Quando nel calcio ambizione e voglia di riscatto incontrano qualità tecnica ed il giusto supporto esterno, l'esito non può che essere uno solo: il successo. Questa la ricetta vincente del Padova 1986-1987 presieduto dal neopresidente Marino Puggina, intenzionato a riportare la squadra in Serie B dopo l'ignominiosa retrocessione a tavolino dell'85 ed un anonimo settimo posto ottenuto nel campionato successivo. Per questo, dopo aver preso ufficialmente in mano le redini della società il 20 giugno dell'86 succedendo a Nicolò Voltan, la sua prima operazione fu quella di mettere sotto contratto un allenatore di categoria superiore come il trevigiano Adriano Buffoni, che aveva appena ottenuto un buon ottavo posto in Serie B alla guida del Cesena e che soli tre anni prima aveva riportato in cadetteria la Triestina. Insieme a lui, arrivarono dalla Romagna due dei pezzi pregiati della compagine bianconera: il trentatreenne attaccante Mauro Gibellini (capocannoniere della squadra con 13 gol stagionali realizzati) e – seppur solamente in prestito – la giovane e promettente ala destra Alessandro Bianchi. Altri nomi portati in biancoscudato dal ds Enzo Corni per puntellare l'undici titolare, quelli di Franco Fabbri dal Prato e Stefano Mariani dal Brescia neopromosso in Serie A. Innesti importanti. Innesti per puntare alla promozione. Tra i partenti, invece, una bandiera come Fulvio Fellet, oltre a Roberto Giansanti, Fabrizio Salvatori, Giancarlo Tacchi, Vincenzo Lamia Caputo, Stefano Marchetti ed i giovani Seno e Montrone. Riconfermati con pieno merito invece i vari Benevelli, Donati, Ruffini, Valigi, Da Re, Coppola, Favaro ed anche il giovane Devis Tonini, che si approprierà di una maglia da titolare nella retroguardia biancoscudata.Inutile nascondersi: il Padova voleva la Serie B. La volevano anche i tifosi, tra cui il primo cittadino Settimo Gottardo il quale, in visita alla squadra ad Asiago a fine luglio, dichiarò di aspettarsi la promozione.Puggina, insomma, pensava in grande, ecco perché non esitò a programmare per il mese di agosto quattro amichevoli precampionato contro altrettante compagini di Serie A quali Roma, Brescia, Como ed Inter. Ed i risultati non furono per nulla disprezzabili, eccettuando solamente il 3-0 patito contro i giallorossi all'esordio assoluto stagionale: vittoria per 1-0 contro le rondinelle, sconfitta con medesimo punteggio contro i lariani e pareggio a reti bianche con i nerazzurri di Trapattoni di fronte ad oltre 17000 spettatori presenti all'Appiani. E le buone sensazioni riguardo alla qualità complessiva dell'organico biancoscudato trovarono poi ulteriore conferma nel corso del girone eliminatorio di Coppa Italia di Serie C, che il Padova superò agevolmente da imbattuto contro Mestre, Pordenone e Venezia, qualificandosi così ai sedicesimi di finale in programma per il gennaio successivo.Le premesse per disputare un campionato di vertice sembravano dunque esserci tutte, non restava che confermarle sul campo.Detto fatto: cinque vittorie nelle prime cinque giornate contro Rimini, Legnano, Rondinella, Spezia e Reggiana, giusto per far capire agli avversari chi comandava. Poi però, dopo aver impattato a reti bianche sul campo del Fano il 26 ottobre, ecco arrivare per gli uomini di Buffoni una flessione di rendimento nel mese di novembre, nonostante gli arrivi di Cupini dal Bari e del giovane Zanin dalla Triestina nel corso del mercato di riparazione: una sola vittoria ottenuta all'Appiani contro la Carrarese a fronte di due pareggi maturati contro SPAL e Virescit Boccaleone e due sconfitte subite a Lucca ed a Piacenza. Un KO che proprio non ci voleva, quest'ultimo, poiché permise ai lupi biancorossi di superare in vetta alla classifica gli stessi biancoscudati, che scivolarono di conseguenza al secondo posto (l'ultimo utile in ottica promozione) in coabitazione con la SPAL. Ma niente paura, giusto sette giorni ed ecco che il Padova si riappropriò del primato superando il Monza all'Appiani grazie ad una rete di Da Re, approfittando così dei contemporanei scivoloni di Piacenza e SPAL rispettivamente a Cento e Reggio Emilia. E da quel giorno i biancoscudati non si fermarono praticamente più fino ad inizio aprile: una sola sconfitta (maturata all'ultima d'andata in casa contro l'Ancona) nelle successive quindici gare di campionato. Per il resto, dieci vittorie e quattro pareggi, per un totale di ben ventiquattro punti. Numeri che parlavano chiaro e che catapultarono il Padova ad un passo dalla Serie B, senza però riuscire a fargli guadagnare il primo posto in solitaria. A fiancheggiare i biancoscudati in cima alla classifica a quota 41 punti a sette giornate dal termine del campionato c'era infatti il Piacenza di Battista Rota, altra squadra allestita per centrare il salto in cadetteria. La questione-promozione sembrava dunque una formalità per le due capoliste, ma a cinque punti di distanza non demordeva la Reggiana terza in classifica, pronta ad approfittare dello scontro fratricida al vertice in programma all'Appiani il 18 aprile. Sì, proprio Padova-Piacenza. Una partita che, in caso di vittoria, avrebbe portato gli uomini di Buffoni ad un passo dalla promozione. Per questo il tecnico biancoscudato scelse di affidarsi ad un ampio turn-over in occasione della gara d'andata della semifinale di Coppa Italia contro il Livorno da giocarsi solamente tre giorni prima del big match. Sì perché intanto, parallelamente ai successi mietuti in campionato, il Padova aveva continuato a stupire anche in Coppa Italia, superando ai sedicesimi il Trento, agli ottavi proprio il Piacenza ed ai quarti il Novara. Tuttavia, anche se la conquista del trofeo era ormai a portata di mano, l'obiettivo numero uno continuava – comprensibilmente – ad essere la promozione. Nessuno si strappò dunque le vesti nel vedere maturare uno scialbo 0-0 nella gara contro gli amaranto, esito certamente non favorevole in vista dell'incontro di ritorno. L'attenzione era infatti già focalizzata sulla sfida contro il Piacenza. Una sfida che, in un Appiani gremito, si mise subito in salita per i biancoscudati, che passarono in svantaggio già dopo cinque giri di lancette in seguito ad una rete di... Roberto Simonetta. Sì, proprio lui. Quello che quattro anni più tardi farà svanire ogni velleità di promozione in Serie A al Padova di Colautti con la maglia della Lucchese. Per fortuna, però, trenta minuti più tardi fu Valigi a ristabilire la parità, facendo rientrare le squadre negli spogliatoi all'intervallo sul punteggio di 1-1. Un risultato che sembrava destinato a perdurare fino al triplice fischio del direttore di gara. Ma all'86' ecco la doccia fredda: decisivo vantaggio biancorosso con Serioli.Il Padova rimase dunque inchiodato a quota 41 e vide la Reggiana portarsi a meno tre dopo aver superato al Mirabello la modesta Carrarese. Tutto era ancora aperto, occorreva una reazione. Ma la reazione non arrivò. Doppio pari per 1-1 nelle successive due giornate contro Monza prima e Trento poi (gare intervallate dal pesante 3-0 di Livorno che costò l'eliminazione in Coppa Italia) e Reggiana che si portò a meno due. Quattro partite, trecentosessanta minuti al termine del campionato. In barba alla scaramanzia, Buffoni ostentava sicurezza: “Il Padova al 99,9 per cento è in Serie B”. Non si poteva più steccare: o si vinceva o si vinceva. Il 17 maggio all'Appiani era attesa la Centese, squadra neopromossa rivelazione del campionato già sicura di un piazzamento di centro classifica. “Caro Buffoni, un bel tacer non fu mai scritto”, pensarono sugli spalti i tifosi biancoscudati al minuto numero 35, dopo aver assistito al vantaggio emiliano firmato Vinci. Si dovettero però parzialmente ricredere sette minuti più tardi, quando l'insospettabile Nando Ruffini (autore di sole 4 reti in ben 235 gare di campionato con la maglia del Padova) riportò il punteggio in parità. Ed infine scoppiarono di gioia nel vedere Valigi realizzare su rigore la rete del 2-1 a sei minuti dal 90'. Una rete pesantissima. Contemporaneamente, infatti, la Reggiana non era riuscita ad andare oltre lo 0-0 contro la Virescit Boccaleone. A tre giornate dal termine dei giochi la situazione di classifica era dunque la seguente: Piacenza in vetta a quota 46, Padova 45 e Reggiana ad inseguire a 42. In caso di vittoria al Martelli di Mantova e contemporanea sconfitta granata a La Spezia il Padova sarebbe approdato dunque in Serie B.La seconda parte del piano andò a buon fine: Spezia-Reggiana 1-0. Ma la prima, sfortunatamente, no: Mantova vittorioso per 2-1 e tutto rimandato alla domenica successiva. Domenica 31 maggio. Sotto uno splendido sole primaverile all'Appiani si presentò il Prato di Corrado Orrico, squadra che non aveva più nulla da chiedere al campionato. Nonostante tutto, la promozione era lì, a portata di mano. Per coglierla bastava soltanto una vittoria. Trombette, sciarpe, bandiere, striscioni, coreografie, fumogeni, era un tripudio di passione biancoscudata quello che accolse le squadre sul terreno di gioco. Risultato? Perentorio 3-0 (autorete di Napolitano e doppietta dagli undici metri di Valigi) ed apoteosi finale.Il Padova tornava in Serie B dopo due stagioni, lavando così l'onta di Taranto. A fine gara giocatori ed allenatore vennero pacificamente assaltati dai tifosi biancoscudati scesi sul terreno di gioco a festeggiare la promozione ed a ringraziarli per il traguardo raggiunto. Una volta negli spogliatoi, poi, fu la battaglia, o meglio, la guerra del gavettone: nessuno venne risparmiato, nemmeno il presidente Puggina il quale, fradicio, sentenziò rivolgendosi ai calciatori: “Basta! Via tutti, il prossimo anno non giocate più per il Padova!”. Dall'Appiani, la festa si trasferì poi per le vie del centro, dove si svolsero cortei e caroselli di automobili che intasarono la circolazione. Spuntò anche un camion che trasportava un'enorme statua di una gallina che venne osannata lungo tutto il festoso tragitto. L'entusiasmo era alle stelle, tanto che furono in molti a parlare già di Serie A. Con un po' di pazienza e qualche altra delusione nel mezzo, sarebbe arrivata pure quella.
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1986-1987: il Padova di Adriano Buffoni torna in Serie B
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