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Il Padova ripristina il ritiro pre-partita, la squadra sabato dormirà  ad Abano

Da Il Mattino: In viale Rocco la tempesta è passata. Per la squadra, invece, la serataccia di Pavia non è ancora stata del tutto metabolizzata. La società ha chiesto una svolta ai giocatori, e il primo passo avverrà già sabato sera: per la...

Redazione PadovaSport.TV

Da Il Mattino:

In viale Rocco la tempesta è passata. Per la squadra, invece, la serataccia di Pavia non è ancora stata del tutto metabolizzata. La società ha chiesto una svolta ai giocatori, e il primo passo avverrà già sabato sera: per la prima volta da quando Carmine Parlato siede sulla panchina biancoscudata, il Padova andrà in ritiro alla vigilia di un impegno casalingo. In vista del match con il Pordenone di domenica (ore 15) all’Euganeo, la proprietà chiede ai giocatori di fare quadrato, e per questo di dormire tutti insieme nello stesso albergo (si deciderà nelle prossime ore se ad Abano o magari all’Hotel Europa, quartier generale già dall’anno scorso), preparandosi così al meglio per non fallire l’appuntamento. Contro l’undici di Marcolini, ancora una volta, non si è stati all’altezza della situazione, scendendo in campo con un atteggiamento ben lontano da quello messo in mostra solo sette giorni prima contro il Mantova. E l’allenatore, verso il quale la fiducia della società non è mai stata in discussione, ora deve trovare il modo per superare definitivamente quello che, a tutti gli effetti, sta diventando un inquietante blocco psicologico. «I valori del Pavia erano molto importanti, ma non posso trascurare il nostro atteggiamento iniziale», ammette Parlato. «La continuità di risultato, prestazione e atteggiamento non c’è stata, e questo non mi è assolutamente piaciuto. Abbiamo giocato contro il migliore attacco del campionato, è vero, sapevamo che sarebbe stato necessario non concedere loro nemmeno un centimetro, evidentemente non ho insistito abbastanza con i giocatori ed è colpa mia. Da adesso in poi non basterà più semplicemente ripetere le cose per tutta la settimana». In occasione delle tre sconfitte e a Meda il Padova non è stato all’altezza in 4 gare delle 9 giocate sin qui. Non sono un po’ troppe? «Questa squadra dev’essere più consapevole della propria forza, e sotto tale punto di vista è un po’ discontinua: tra la partita con il Mantova e quella di Pavia è cambiato un solo elemento, eppure abbiamo visto due prestazioni completamente diverse. A distanza di una sola settimana, si sono spenti atteggiamento, voglia e capacità di gestire le fasi di gioco. Ciò significa che quegli stessi giocatori non sono scesi in campo come volevo io». Adesso sta a voi uscirne, anche la proprietà è stata chiara. «La squadra e la società seguono due strade diverse, ma devono andare avanti nella stessa maniera. I risultati arrivano se entrambe riescono a viaggiare bene, questo è ciò che personalmente ho sempre creduto. Quindi la squadra deve accelerare e cercare di arrivare al livello di una società che si è dimostrata composta di persone serie. Come loro, dobbiamo pensare al bene del Padova, e con il massimo impegno metterci l’anima. Con il rischio di fermarci pure a dormire la notte ai campi della Guizza, se è necessario...». Ci dica, è contento di come si è risolta la querelle tra De Poli e Bonetto? «Preferirei non entrare nella questione, dico solo una cosa: viste le persone coinvolte, non mi sarei mai aspettato un epilogo diverso». Domenica torna il Pordenone, che in Coppa il primo schiaffo ve l’ha già rifilato. È un bene che sia così? «Un po’ già li conosciamo, questo non può che essere positivo. Il Padova, tuttavia, alterna prestazioni positive ad altre meno felici, e le chiacchiere del contorno non fanno altro che creare cattivi pensieri. Sono chiacchiere e basta». Per esempio quelle del patron friulano Lovisa, che per la prima volta ha pubblicamente ammesso che cacciarla fu un errore... «Di Lovisa ce ne sono due: il presidente è passionale, professionale, ma allo stesso tempo molto istintivo e tendente a lasciarsi trasportare dal fratello. Il quale, invece, non si rende conto che nel calcio non c’è solo la sua testa, non è tutto come vede lui. Alla fine lo sapete: posso solo ringraziarlo. In tutti i sensi».