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Kurt Hamrin, la faina: lampi di classe nella stagione dei record

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Flash dal passato: momenti di storia biancoscudata nella nostra rubrica del lunedì
Alessandro Vinci

Nel calcio i numeri non sono tutto, ma possono dire molto. Se hai collezionato 400 presenze in Serie A segnando 190 gol (praticamente uno ogni due gare), se hai vinto uno scudetto, due Coppe delle Coppe, una Coppa dei Campioni e sei stato vice-campione del mondo con la tua nazionale, allora vuol dire che uno tanto nella norma non lo sei. Se poi hai fatto parte del Padova versione '57-'58 ed il paròn Nereo Rocco ti chiamava “faina” prima che l'Italia ti soprannominasse “uccellino”, allora il tuo nome è Kurt Hamrin, vale a dire uno dei più fulgidi fuoriclasse che abbia mai calcato il terreno dell'Appiani.Talento allo stato puro, delizia per gli esteti, Hamrin nasce a Stoccolma, capitale svedese, il 19 novembre 1934, quinto figlio di un imbianchino. Di soldi in casa Hamrin ne girano pochi, Kurt deve perciò adoperarsi presto per contribuire al sostentamento della famiglia e, già da adolescente, lavora prima come apprendista operaio e poi come zincografo per il quotidiano svedese Dagens Nyheter. Nel frattempo inoltre, consegue il diploma e, a partire dal 1953, conclusa la trafila nelle giovanili, gioca nella prima squadra dell'AIK, il club più blasonato di Stoccolma, attività che non gli può certo garantire una paga sufficiente: “Il calcio era dilettantistico – dice. Non c'era l'ingaggio. Cinquanta corone a partita, se vincevi e pareggiavi. Circa, credo, quindici euro. Zero in caso di sconfitta. Il mio lavoro alla tipografia era un buon lavoro e mi piaceva”. Il fatto è che Hamrin è un talento cristallino. Un talento che non può rimanere imbrigliato tra le mura della sede di un giornale. Non per molto. Dopo aver conquistato il titolo di capocannoniere dell'Allsvenskann (la massima serie del calcio svedese) edizione '54-'55 con 22 reti siglate in altrettante gare disputate ed aver conquistato una maglia da titolare nella sua nazionale, nell'estate del 1956 passa alla Juventus di Gianni Agnelli per quindicimila dollari. Il giovane svedese entra dunque a far parte dei “puppanti”, la rosa della Vecchia Signora della stagione '56-'57, così denominata per via della giovane età di molti suoi componenti e del nome di colui che la allenava: Sandro Puppo. Hamrin era l'ala destra titolare, scese in campo in 23 occasioni mettendo a segno 8 reti, il tutto nonostante la frattura del quinto metatarso del piede sinistro e costanti tormenti alle caviglie. Ma la stagione dei bianconeri non passò certo agli annali, terminando solamente nell'anonimato della nona posizione. Troppo poco per una squadra con il blasone della Juventus e per i gusti di Gianni Agnelli. Ecco dunque il via alla rivoluzione: fuori i “puppanti”, dentro i campioni. In attacco arrivano due fuoriclasse assoluti come Omar Enrique Sivori, el cabezòn, dal River Plate e John Charles, il gigante buono, dal Leeds. Il regolamento dell'epoca prevedeva però la presenza al massimo di due calciatori stranieri per rosa. Hamrin è dunque costretto a fare le valigie.Si fa avanti il Padova di Bruno Pollazzi, società con la quale i rapporti erano già buoni da tempo. L'accordo non tarda ad arrivare: prestito stagionale. Poi, in base al rendimento, si sarebbe deciso il da farsi. La società biancoscudata, partito Bonistalli, punta su di lui per gonfiare le reti avversarie in tandem con un altro neoarrivato: Sergio Brighenti.La prima gara che lo scandinavo disputa con la nuova maglia è l'amichevole precampionato del 25 agosto 1957 a Prato, dove i “manzi” si impongono per 2-0, mentre la prima rete arriva una settimana più tardi, sempre in amichevole, stavolta contro l'Hellas Verona, su rigore. Sette giorni più tardi inizierà la stagione 1957-1958, la più gloriosa della storia del Calcio Padova, ma questo gli uomini di Rocco non lo potevano ancora sapere. Ciò che si capisce da subito, invece, è che la faina (questo il soprannome affibbiatogli dal paròn) è stato un acquisto quanto mai azzeccato. La sua rapidità e il suo innato senso del gol sono caratteristiche che si coniugano alla perfezione con le esigenze offensive della squadra; Hamrin è sempre il più lesto ad accaparrarsi i palloni scagliati dalle retrovie dalla linea maginot Blason-Azzini-Scagnellato e a trasformarli in oro, magari con l'aiuto di Humberto Rosa, il faro della squadra, instancabile distributore di assist al bacio per le punte biancoscudate. Nelle prime due gare di campionato Hamrin va infatti a segno in ben quattro occasioni: nella giornata d'esordio apre le marcature nel successo interno contro la Lazio, mentre la settimana successiva, con le sue tre reti, contribuisce in maniera determinante a stendere a domicilio il Genoa per 4-1. Dei problemi alle caviglie che lo avevano tediato alla Juventus non c'è più traccia: i plantari a lui consigliati da un ortopedico amico di Rocco “funzionano” a meraviglia. Dopo questo incoraggiante avvio di campionato però, i biancoscudati stanno a digiuno di vittorie per quattro giornate, tornando al successo in occasione del derby interno contro il Vicenza del 20 ottobre, conclusosi sull'1-0 e firmato, ancora una volta, dall'uomo più determinante della squadra: Hamrin, che si rivela tale anche nelle quattro giornate successive, durante le quali mette a segno altre cinque reti (tra cui spiccano maggiormente le tre rifilate al Torino il 27 ottobre all'Appiani). Dopo essere stato assente per infortunio nelle gare contro Alessandria, Udinese e Spal, lo svedese torna poi al gol alla quindicesima giornata contro il Verona e nel recupero del decimo turno contro il Milan, chiudendo così il girone d'andata a quota 12 reti, indiscusso cannoniere di un Padova sorprendentemente al secondo posto in classifica al giro di boa, a sole due lunghezze di distanza dalla Juventus capolista. Dopo la sconfitta patita in casa della Lazio alla prima di ritorno poi, la banda-Rocco come all'andata asfalta il Genoa con tre reti di scarto, ma stavolta il finale è di 6-3 e le reti di Hamrin sono addirittura quattro! Purtroppo però, i due successivi pareggi contro Inter e Juventus fanno sfumare il sogno scudetto per un Padova strepitoso, che concluderà la stagione al terzo posto. Nell'ultima parte di campionato la faina è autore di altre tre marcature contro Napoli, Spal e Verona, chiudendo così la competizione a quota 19 reti (in trenta presenze).Sigilli che non passano certo inosservati: già dalla primavera del '58 infatti, mezza Serie A lotta a suon di quattrini per assicurarsi le sue prestazioni per le stagioni successive. Una lotta alla quale il Padova non può partecipare. Alla fine la spunterà la Fiorentina, bisognosa di sostituire Julinho, in procinto di passare al Palmeiras.E così, dopo aver disputato i Mondiali casalinghi di Svezia '58 (persi in finale contro il grande Brasile di Feola), le ultime partite di Hamrin in maglia biancoscudata coincideranno con i due incontri conclusivi del girone eliminatorio dell'appena ripristinata Coppa Italia in programma ad inizio luglio contro Vicenza e Brescia, entrambi vinti dagli uomini di Rocco rispettivamente per 1-0 e 3-1. Risultati che permisero ai biancoscudati di accedere alle semifinali, nelle quali vennero però eliminati… dalla Fiorentina del neoarrivato Hamrin, che alla sua prima presenza con la nuova maglia mise a segno una delle due reti che stesero la sua ex squadra.Di lì in poi, numeri impressionanti nella sua carriera: nove stagioni in viola impreziosite da oltre 200 reti (di cui 150 in Serie A) e dalla conquista nel corso degli anni di due Coppe Italia, una Coppa delle Coppe ed una Mitropa Cup. Poi, nel '67, l'approdo al Milan su chiamata di un vecchio amico: Nereo Rocco. Ed ecco l'arrivo di uno scudetto, una Coppa dei Campioni ed un'altra Coppa delle Coppe, griffata personalmente con le due reti decisive realizzate in finale contro l'Amburgo. A 37 anni poi, dopo altre due stagioni passate tra le fila del Napoli, la decisione di appendere le scarpette al chiodo per intraprendere una fugace esperienza come allenatore della Pro Vercelli in Serie C ed il successivo ritorno in patria, dove avvierà un'attività commerciale di import-export che gestirà sino al 2000. In questi ultimi anni è invece stato osservatore in toscana per conto del Milan ed ha allenato i ragazzini della Settignanese, una piccola società calcistica di Firenze. Eh sì perché attualmente, quasi ottantenne (ed ancora in splendida forma), Hamrin vive a Coverciano, a pochi passi dal celebre centro tecnico federale, con la moglie Marianne (sposata a 21 anni), con la quale ha avuto cinque figli: tre femmine e due maschi, tutti chiamati con nomi nostrani. “Ormai mi sento italiano”, ha recentemente dichiarato. E, sebbene vi abbia trascorso solamente una stagione, anche Padova gli è rimasta nel cuore: “Sono stato molto bene in quella città. La ricordo con tanto affetto”.Affetto più che ricambiato, faina.