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Coppa Rappan 1963, quando il Padova sfiorò il trionfo internazionale

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Flash dal passato: momenti di storia biancoscudata nella nostra rubrica del lunedì
Alessandro Vinci

Siamo nel 1963. L'era-Rocco è ormai terminata da due anni ed il Padova ha concluso il proprio primo campionato dopo il ritorno in Serie B con un anonimo ottavo posto. Stagione da buttare? Nossignore. Il motivo è presto detto: il grande cammino biancoscudato nella Coppa Piano Karl Rappan (progenitrice della più moderna Coppa Intertoto), nata nel 1961 per iniziativa dello stesso celebre allenatore viennese ideatore del verrou e dell'alto dirigente FIFA Ernst Thommen (interessato a mantenere vivo il mercato delle scommesse anche nel periodo estivo in quanto a capo della Swiss Sports Toto Society) con l'obiettivo di dare vita ad una “cup for cupless”, ossia una competizione internazionale alla quale potessero partecipare squadre non qualificatesi né alla Coppa dei Campioni né alla Coppa Uefa, all'epoca ancora denominata “Coppa delle Fiere”.

La fase iniziale dell'edizione '62-'63 – che prevedeva una fase a gironi seguita da eliminatorie andata-ritorno e finale in gara unica – prese il via nella primavera del 1962 (dopo la fine del campionato di Serie A che vide i biancoscudati retrocedere in Serie B) ed il Padova venne inserito nel girone eliminatorio A3 in compagnia dei cecoslovacchi dello Spartak Plzen (attuale Viktoria Plzen), gli svizzeri dello Chaux-de-Fonds e gli ungheresi del Banyasz Dorog, allenati da Jeno Buzanszky, ex difensore dell'aranycsapat, la splendida nazionale Ungherese degli anni '50. L'avventura iniziò come meglio non avrebbe potuto per gli uomini del neoallenatore Luigi Del Grosso con 4 punti nelle prime due gare: manita all'Appiani contro lo Spartak Plzen (con doppietta di Dante Crippa, che un mese più tardi emigrerà a Torino per vestire la casacca della Juventus) e 3-2 esterno sul campo dello Chaux-de-Fonds. Alla terza gara, però, ecco arrivare il primo KO, con il Banyasz Dorog che si impose di fronte al proprio pubblico per 3-1 su Kolbl e compagni. Ma niente paura, la “vendetta” era dietro l'angolo. Sette giorni più tardi, infatti, sgarbo ricambiato all'Appiani per 1-0 (rete di Del Vecchio, il primo giocatore brasiliano della storia del Padova) e passaggio del turno ormai a portata di mano, formalizzato poi con un nuovo successo interno contro lo Chaux-de-Fonds per 4-2 e con l'1-1 maturato in Cecoslovacchia nella gara conclusiva contro lo Spartak Plzen. Al termine delle ostilità, la classifica del girone A3 recitava dunque come segue: Padova 9 punti, Banyasz Dorog 6, Chaux-de-Fonds 5, Spartak Plzen 4. Avversario dei biancoscudati nei quarti di finale in programma per il 29 agosto successivo, venne sorteggiato l'OFK Belgrado, capace di vincere il raggruppamento B2 contro formazioni del calibro di Bayern Monaco, Feijenoord e Vicenza e di conquistare nella precedente stagione la Coppa di Jugoslavia. L'andata a Belgrado si rivelò ricca di emozioni: 4-3 il risultato finale, con doppietta del solito Del Vecchio, che, riluttante a giocare in Serie B, nel successivo mercato di riparazione di novembre si trasferì al Milan. Sorprendente poi la gara di ritorno all'Appiani (giocatasi oltre un mese più tardi) che si confermò nuovamente roccaforte inespugnabile: roboante 7-1 e Padova in semifinale. Nel destino, ancora l'Ungheria: l'avversario di turno sarebbe infatti stato il Pècsi Dòzsa, dominatore del gruppo B4. Come contro l'OFK, fu il 4-3 il risultato maturato all'andata in favore di Scagnellato e compagni. Sì, ma stavolta a Padova. In Ungheria sarebbe servita dunque la partita perfetta per raggiungere la finale, per arrivare ad un passo dal sogno europeo. E vittoria fu: 3-0 senza discussioni, marcature firmate Rogora, Morosi e Kolbl. La coppa era ormai ad un passo. Ultimo ostacolo da superare, lo Slovnaft Bratislava (da non confondere con lo Slovan), oggi denominato Inter Bratislava. Una squadra che in finale non era arrivata casualmente: tra le proprie fila poteva infatti contare sui nazionali cecoslovacchi Titus Bubernik, Jiri Tichi e Adolf Scherer, finalisti al mondiale cileno del 1962 vinto dal Brasile di Garrincha e Didi. Fu anche grazie al loro apporto che lo Slovnaft ottenne il primato nel gruppo A1 e conquistò la finale dopo aver superato nei quarti l'Ujpest e nelle semifinali il Banyasz Tatabanya, compagini ungheresi tra le più in vista dell'epoca. Ma il colpo di scena era dietro l'angolo: a guidare i biancoscudati verso il grande appuntamento del 3 aprile, infatti, non fu Del Grosso. Eh sì perché sole due settimane prima della finale, a seguito di una sconfitta per 3-2 patita in casa contro il Como, il tecnico comunicò a Pollazzi le proprie dimissioni, venendo sostituito dal proprio vice Elvio Matè, ex bandiera del Padova dal '47 al '55, già al timone della squadra per gran parte della magica stagione '57-'58 causa squalifica di Nereo Rocco. L'esordio dell'ex panzer non fu però esaltante, con i biancoscudati che caddero sul campo del modesto Udinese per 2-0. Ma poco importa, ormai era la Coppa Rappan l'obiettivo stagionale, una coppa da conquistare tra le mura amiche dell'Appiani dieci giorni più tardi. Di fronte ai 7000 accorsi per l'occasione in via Carducci, per il Padova era l'appuntamento con l'Europa, nonché un'insperata occasione di riscattare la retrocessione della stagione precedente. Questa la formazione anti-Slovnaft scelta da Matè: Bazzoni; Rogora, Cervato; Mazzanti, Barbolini, Bon; Galtarossa, Frezza, Koelbl, Arienti, Fusato. Sì, finalmente era tutto pronto. Sulle note dei rispettivi inni nazionali, la finale poteva prendere il via. Match subito vivace e Padova che si presentò spesso e volentieri nei pressi della porta dello Slovnaft. Ma le polveri, purtroppo, si rivelarono bagnate: su 18 conclusioni complessive scoccate dai biancoscudati, ben 12 terminarono fuori dallo specchio della porta, mentre le restanti 6 vennero neutralizzate dal portiere avversario. E purtroppo si sa: nel calcio più che mai chi sbaglia paga. Ecco quindi che all'87' l'arbitro svizzero Keller assegna un rigore ai cecoslovacchi. E Scherer non perdona. Nulla da fare dunque per il Padova, la Coppa Rappan prende la via di Bratislava. Tanta amarezza all'Appiani, ma anche la consapevolezza da parte di tutti di aver vissuto un gran bel sogno internazionale.