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Come nasce una leggenda: gli anni padovani di Alex Del Piero

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Flash dal passato: momenti di storia biancoscudata nella nostra rubrica del lunedì
Alessandro Vinci

Era un giorno come tanti in Veneto. Facile immaginare il cielo coperto da quei soliti, tristi, grigi nuvoloni autunnali che si estendono a perdita d'occhio, facile immaginare Vittorio Scantamburlo che, dopo una vita da bidello (ops, operatore scolastico) ed allenatore di settori giovanili, ma con un passato da calciatore, gira il Veneto a bordo della sua 126 per setacciare, uno dopo l'altro, i campetti di periferia per conto del Calcio Padova nella speranza di provare quella scossa, quel colpo di fulmine che ti fa dire “il ragazzo ci sa fare”, nella speranza insomma, di trovare talenti. Quel giorno il colpo di fulmine ci fu eccome, in quel di San Vendemiano, dove i “Giovanissimi” della squadra locale affrontavano i pari età dell'Orsago, e qui inizia il racconto di Vittorio Scantamburlo, che sostiene che quel giorno fosse sabato 10 novembre 1987, mentre in realtà quella data cadeva di martedì. "Era sabato 10 novembre 1987, si giocava San Vendemiano-Orsago. Mi avevano parlato di un'ala sinistra fortissima, ma che nessuno prendeva perché costava troppo. Faccio per salire gli scalini della tribuna, quando mi volto: il portiere aveva rimesso il pallone con un lancio di 50 metri. Vedo questo ragazzino staccarsi dall'avversario e controllare il pallone al volo come se avesse avuto la calamita al piede... I ragazzi di talento non sono continui, hanno qualcosa di straordinario ma che tirano fuori solo ogni tanto, e tu devi essere bravo a coglierlo. Quella volta fu facile capire che era speciale". Poi prosegue: "Convinsi il Padova ad accettare le richieste della società (il San Vendemiano n.d.r), 30 milioni di lire.” Scantamburlo conserva ancora oggi il taccuino (anche se in realtà era un'agenda) che aveva utilizzato quel giorno: accanto al suo nome appuntò tre asterischi, il massimo dei voti. Come si chiamava quel ragazzino? Si chiamava Alessandro Del Piero.Alex nasce a Conegliano, in provincia di Treviso, il 9 novembre del 1974, e trascorre l'infanzia a Saccon, frazione di San Vendemiano, dove vive con i genitori: mamma Bruna, casalinga, e papà Gino, elettricista. Fin dai primissimi anni si appassiona al gioco del calcio, tifa Juventus, il suo idolo è Platini. Ha sempre un pallone fra i piedi, con cui prova le punizioni in soggiorno utilizzando le gambe di una sedia a mo' di porta con tanto di telecronaca integrata, oppure, in alternativa, si diverte ad accendere e spegnere l'interruttore della luce del garage utilizzando una pallina da tennis. E che felicità quando papà Gino allestì un impianto luminoso in giardino per lui e per Stefano, suo fratello maggiore, anch'egli con la passione del pallone (giocherà nelle giovanili della Sampdoria). Ma prima di iniziare ad esibire il suo talento al San Vendemiano, il suo palcoscenico era il campetto della parrocchia di Saccon. La premurosa mamma Bruna, però, non gradiva che il figlio giocasse in attacco preferendo di gran lunga il ruolo del portiere per il piccolo Alex che, sudando, avrebbe rischiato di ammalarsi. A tredici anni appena compiuti ecco dunque l'arrivo di Scantamburlo e la corte del Padova all'enfant prodige, su cui avevano messo gli occhi anche altre società, come ad esempio, pochi mesi prima, il Torino. Ci vollero tre incontri per convincere la famiglia a lasciar partire il giovane Alessandro, a patto però che concludesse la terza media. 77 chilometri dividono Padova da San Vendemiano, “77 chilometri che sono stati l'esatta distanza tra il bambino che non ero più e l'uomo che stavo diventando” scrive lo stesso Del Piero in “Biancoscudo”.Giunto all'ombra del Santo nell'estate dell'88, il nuovo acquisto del Padova alloggia nella foresteria biancoscudata in Via Carducci, a due passi dall'Appiani, e frequenta il “Leonardo da Vinci”, dove conseguirà il diploma da ragioniere. La struttura fisica è esile, ma la tecnica sopraffina. Se ne accorgono già da subito i suoi compagni della categoria “Giovanissimi” allenati da Gianfranco Bozzao, bandiera della SPAL anni '60, che nella stagione '62-'63 aveva militato – guarda caso – tra le fila della Juventus. Sulle spalle di Del Piero c'è il numero 7, il 10 era di proprietà di Ivone De Franceschi, che diventa presto il suo più caro amico. La nostalgia di casa si fa sentire per il giovane Alex, è dura separarsi dalla famiglia a soli tredici anni, ma ciò non frena il suo talento: “Segnava a ripetizione, arrivò anche a siglare 45-50 gol in una stagione”, dice Loris Fincato, all'epoca responsabile del settore giovanile biancoscudato.Dopo essere passato alla categoria “Allievi” ed aver “traslocato” nella foresteria del Petrarca alla Guizza (dove il suo tutor fu un certo Carlo Sabatini), nella stagione 1989-1990 viene poi allenato da Alberto Cavasin (che aveva appena concluso la sua carriera da calciatore in maglia biancoscudata) e la stagione successiva dal giovane Maurizio Viscidi. Proprio alla stagione '90-'91, risale un articolo del “Gazzettino” a firma di Fernando Zanetto che parla del promettente Del Piero. Eccone alcuni stralci: “Del Piero, punta degli allievi nazionali allenati da Viscidi, con le 29 reti fin'ora messe a segno in 22 incontri disputati (4 le ha fatte domenica scorsa contro il Venezia), si sta segnalando come uno dei migliori interpreti a livello nazionale, in questo ruolo. E' un ragazzo pieno di vitalità e gioia di vivere, sempre pronto allo scherzo con i compagni, con i quali forma un affiatato gruppo, confessa una particolare simpatia per il suo compagno di reparto Ivone De Franceschi, suo inseparabile amico, sin dall'arrivo a Padova. Tecnicamente molto bravo, tatticamente è capace di vedere e scegliere la soluzione migliore in ogni situazione di gioco. E' stato chiamato a far parte della nazionale under 16, facendo l'esordio ufficiale a Pola. Molti club di Serie A lo stanno già seguendo con particolari attenzioni”. Ma è l'anno successivo quello del primo salto di qualità: nella stagione 1991-1992 infatti, il diciassettenne Del Piero esordisce in prima squadra al 65' di Messina-Padova, il 15 marzo del 1992, subentrando a Roberto Putelli, concludendo poi la stagione con 4 presenze all'attivo, l'ultima delle quali addirittura da titolare, il 31 maggio, nella delicata trasferta di Modena (1-1 il finale, per la cronaca). Inoltre, milita nella primavera biancoscudata, dove è la punta di diamante di una squadra niente male, che comprende anche Gianluca Zattarin, Cristiano Petiziol, il compianto Alessandro Cartini e l'immancabile De Franceschi. In un'intervista rilasciata al “Mattino” nel dicembre del 2012 Zattarin, capitano di quella squadra ed attuale tecnico dell'Este, lo ricorda così: “Ve l’assicuro, a 16-17 anni , allenamento o partita che fosse, faceva numeri fuori da ogni logica, cose inspiegabili. Un fuoriclasse. Ricordo che c’era un difensore dell’Inter, Mirko Conte, che non riusciva a stargli dietro e lo falciava ad ogni giocata. Del Piero, però, non si lamentava mai. Era molto silenzioso, forse soffriva il distacco da casa, ma in spogliatoio si faceva rispettare”.I riflettori di numerose squadre di Serie A sono ormai puntati sul fantasista della primavera del Padova, ma Alex continua a rimaner concentrato sul presente e, nella stagione 1992-1993, la sua ultima in biancoscudato, è artefice della sua prima consacrazione. Ormai, infatti, mister Sandreani lo considera uno dei suoi, e lo aggrega stabilmente alla prima squadra, dove può accumulare preziosa esperienza all'ombra di giocatori del calibro di Nanu Galderisi e Angelo Montrone. E i risultati si vedono.22 novembre 1992, dodicesima di campionato. All'Appiani è ospite la neopromossa Ternana, ancora a secco di vittorie. Sembra una formalità per il Padova, lo sarà. I biancoscudati infatti dominano la gara e al 71', sul punteggio di 2 a 0, Sandreani decide di mandare in campo Del Piero al posto di Roberto Simonetta. Tempo di assistere al 3-0, opera di Nanu Galderisi su punizione, ed ecco, pochi minuti più tardi, il battesimo del gol per il neo-diciottenne Alex Del Piero che, servito in profondità da un preciso filtrante del solito Galderisi, si inserisce tra le maglie della difesa avversaria, controlla il pallone all'altezza del vertice destro dell'area di rigore e scarica di destro un preciso diagonale sul secondo palo alle spalle del portiere, proprio sotto la curva nord, quella occupata dagli ultras biancoscudati. A fine stagione saranno 10 le sue presenze totali in prima squadra, impreziosite dalla conquista con la “Primavera” del quarto posto al Torneo di Viareggio '93, vinto dalla corazzata Atalanta allenata da Cesare Prandelli, che poteva contare tra le sue fila, tra gli altri, Alessio Tacchinardi e Domenico Morfeo.Per Del Piero è ormai tempo di spiccare il volo, gli occhi di mezza Serie A sono puntati su di lui, con Fiorentina, Juventus e Milan in pole position. Ma anche l'Inter lo aveva spesso seguito da vicino. Il gotha del calcio italiano, insomma. La Vecchia Signora ha però un vantaggio: il cuore di Alessandro è bianconero. Sin dall'infanzia. Nell'estate del 1993 dunque, il suo sogno si realizza: Del Piero alla Juventus, 5 miliardi di lire più metà del cartellino di Batman Bonaiuti al Padova. Alex lascia dunque la città del Santo per andare a scrivere la storia a Torino. Una storia che continua ancora oggi, alla veneranda età di 39 anni, dall'altra parte del mondo, con la maglia del Sydney, ma il suo legame con la nostra città è ancora forte, lo testimonia l'amichevole organizzata tra i biancoscudati e gli sky blues il 7 agosto dell'anno scorso all'Euganeo per volontà dello stesso Pinturicchio. D'altra parte, ipse scripsit (sempre in “Biancoscudo”): “rimarrò sempre legato a Padova e al Padova, punto d'arrivo di una strada lunga 77 chilometri, che mi ha cambiato la vita”.