Tutto si può dire eccetto che negli anni '90 i tifosi biancoscudati si siano annoiati. Nel bene e nel male. Ogni anno, in ogni categoria, un obiettivo da raggiungere, mille colpi di scena e finali thrilling per cuori forti. Non sempre a lieto fine. E' questo il caso, ad esempio, della stagione '92-'93, che il Padova disputò in Serie B dopo essersi salvato al fotofinish nel campionato precedente sotto la guida di Mauro Sandreani, subentrato da vice-allenatore al proprio “superiore” Bruno Mazzia a sette giornate dal termine del torneo. In vista della nuova stagione, però, sorse subito un problema non di poco conto: per allenare in cadetteria occorreva possedere il patentino di prima categoria. Ed il giovane – e riconfermatissimo – Sandreani (classe '54) ne era sprovvisto. Occorreva un prestanome. Il profilo giusto venne presto individuato in Gino Stacchini, ex bandiera juventina anni '50 e '60, ricordato dalle parti dell'Appiani per aver siglato la rete dell'1-1 nella sfida contro i bianconeri del 23 febbraio 1958, gara che fece svanire ogni velleità tricolore per i panzer di Nereo Rocco proprio a favore della Vecchia Signora. Superato lo scoglio-allenatore, ci si poté dunque concentrare sull'allestimento della squadra.Obiettivo stagionale: una salvezza tranquilla, senza comunque precludersi traguardi più ambiziosi. D'altra parte, la Serie A era già stata sfiorata al termine della stagione '90-'91. L'imperativo del ds Piero Aggradi fu dunque quello di rinforzare la rosa, senza però stravolgerla. Per questo venne mantenuta invariata la già rodata ossatura formata dagli ormai biancoscudati di lungo corso Rosa, Ottoni, Longhi, Di Livio, Nunziata, Ruffini, Galderisi e Montrone. Porte girevoli invece in difesa, dove salutarono Davide Lucarelli e Francesco Zanoncelli per fare posto a Poldo Cuicchi e Franco Gabrieli, mentre furono pochi i mutamenti dalla cintola in su, con la sola cessione in prestito di Putelli al Messina e l'acquisto dal Palermo di Giacomo Modica per rimpolpare il centrocampo.Sulla carta, la squadra appariva ben attrezzata e ben equilibrata in ogni reparto. Se ci aggiungiamo poi il tocco taumaturgico di mister Sandreani, ecco i biancoscudati assestarsi stabilmente sin dalle prime fasi del campionato nella parte sinistra della classifica: sei punti nelle prime cinque giornate, frutto di due pareggi a reti bianche maturati contro Cosenza e Monza e delle ottime vittorie ottenute all'Appiani su Modena (5-2 il finale, doppietta di Montrone e reti di Gabrieli, Di Livio e Galderisi) e Verona (3-2, doppietta di Galderisi e rete di Montrone). Insomma, sin da subito fu chiaro che sull'impianto di via Carducci si poteva fare sicuro affidamento. Non a caso, infatti, proprio lì, di fronte al pubblico amico, Galderisi e compagni conquistarono ben 15 dei 20 punti con cui il Padova si presentò al giro di boa. 20 punti sinonimo di ottavo posto ex aequo con Verona e Bari, a meno quattro dal Cosenza quarto in classifica, dunque potenzialmente promosso in Serie A. Con la salvezza già ampiamente in tasca, l'obiettivo della seconda metà del campionato sarebbe dunque stato l'assalto alla promozione, senza nulla da perdere. Ma sarebbe stato necessario migliorare il rendimento esterno. Detto fatto: prima gara di ritorno ed inaspettato exploit di misura proprio sul campo del Cosenza (1-0, gol di Di Livio), poi però seguito da un 1-1 interno contro la Cremonese seconda in classifica e da un 2-0 subìto sul campo del Modena. Nulla però era ancora perduto, figurarsi. Anche perché il quarto posto era ancora lì, a portata di mano. “Per raggiungerlo basterebbe mettere in fila qualche risultato positivo”, si mormorava in spogliatoio. E questa volta, tra il dire e il fare non ci fu di mezzo il mare: nelle successive giornate, sei risultati utili consecutivi (quattro vittorie su Monza, Lecce, Bologna e Fidelis Andria e due pareggi contro Verona e Piacenza) da parte dei biancoscudati, per un totale di ben dieci punti. Sfortunatamente, però, altrettanto bene fecero le avversarie, impedendo così agli uomini di Sandreani di portarsi in zona-promozione, seppur a quel punto per due sole lunghezze. Ma di turni da disputare ne rimanevano ancora dieci, il primo dei quali in casa del Pisa, squadra di metà classifica. Una vittoria avrebbe potuto significare aggancio al quarto posto, risultati delle concorrenti permettendo. Invece Galderisi e compagni incapparono in quella che si rivelerà essere l'ultima sconfitta del campionato (1-0, rete di Cristallini). Ebbene sì, avete letto bene: solamente un incidente di percorso l'incontro dell'Arena Garibaldi, poiché nei successivi sette turni il Padova tornò prepotentemente alla carica collezionando quattro vittorie (su Ternana, Venezia, SPAL e Taranto) e tre pareggi (contro Cesena, Bari e Reggiana), portandosi così, a sole due giornate dal termine dei giochi, al tanto agognato quarto posto per la prima volta in stagione a quota 44 punti, a pari merito con Lecce e Ascoli. La Serie A era vicina. Molto. Rimaneva solo (si fa per dire) da ottenere bottino pieno sul campo della Lucchese prima, ed in casa contro l'Ascoli poi, per il più classico degli scontri diretti.I tifosi biancoscudati già tremavano al pensiero di tornare al Porta Elisa per una gara di fine stagione, ben ricordando ciò che era accaduto solamente due anni prima. Anche la situazione di classifica era più o meno la medesima, con il Padova in lotta per la Serie A e la Lucchese già certa della salvezza. Per fortuna, però, Simonetta, il giustiziere del '91, non indossava più quella maglia. Come mai? Semplice, nel corso del mercato di riparazione dell'ottobre precedente era passato nientemeno che... al Padova. Incredibili gli intrecci del calcio: chi fu a sbloccare il punteggio in favore degli uomini di Sandreani quel 6 giugno 1993? Proprio Simonetta, alla sua sesta marcatura biancoscudata, al minuto numero trentatré. Purtroppo però, nel frattempo, erano passate in vantaggio anche Lecce ed Ascoli, rispettivamente impegnate contro Bologna e Cesena. Ma l'importante per il Padova era in ogni caso conservare il vantaggio. Un vantaggio che perdurò fino agli ultimi minuti di gioco. Ormai era fatta. Invece no. Nessuno aveva ancora fatto i conti con Roberto Paci, l'altro marcatore toscano del 91', che proprio allo scoccare del 90' mise a segno su calcio di rigore la rete del definitivo 1-1, tra l'altro in contemporanea con la marcatura di Alessandro Morello che regalò la vittoria al Lecce sul campo del Bologna per 3-2. La beffa era servita. A novanta minuti dal termine del campionato, la situazione nei piani alti della graduatoria vedeva quindi la Reggiana e la Cremonese già certe della Serie A rispettivamente a quota 53 e 49 punti, seguite dal terzetto formato da Piacenza, Lecce ed Ascoli a 46 ed il Padova a rincorrere in sesta posizione a quota 45. Per centrare la promozione in massima serie o quantomeno approdare agli spareggi la strada era dunque una sola: avere la meglio sull'Ascoli e sperare in una mancata vittoria di Lecce o Piacenza rispettivamente impegnate in casa contro la Lucchese e sul campo del Cosenza, altra squadra senza più nulla da chiedere al campionato. La situazione non era dunque delle migliori per il Padova, ma c'era un dettaglio che lasciava ben sperare i tifosi in ottica promozione: il giorno designato per la disputa dell'ultima, cruciale giornata, non era un giorno qualunque. Era il 13 giugno, Sant'Antonio. Ad accogliere sul terreno di gioco Padova ed Ascoli, un Appiani sold out (314 milioni di lire l'incasso) ed un tripudio di bandiere e vessilli biancoscudati. Purtroppo però, tra le fila dei bianconeri c'era un giocatore non facile da intimidire: ci riferiamo il teutonico Oliver Bierhoff, che già al 2' sbloccò le marcature con una pregevolissima conclusione al volo dal limite dell'area, replicando poi in bello stile, esattamente mezz'ora più tardi, quando trafisse Bonaiuti dopo aver eluso con eleganza una disperata scivolata di Franceschetti. Il tutto mentre il Lecce era avanti 1-0 al Via del Mare sulla Lucchese (sempre più vituperata dai tifosi biancoscudati) ed il Piacenza impattava ancora per 0-0 contro il Cosenza.L'Appiani cadde nello sconforto. Occorreva una scossa. E qui, evidentemente, intervenne il Santo: giusto il tempo di rimettere il pallone al centro del campo ed il Padova guadagnò con Di Livio un calcio di punizione dai venti metri. Ad incaricarsi della battuta fu Simonetta. Palla calciata violentemente, traiettoria ad effetto. Lo stadio trattenne il fiato, poi gioì: 2-1. Ed il vento girò: di lì in poi, fu il Padova a spingere sempre più sull'acceleratore alla ricerca del gol del pareggio, ma l'Ascoli era un osso duro, cercò di reggere con tutte le forze per rimanere in zona-promozione. Poi però, a dieci minuti dal termine, ecco la fiammata che cambiò volto alla partita: insistita azione biancoscudata nei pressi dell'area di rigore ascolana, tocco largo di Galderisi in direzione dell'accorrente Gabrieli e diagonale perfetto con palla in buca d'angolo. Era il 2-2. Un risultato che però non sarebbe servito a nessuno, poiché nel frattempo il Lecce stava ancora conducendo sulla Lucchese per 2-1, al pari del Piacenza, in vantaggio 1-0 sul Cosenza grazie ad una rete realizzata nei primi minuti del secondo tempo da Fulvio Simonini, vecchia conoscenza biancoscudata. Gli schemi saltarono totalmente, l'Ascoli si riversò in avanti rendendosi pericoloso con una violenta capocciata di Bierhoff, ma “Batman” Bonaiuti volò sulla traversa e spedì provvidenzialmente in corner. Poi, all'89', la rimonta biancoscudata si concretizzò grazie a Montrone, che in tuffo aereo insaccò da pochi passi la rete del 3-2 sugli sviluppi di un calcio d'angolo. L'Appiani esplose di gioia, rimanendo però allo stesso tempo con le orecchie incollate alle radioline in attesa di buone notizie da Lecce o da Cosenza. Ma l'attesa sarà vana. In Serie A ci andarono Lecce e Piacenza.Dura farsene una ragione, per la seconda volta nel giro di tre stagioni il Padova vedeva sfumare la promozione all'ultima giornata. L'emblema della sconforto biancoscudato era il volto di Angelo Di Livio, che ai microfoni RAI nel postpartita dichiarò con gli occhi lucidi: “Quella di oggi è una delusione ancora più grande di quella di due anni fa. Ci dispiace veramente, abbiamo fatto tutto il possibile per raggiungere questa benedetta Serie A, ma ancora una volta non ce l'abbiamo fatta. Mandiamo giù questo boccone veramente amaro, non ho nemmeno la forza di parlare perché mi viene da piangere”. Uomo vero, il soldatino, che l'estate seguente raggiungerà con pieno merito il calcio dei grandi accasandosi alla Juventus al pari di un altro elemento di quel Padova '92-'93: il diciottenne Alex Del Piero (10 presenze ed una rete per lui in stagione). Ma niente paura: l'anno successivo arriverà il momento del grande salto anche per la truppa biancoscudata. Finalmente.
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1992-1993: quella Serie A che sfugge sempre al fotofinish…
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