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OLTRE i 90′ | Ci sono giocatori che si amano al di là dei campanilismi

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A spasso tra i ricordi di un giovane tifoso degli anni ’90
Giacomo Stecca
Giacomo Stecca Redattore 

Ci sono giocatori che si amano al di là dei campanilismi e al di là dei colori delle maglie che hanno indossato durante la loro carriera. Uno di questi è senza dubbio Roberto Baggio, il quale pur avendo cambiato molte squadre nei suoi ventidue anni da professionista del pallone non è mai riuscito a farsi voler male dai propri ex tifosi.

L’attaccante di Caldogno è stato il primo calciatore di cui io mi sia mai veramente appassionato, ammirandolo durante i mondiali statunitensi del 1994 e continuando a seguirlo poi nelle sue varie ed entusiasmanti avventure in giro per l’ltalia, negli anni successivi. Essendo il sottoscritto classe ’86, ho avuto modo di vivere la sua parabola calcistica appieno, ed osservare quindi in tempo reale la carriera di uno sportivo che ha rappresentato per me e per tanti altri ragazzi della mia età, il calciatore ideale. Quando un anno fa uscirono le prime indiscrezioni relative a un imminente film a lui dedicato ricordo di aver gioito come facevo da ragazzino dopo averlo visto segnare un goal con la casacca della Nazionale addosso e di aver cercato subito ulteriori informazioni per capire la probabile data di uscita in tv.


L’attesa è aumentata col passare dei mesi ed è scemata soltanto l’altra sera, dopo la visione de “Il Divin Codino”. Se anche voi avete amato Roberto come l’ho amato io, mentre vedrete scorrere sullo schermo le immagini di questo atipico memoir, sono sicuro che non potrete non commuovervi. Matematico. Baggio è stato un uomo con una vita fuori dal normale, piena di soddisfazioni e trionfi ma è rimasto nel cuore dei tifosi soprattutto perché ha mostrato senza paura i propri punti deboli e le proprie fragilità. La gente lo ha visto affrontare diverse avversità che il cammino della vita gli ha posto di fronte e superarle con una forza di volontà che ha dell’incredibile e che è stata di ispirazione per molti fans e non solo.

“Il Divin Codino” ci mostra soprattutto queste difficoltà: i tanti infortuni, le tante cadute e le inaspettate risalite fino ad arrivare a un passo dall’obiettivo finale senza però raggiungerlo, ma non rinnegando il tragitto fatto per arrivare fin lì. Il film non ripercorre pedissequamente tutta la carriera del numero 10, ma affronta più che altro diversi momenti importanti, come l’esordio tra i professionisti a Vicenza, il primo goal su rigore, l’incontro con Arrigo Sacchi il giorno della partita contro il Rimini in cui si procurò il primo gravissimo infortunio e l’avvicinamento alla fede buddista. Molte persone hanno fatto notare sui vari social network come manchino all’appello dei passaggi fondamentali della sua carriera, ma probabilmente, questi non sono stati ritenuti fondamentali dalla regista Letizia Lamartire, che è si concentrata molto sul mondiale americano soffermandosi sul rapporto burrascoso tra Baggio e Sacchi fino ad arrivare a mixare l’immagine di un Roberto bambino che calcia un rigore nell’officina del padre (un Andrea Pennacchi in gran spolvero) con quella del Roberto adulto che calcia alto il rigore nella finale di Pasadena, permettendo al Brasile di vincere il suo quarto mondiale e lasciando l’Italia ferma a quota tre.

Un ulteriore salto nel tempo voluto dalla regista trentenne ci porta poi ad un Roberto Baggio più anziano ma che comunque si trova uno scopo per continuare a sognare e sentirsi vivo. Anche se ha sempre quel rigore fisso nella testa che lo perseguita, all’inizio degli anni 2000, decide di volersi riconquistare la possibilità di giocare un mondiale e, perché no, di vincerlo e e per farlo sceglie una piazza come Brescia dove incontrerà un allenatore eccezionale come Carlo Mazzone(interpretato da un ottimo Martufello). La parte più bella della carriera di questo campione e del film stesso risulta essere proprio la parte conclusiva in cui ha vestito la maglia delle rondinelle e in cui ha donato giocate sublimi, per sè stesso, avendo il sogno del mondiale nippo-coreano da raggiungere, ma soprattutto per l’amore dei tifosi.

Il goal simbolo di tutto ciò che ho appena descritto è quello segnato alla sua ex squadra, la Juventus, su assist di Andrea Pirlo e con uno stop-dribbling che manda fuori tempo il portiere bianconero Edwin van der Sar. Il finale è molto introspettivo e dedicato al Roberto Baggio più interiore, toccante e commovente come può esserlo un piccolo riassunto di quella che è stata la sua vita a caccia di obbiettivi o presunti tali da rincorrere. Quest’ultima parte della pellicola sottolinea la sua grande forza di volontà, la sua voglia di farsi valere senza ricevere regali da nessuno, sempre lottando per avere la possibilità di raggiungere ciò che si era prefissato in partenza. Vi consiglio vivamente di guardare questo film, disponibile sulla piattaforma di Netflix dal 26 maggio. Un’ora e mezza di pura passione che vi farà gioire, riflettere e ricordare i bei tempi andati in cui “Baggio giocava ancora”.

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