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Il “caso Padova” del 1985: scandalo di una vergognosa combine

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Flash dal passato: momenti di storia biancoscudata nella nostra rubrica del lunedì
Alessandro Vinci

C'è chi l'ha definita la pagina più nera della storia del Calcio Padova, l'episodio in cui si è davvero toccato il fondo. E' sicuramente una macchia che rimarrà indelebile nel candore della maglia biancoscudata. Ma la storia è fatta anche per raccontare gli errori del passato al fine di non ripeterli. Magistra vitae, la definirebbero i latini. E di errori da non ripetere, le vicissitudini della nostra squadra ne sono piene, il cosiddetto “Caso Padova” del 1985 in primis.

Siamo alla vigilia dell'ultima giornata del campionato di Serie B 1984-1985 ed il Padova di Gianni Di Marzio è in lotta per non retrocedere. La seconda metà della classifica recita: Monza, Bologna, Cesena e Sambenedettese 35 punti; Arezzo, Campobasso e Catania 34; Cagliari, Varese e Padova 33; Parma 25; Taranto 23. I punti a vittoria – lo ricordiamo – sono ancora due. Le retrocessioni quattro. Di conseguenza Parma e Taranto sono già spacciate, condannate alla retrocessione in C. Ed è proprio contro i pugliesi che i biancoscudati devono guadagnarsi la salvezza all'ultima giornata, il 16 giugno. Le partite in programma delle squadre in lotta sono: Bologna-Cesena, Pisa-Arezzo, Cagliari-Catania, Monza-Lecce, Parma-Sambenedettese, Campobasso-Triestina, Perugia-Varese e, appunto, Taranto-Padova.


Per Bologna e Cesena la salvezza fu una pura formalità: ad entrambe infatti bastava un solo punto per mantenere la categoria ed ecco dunque puntualmente maturare uno scialbo 0-0. Chiusero a quota 36 punti anche il Campobasso, inaspettatamente vincitore contro la Triestina (che in caso di vittoria avrebbe potenzialmente potuto ottenere la promozione in A), la Sambenedettese, che ottenne il punto-salvezza sul campo del già retrocesso Parma, ed il Monza, che non trovò difficoltà a “concordare” un pareggio con il Lecce, al quale bastava un punto per salire di categoria, così come al Pisa, che infatti impattò 1-1 contro l'Arezzo, garantendo così agli amaranto buone probabilità di salvezza a quota 35 punti. Chi invece non riuscì a mantenere la categoria fu il Varese, che cadde sul campo di un Perugia in lotta per la Serie A, chiudendo così a 33 punti. Rimanevano dunque Taranto-Padova e l'infuocato scontro-salvezza Cagliari-Catania.

In Puglia i biancoscudati fanno il loro dovere superando i padroni di casa per 2-1 con reti di Sorbi e Da Re, mentre in terra sarda non si andò oltre uno 0-0 sinonimo di retrocessione in C1 per i padroni di casa, che chiusero quindi il campionato a quota 34 punti, giusto uno in meno del Padova. All'ombra del Santo si festeggia, ma... C'è un ma.

Il giorno seguente, infatti, Angelo Becchetti presenta una denuncia di illecito relativa a Taranto-Padova all'ufficio inchieste FIGC, che, di conseguenza, non esita ad aprire un fascicolo, senza però inizialmente renderlo noto pubblicamente. Sì, ma chi è questo Becchetti? E' l'ex allenatore del Taranto, esonerato a seguito della sconfitta della squadra pugliese in casa della Sambenedettese alla penultima giornata, una settimana prima della gara incriminata. Lui è al corrente dei fatti. Fatti che verranno ben presto a galla.

Tutto inizia circa un mese prima della partita in esame, il 13 maggio 1985, quando Giovanni Sgarbossa, giocatore del Taranto ed ex biancoscudato, si reca a San Martino di Lupari, suo paese natale, per votare alle elezioni amministrative. Nell'occasione viene avvicinato da Angelo Zarpellon, vicepresidente del Padova, che gli chiede: “Se all'ultima giornata dovessimo avere bisogno di una vittoria, ce la dareste una mano?”, Sgarbossa dice che ne avrebbe dovuto parlare con qualche suo compagno di squadra. Capitolo successivo: mattina di domenica 9 giugno. Di lì a poche ore il Padova avrebbe affrontato il Perugia. Sgarbossa chiama Zarpellon dicendosi disponibile ad organizzare la combine con la collaborazione dell'allenatore (Becchetti, per l'appunto) e di alcuni compagni di squadra. Il vicepresidente biancoscudato però spiega che, prima di dare una risposta, vuole attendere i risultati del pomeriggio. Il Padova pareggia, all'ultima giornata sarebbe servita una vittoria. E' tutto ok, si può dunque procedere. 100 milioni di lire è la cifra pattuita per organizzare la combine. 100 milioni che Zarpellon consegnerà in due tranches a Sgarbossa (una il giorno prima della partita e l'altra la settimana seguente), che li spartirà poi con gli altri partecipanti: i suoi compagni Vito Chimenti, Angelo Frappampina, Dino Bertazzon e Fabrizio Paese, e l'allenatore, Becchetti, che però il giorno dopo viene esonerato e conseguentemente escluso dall'affare. Zarpellon, come concordato, consegna i primi 50 milioni a Sgarbossa il giorno prima della partita, ma Becchetti, pur non essendo più il tecnico del Taranto, non ci sta. Vuole la sua parte. Contatta dunque Sgarbossa, minacciando di denunciare la combine se non gli fosse stata consegnata la sua parte. Sgarbossa cede, i due fissano dunque un incontro per il 19 giugno, il mercoledì successivo alla gara, per consegnare al mister 9 milioni. Nel frattempo però quest'ultimo aveva presentato denuncia. Perché lo ha fatto? – vi chiederete. Non poteva tenere il tutto segreto e prendersi i suoi 9 milioni? Le versioni sono due: o lo ha fatto per ripicca nei confronti dei suoi calciatori, che lo avevano inizialmente estromesso dalla combine, oppure è stato a sua volta assoldato a suon di milioni da Fausto Moi, presidente del Cagliari appena retrocesso, speranzoso dunque di assistere ad una retrocessione a tavolino dei biancoscudati che avrebbe permesso alla sua squadra di restare in cadetteria.

Sia una o sia l'altra, all'ufficio indagini ciò non interessa. All'appuntamento con Sgarbossa al casello autostradale di Pesaro, Becchetti si presenta assieme a Manin Carabba, dell'ufficio inchieste FIGC, il quale assiste alla scena nascosto nell'auto dell'allenatore, che a sua volta cela un microfono sotto la giacca per registrare la conversazione con il suo ex calciatore, che nella circostanza gli comunica di aver coinvolto anche i suoi compagni di squadra sopra citati.

Sgarbossa viene dunque convocato a Coverciano. All'inizio, come prevedibile, nega tutto, ma poi, messo di fronte alla registrazione dell'incontro, alla testimonianza di Carabba e a quella di Becchetti, confessa l'intera vicenda. Il commissario federale Corrado De Biase deferisce dunque tutti i partecipanti del losco affare: Zarpellon, Sgarbossa, Chimenti, Bertazzon, Frappampina e Paese, che verranno successivamente squalificati per cinque anni, ad eccezione di Bertazzon (che aveva sin da subito collaborato con gli inquirenti), al quale verranno comminati “soli” 30 mesi di stop. La posizione di Zarpellon è chiara, così come la sorte che tocca al Padova: retrocessione a tavolino in Serie C (per la felicità del Cagliari di Moi) per responsabilità diretta. Nessun provvedimento viene però preso contro il presidente del Padova Pilotto. Quindi chi avrebbe dato a Zarpellon i 100 milioni per organizzare la combine? Mistero…