova: non siamo in una piazza qualsiasi, qui la fame di calcio ad alti livelli è tanta, non ci si accontenta di campionati anonimi o di seconda fascia se hai, alle spalle, una società solida e ambiziosa. Allora, per arrivare al sodo, non è il caso di fare drammi o lanciare ultimatum, sebbene il pari di ieri abbia contribuito a mettere in discussione l’idea che ci eravamo fatti all’inizio del torneo di un Padova guastafeste per molti avversari, ma neppure di tergiversare e aspettare che il “momentaccio” passi. Occorre darsi in fretta una regolata, per non correre il pericolo di farsi risucchiare nei bassifondi della classifica. Che sia una sterzata di testa o di schemi sarà il tecnico a stabilirlo, d’intesa con i giocatori, ma è necessario prendere atto che, andando avanti di questo passo, il quadro da roseo che era potrebbe sfumare verso un grigio plumbeo. I tifosi che ci mettono passione, entusiasmo e soldi (soprattutto chi va in trasferta) hanno il diritto di meritare di più