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1998-1999: quella fatale sostituzione che fece precipitare il Padova in Serie C2…

1998-1999: quella fatale sostituzione che fece precipitare il Padova in Serie C2… - immagine 1
Flash dal passato: momenti di storia biancoscudata nella nostra rubrica del lunedì
Alessandro Vinci

Buia, caotica, desolante, masochistica. Sono molti i modi con cui si potrebbe definire l'avventura del Calcio Padova nel campionato di Serie C1 1998-1999. Un campionato che avrebbe dovuto segnare – almeno stando alle parole del presidente Cesarino Viganò – l'immediato ritorno del Padova in Serie B dopo la retrocessione maturata in cadetteria nella stagione precedente. Una realtà amara, la C1, tanto più se si considera che di fronte agli occhi dei tifosi biancoscudati scorrevano ancora nitide le immagini di un paradiso chiamato Serie A, abbandonato soli due anni prima. Di lì in poi il declino, le contestazioni a Viganò, gli spalti dell'Euganeo sempre più deserti. Last call, ultima chance dunque per il patron brianzolo (rimasto per giunta orfano dei suoi soci, Corrubolo e Fioretti) la stagione '98-'99 per tentare di ricucire con la piazza un rapporto sempre più deteriorato.Nonostante la retrocessione, alla guida della squadra venne riconfermato Mario Colautti: esperienza, conoscenza dell'ambiente ed una promozione in Serie B ottenuta appena due stagioni prima alla guida dell'Ancona. Il ds Piero Aggradi (tornato in società nel novembre '97 in sostituzione del dimissionario Altobelli) invece, oltre a mantenere l'ossatura della B formata dai vari Castellazzi, Cristante, Pergolizzi, Ferrigno, Pellizzaro, Suppa, Mazzeo e Saurini, riuscì a puntellarla con innesti di giovani promettenti quali Serao, Campana, Barone e Buscè, che si appropriarono fin da subito di una maglia da titolare. Sulla carta, insomma, il Padova sembrava una compagine competitiva. Ma si sa, nel calcio la carta conta poco. Per assistere alla prima vittoria in campionato, infatti, si dovette attendere fino all'ottavo turno, quando all'Euganeo Fiorio (arrivato ad ottobre dal Treviso), Buscè e Barone stesero il Siena per 3-0. Ma quel giorno in panchina non sedeva Colautti, già esonerato dopo la quarta giornata dato il magro ruolino di tre pareggi ed una sconfitta. Al suo posto a bordo campo c'era infatti Claudio Ottoni, ex capitano di fine anni '80 ed inizio '90, promosso dalle giovanili ad allenatore della prima squadra. Deludente anche l'esordio del nuovo tecnico, subito KO sul campo dell'Alzano Virescit. Poi, due pareggi per 1-1 contro Cittadella (primo derby della storia con i granata) e SPAL ed infine, finalmente, la vittoria contro il Siena. Una salutare boccata d'ossigeno per la complicata classifica biancoscudata. Ma non fu vera gloria, anzi, il successo mietuto contro i toscani si rivelò già dalla settimana seguente niente più che un fuoco di paglia. I successivi due turni coincisero infatti con altrettante sconfitte patite contro Modena e Como, seguite poi da un pareggio per 1-1 nel delicato scontro-salvezza di Varese. Eh sì, ormai sarebbe stato questo l'obiettivo stagionale, dati i risultati di inizio campionato. Nonostante gli ultimi acquisti operati in sede di mercato da Aggradi (D'Aloisio, il già citato Fiorio ed il cavallo di ritorno Franco Gabrieli), infatti, dopo le prime undici giornate il Padova occupava solamente il terzultimo posto, in piena zona playout. Occorreva una scossa. Per questo, il sempre più vituperato Viganò si mise alla ricerca di un nuovo tecnico. Poco importa dunque che Ottoni fosse riuscito ad ottenere il secondo successo stagionale la settimana successiva contro il Lumezzane. Ad inizio dicembre, infatti, ecco tornare all'ombra del Santo un nome molto apprezzato dalla tifoseria quale Adriano Fedele, l'allenatore dell'insperata salvezza in Serie B nel '97. Risultati altalenanti per il Padova nelle ultime gare del girone d'andata sotto la terza guida tecnica stagionale: sconfitte esterne contro Livorno, Carrarese e Lecco intervallate da preziosi successi interni su Arezzo e Carpi. Al giro di boa la situazione nei piani bassi della graduatoria era dunque la seguente: Carpi lanterne rouge ormai già condannato alla retrocessione diretta con soli 6 punti in cascina, mentre zona playout composta da Siena a quota 12, Carrarese a 17 e da Padova e Lecco a 18, ad una sola lunghezza dal Lumezzane tredicesimo in classifica (dunque potenzialmente salvo) e – curiosità – staccate di appena sei punti dalla zona playoff, essendo la classifica estremamente corta. Insomma, nulla era ancora perduto in ottica salvezza, ma occorreva cambiare registro il prima possibile per evitare di passare sotto le forche caudine dei playout a fine stagione. Ma la svolta sembrò non voler proprio arrivare: fu solo 1-1 all'Euganeo contro la Pistoiese nella prima gara del girone di ritorno. Di fronte allo spettro di una nuova retrocessione, Viganò optò quindi per un altro cambio in seno alla società congedando Aggradi ed assumendo come nuovo ds Gianni Di Marzio, già allenatore del Padova in Serie B nella stagione '84-'85. A sole due settimane dal termine del calciomercato e dopo aver letteralmente ricevuto carta bianca da Viganò, il napoletano non rimase certo con le mani in mano, portando in biancoscudato il gioiellino scuola Milan Roberto De Zerbi e l'estroso attaccante veneziano Stefano Polesel, cedendo invece a sorpresa due elementi considerati inamovibili nell'undici titolare di Fedele quali Castellazzi e Spagnolli. Furono operazioni azzeccate? La parola al campo: nelle ultime tre gare di gennaio, prime due vittorie esterne del campionato ottenute a Brescello ed a Saronno rispettivamente per 2-0 e 3-0 e pari interno contro il Montevarchi con conseguente uscita dalla zona playout per la prima volta in stagione. I tifosi tirarono un sospiro di sollievo, il peggio sembrava ormai alle spalle. Ed a corroborare questa sensazione ci pensarono i due successivi pareggi ottenuti contro l'Alzano capolista (gara giocata in diretta RAI in un inedito lunedì sera) e sul difficile campo del Cittadella. Poi però, l'interruttore si spense di nuovo. Un solo punto ottenuto nelle successive quattro giornate contro SPAL, Siena, Modena e Como e mesto ritorno in zona playout. Fortunatamente però, almeno il calendario sembrò sorridere agli uomini di Fedele: sabato 3 aprile, alla vigilia di Pasqua, nell'ambito del ventiduesimo turno era infatti in programma all'Euganeo lo scontro salvezza contro il modesto Varese, appaiato in classifica ai biancoscudati a quota 29. Una gara da sei punti. Una gara da vincere a tutti i costi. Come da pronostico, fu il Padova a passare in vantaggio nel corso del primo tempo con Barone, raddoppiando poi nella ripresa con Saurini. Davvero poca cosa il Varese, gara ormai in cassaforte. E qui accadde l'impensabile. L'episodio che ha fatto passare alla storia – purtroppo in negativo – la stagione 1998-1999: la famigerata sostituzione di Simone Barone. Ebbene sì. Pur conoscendo la norma secondo la quale per regolamento in ogni squadra di Serie C1 doveva essere presente sul terreno di gioco almeno un giocatore under 21 (dunque nato al massimo nel 1978), mister Adriano Fedele (ottimamente coadiuvato dal proprio staff) cosa fece? Puntualmente, a tre minuti dal 90', sostituì l'unico '78 in campo tra le fila biancoscudate con un elemento più anziano come Luca Landonio. Il verdetto della Federazione fu insindacabile: 2-0 “capovolto” a tavolino in favore del Varese e Padova dunque sempre più invischiato nei bassifondi della classifica. Sulla vicenda di quella maledetta sostituzione è tornato nel 2009 l'allora ds Di Marzio: “Non mi è ancora chiaro che cosa spinse Fedele a compiere quella sostituzione, – raccontò per il libro “Biancoscudo” – pur conoscendo perfettamente il regolamento vigente. Ancora mi chiedo se dietro a quell'azione da parte di Fedele ci fosse magari qualche ripicca o qualche divergenza di vedute con altri dirigenti. In quel campionato di C1 ho assistito a situazioni davvero strane”. Ad ogni modo, nonostante l'accaduto, Fedele venne riconfermato alla guida della squadra: “Ne abbiamo già cambiati due, sarebbe assurdo continuare con questa politica quando mancano appena sei giornate alla fine del campionato”, dichiarò Viganò qualche giorno dopo il fattaccio. “Più volte Fedele mi ha telefonato per manifestare il suo rammarico e chiedere scusa. Si è trattato di un errore gravissimo, ma che comunque va archiviato in fretta perché bisogna pensare alle prossime partite”. L'assurda sconfitta dell'Euganeo fu un duro colpo per l'ambiente, ed in molti si rassegnarono all'idea di dover affrontare i playout. Una realtà sempre più vicina di domenica in domenica per i biancoscudati, capaci di racimolare solo due punti nel corso dei successivi tre turni. A tre giornate dal termine dei giochi, il destino degli uomini di Fedele pareva ormai segnato. D'altra parte, la classifica parlava chiaro: Padova terzultimo ex aequo con il Saronno a quota 31, staccato di ben cinque lunghezze dal potenzialmente salvo... Varese. Ma chi è causa del suo mal pianga se stesso, recita il proverbio. Inaspettatamente però, così come si era spento a fine febbraio, l'interruttore dei risultati si riaccese all'improvviso: successo interno su una Carrarese già certa di un piazzamento di metà classifica (1-0 il finale, rete di Saurini su calcio di rigore) ed agevole exploit esterno per 3-0 contro il già matematicamente retrocesso Carpi. Ad una giornata dal termine, il Padova si ritrovò quindi incredibilmente ancora in corsa per la salvezza diretta, appaiato a quota 37 punti al Varese. L'obiettivo degli ultimi novanta minuti dal campionato era dunque presto detto: ottenere almeno un punto in più dei lombardi. Eventualità non certo utopistica: il Padova infatti avrebbe dovuto ospitare all'Euganeo il Lecco, già certo del penultimo posto, mentre il Varese una SPAL in pieno sprint-playoff. Come andò a finire? I biancoscudati fecero il proprio dovere: 2-0 in scioltezza sui blucelesti. Purtroppo però, ottenne i tre punti anche il Varese, che vinse di misura per 1-0 sulla SPAL grazie ad una rete di Severino ed ebbe la fortuna di vedere lo spallino Cancellato fallire il rigore dell'1-1 nel cuore del secondo tempo.Il verdetto finale aveva l'amaro sapore della beffa: Padova ai playout solamente in virtù della peggiore classifica avulsa nei confronti del Varese e del Livorno (altra squadra che chiuse a quota 40), già salvo con una giornata d'anticipo. Tutta colpa di quella maledetta sostituzione, pensarono a ragion veduta i tifosi biancoscudati. Inutile però piangere sul latte versato, anzi, occorreva guardare il bicchiere mezzo pieno: in quanto squadra miglior classificata nella griglia dei playout, il Padova avrebbe dovuto giocarsi la salvezza proprio contro l'appena sconfitto Lecco, che aveva chiuso il campionato in penultima posizione, a ben tredici lunghezze di distanza dai biancoscudati. Gara d'andata in programma in riva al Lago di Como il 30 maggio: trascinati da oltre 1000 tifosi al seguito, gli uomini di Fedele riuscirono a strappare un buon pareggio per 1-1 (rete di Barone), che fece ben sperare in vista del ritorno. Per ottenere la salvezza, infatti, sarebbero stati sufficienti due risultati su tre. Ma all'Euganeo, quel 6 giugno 1999, fu tragedia calcistica. Lecco vincitore di misura per 1-0 grazie ad una rete siglata agli sgoccioli della prima frazione da Bertolini. Infruttuosi si rivelarono gli assalti biancoscudati alla porta avversaria nella ripresa. Al termine di una stagione assurda ed a tratti farsesca il Padova retrocesse quindi in Serie C2 dopo diciotto anni, uno scenario impensabile ad inizio campionato. D'altra parte, l'avevamo detto che la carta contava poco...