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C'è un fil rouge che collega la Nazionale italiana anni '30 targata Vittorio Pozzo alla città del Santo, attraverso i suoi campioni, protagonisti dei prestigiosissimi trionfi dell'epoca, ossia Mondiali 1934 e 1938 e Olimpiadi 1936. Facciamo però un passo indietro: il primo giocatore biancoscudato convocato in Nazionale fu il portiere Renato Paglianti. Correva l'anno 1921, gli incontri in programma erano due amichevoli con Belgio e Olanda, ma l'estremo difensore biancoscudato non venne schierato in campo. In realtà il Padova nella stagione 1920-'21 contava già tra le sue fila un calciatore convocato in azzurro: trattasi della giovane ala destra Leopoldo Conti, proprietà Inter, che il 20 marzo 1920 aveva esordito in un'amichevole contro la Svizzera. Nella sua unica stagione biancoscudata, dopo la quale tornò alla casa madre, Conti non venne mai riconvocato in Nazionale, mentre vi fece ritorno nel 1923, per poi prendere parte nel '24 ai giochi olimpici di Parigi. Concluderà la sua carriera in azzurro con ben 31 presenze all'attivo. Il primo biancoscudato ad esordire in Nazionale fu, invece, Feliciano Monti, che vestì la maglia azzurra per la prima volta il 6 aprile 1924 in un'infelice amichevole contro l'Ungheria, terminata con un pesante 7 a 1 in favore dei magiari. Nonostante ciò, venne convocato da Vittorio Pozzo per le Olimpiadi di Parigi del 1924, ma non scese mai in campo. Saranno solo tre le presenze in Nazionale di Monti, biancoscudato per sette anni, dal 1920 al 1927, anno in cui si trasferì al Torino, dove vinse un campionato italiano l'anno successivo. Gli altri “azzurroscudati” degli anni '20 rispondono ai nomi di Antonio Fayenz e Giovanni “Nane” Vecchina. Il primo, bandiera del Padova per dieci stagioni (1919-1929), tra il '25 e il '26 collezionò quattro presenze in azzurro e venne convocato anch'egli per i giochi olimpici parigini, ma, al pari di Monti, si accomodò sempre in panchina. Il secondo è invece il più prolifico bomber all time della storia del Padova con le sue 85 reti, siglate tra il 1924 e il 1930. Vecchina esordì in azzurro il 2 dicembre 1928 in occasione di un'amichevole con l'Olanda e, dopo aver lasciato la città del Santo, si laureò campione d'Italia per ben tre volte con la maglia della Juventus, mettendo a segno 66 reti complessive. Nonostante questi numeri,Vecchina concluderà la carriera con due sole presenze in Nazionale all'attivo. Ma è doveroso ricordare anche il padovano DOC “Toni” Busini, prodotto del vivaio biancoscudato e calciatore della prima squadra dal '21 al '27, che vestì la maglia azzurra in una sola occasione: amichevole contro la Germania del 28 aprile 1929, quando militava nel Bologna, con cui, nello stesso anno, conquistò lo scudetto, tanto per cambiare. Eccoci dunque agli anni '30, anni di gloria per il calcio italiano, anni in chiaroscuro per il Calcio Padova. Eh sì, perché la squadra biancoscudata, dopo aver concluso al penultimo posto la prima edizione della Serie A a girone unico nella stagione 1929-1930, retrocesse in Serie B, per poi tornare nuovamente nella massima serie due stagioni più tardi. Nel '34 arriverà una nuova retrocessione in Serie B, replicata l'anno seguente. Il Padova sopporterà l'amaro sapore della Serie C per due anni, tornando in serie cadetta nel 1937 e rimanendovi per undici anni. Se la rosa italiana del vittorioso Mondiale del 1934 non sembra presentare alcun legame con il Calcio Padova, se si eccettua il solo Giovanni Ferrari, allenatore del Padova per tredici gare nella stagione '50-'51, lo stesso non si può dire per gli altri due trionfi degli anni '30: Olimpiadi di Berlino 1936 e Mondiale 1938. Il regolamento dei giochi olimpici, in ossequio al cosiddetto “spirito olimpico”, ammetteva solo atleti dilettanti, ma venne permesso anche l'utilizzo di universitari. Ecco allora l'arrivo della convocazione per Giuseppe Baldo, Alfredo Foni e Annibale Frossi, tutti con un passato in biancoscudato. Baldo, padovano DOC, cresce calcisticamente nelle giovanili biancoscudate ed esordisce in prima squadra nella stagione 1932-1933. Nel '35 passa alla Lazio, dove rimane fino alla conclusione della sua carriera. Foni e Frossi, invece, segnalatisi fin dagli esordi come ottime promesse del calcio italiano, nel 1931 giunsero all'ombra del Santo per completare gli studi universitari: il primo in economia e commercio, il secondo in ingegneria, vestendo la maglia biancoscudata per tre stagioni. Le chiamate dei top clubs arriveranno presto: Foni militerà per 13 anni nella Juventus, mentre Frossi vincerà due scudetti con l'Inter, totalizzando 147 presenze. Ad ogni modo, tutti e tre giocarono da titolari nelle partite dell'Olimpiade, vinta in finale contro l'Austria ai tempi supplementari con rete decisiva dello stesso Frossi, capocannoniere del torneo con sette reti. Faceva parte della spedizione anche Pietro Rava, all'epoca giocatore della Juventus, che allenerà il Padova nelle stagioni 1952-1953 e 1953-1954. Rava e Foni andranno poi ad aggiudicarsi il Mondiale francese del 1938, così come un altro padovano DOC: Mario Perazzolo, all'epoca giocatore del Genoa. Nato nel 1911, dopo la trafila nelle giovanili biancoscudate, gioca in prima squadra per cinque anni, dal 1928 al 1933, per poi passare alla Fiorentina e, come detto, al Genoa. Chiude la carriera con otto presenze azzurre all'attivo, nessuna delle quali però in occasione del Mondiale 1938, dove non scese mai in campo. Tuttavia, la convocazione di Pozzo fa sì che Mario Perazzolo sia a tutti gli effetti il primo padovano a vincere un Campionato del Mondo. Un altro ex biancoscudato trionfatore nel 1938 è Aldo Olivieri, il portiere titolare di quella nazionale. Il ragno nero (questo il suo soprannome, lo stesso di Fabio Cudicini e Lev Yashin, mica due qualunque...) giocò infatti nella città del Santo durante la stagione 1933-1934, ma alla sua ottava partita con la maglia del Padova subì una frattura al cranio, a causa di un violento impatto in uscita con l'attaccante della Fiumana Andrea Gregar. Tuttavia dopo un solo anno, eccolo nuovamente in campo a difendere i pali della Lucchese, con cui conquisterà la Serie A nel '36. Dopo l'exploit mondiale venne ingaggiato dal Torino, dove giocò per quattro stagioni, per poi concludere la carriera al Brescia, con 24 presenze totali in Nazionale. Al Padova, invece, concluse la carriera Gino Colaussi, pilastro della Nazionale del 1938, e autore di una doppietta nella finale vinta 4 a 2 contro l'Ungheria a Parigi, che vestì la maglia biancoscudata nelle stagioni '46-'47 e '47-'48, contribuendo alla promozione in Serie A del 1948. Altri nomi di quella spedizione legati al Calcio Padova sono quelli di Giovanni Ferrari, Pietro Serantoni e Piero Pasinati, tutti futuri allenatori della squadra biancoscudata. Del primo abbiamo già parlato relativamente al Mondiale del '34, il secondo sedette sulla panchina del Padova in tre diverse occasioni a cavallo fra il 1947 (anno in cui scese anche in campo in un'occasione, alla veneranda età di quarant'anni) e il 1950, il terzo nel 1952, per sole 14 gare. A causa delle vicissitudini belliche, la Coppa Rimet tornerà nel 1950, quando un'altra generazione di campioni biancoscudati si affaccerà alla Nazionale azzurra, rafforzando ulteriormente quel fil rouge che collega la Nazionale italiana alla città del Santo.
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