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L’incredibile epilogo della stagione 1994-1995: storia di una salvezza di rigore sotto la pioggia di Firenze

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Flash dal passato: momenti di storia biancoscudata nella nostra rubrica del lunedì
Alessandro Vinci

La cinquantunesima puntata della nostra rubrica amarcord ci porta indietro nel tempo di esattamente vent'anni per rivivere uno dei momenti più felici della storia recente biancoscudata: l'emozionante finale della stagione 1994-1995 (la prima dopo il ritorno in Serie A del Padova), conclusasi con l'indimenticabile spareggio di Firenze contro il Genoa deciso solamente ai calci di rigore. Uno spareggio che, il 14 maggio precedente, nessuno immaginava avrebbe avuto luogo. Quel giorno, infatti, come da pronostico gli uomini di Sandreani avevano avuto la meglio all'Euganeo sulla già retrocessa Reggiana, portandosi così a più sei punti sulla zona retrocessione a sole tre giornate dal termine della regular season. Ecco perché, al triplice fischio, all'Euganeo fu festa vera, anche alla luce dell'ottima prestazione dei biancoscudati: 3-0 il finale, con doppietta di bomber Pippo Maniero e gol d'autore di Vlaovic in semirovesciata su traversone del travolgente Franco Gabrieli, protagonista di una discesa da urlo sulla destra. Una rete che i tifosi presenti ricordano ancor oggi non tanto per il gesto tecnico, quanto per la curiosa esultanza del croato, che, dopo essersi sfilato la sua maglia numero nove, ne scoprì una identica sotto di essa, lanciando poi quella “originale” ai tifosi festanti della Tribuna Est. Un'esultanza curiosa, geniale, unica nel suo genere, a spedire nell'album dei ricordi una giornata a dir poco perfetta, poiché il successo biancoscudato era stato reso ancor più prezioso dai contemporanei passi falsi di Cremonese e, soprattutto, Genoa (le rivali-salvezza del Padova), che avevano fatto registrare rispettivamente un 1-1 sul campo del Torino ed un sonoro 4-0 subìto a domicilio dalla Juventus capolista ed ormai Campione d'Italia. Insomma, così come i bianconeri, anche il Padova si trovava ad un passo dallo scudetto, il suo scudetto: la permanenza in massima serie. Un traguardo che Longhi e compagni stavano raggiungendo con pieno merito dopo una stagione sì complicata, ma allo stesso tempo foriera di grandi soddisfazioni: prima di esse, l'inaspettata vittoria per 2-0 sul Milan di Capello alla sesta giornata, dopo che nei primi cinque turni i biancoscudati avevano raccolto la miseria di un solo punto. Poi però, il successo contro i rossoneri si era ben presto rivelato solamente un fuoco di paglia, ed il girone d'andata aveva continuato a risultare alquanto stentato, pur regalando ai tifosi padovani frammenti di gioia indelebili quali il successo nello scontro-salvezza con il Brescia sotto il diluvio dell'Euganeo del 6 novembre (incredibile rete da metà campo di Maurizio Coppola) oppure la vittoria ottenuta in zona Cesarini al giro di boa contro l'Inter, sempre di fronte ai propri tifosi. Il tutto senza dimenticare anche la tripletta di Damiano Longhi che aveva steso la Cremonese al quindicesimo turno. Poi, il primo colpo esterno stagionale arrivato al San Nicola di Bari il 26 febbraio aveva fatto uscire per la prima volta il Padova dalla zona-retrocessione, cosa che si ripeté, dopo tre nuove sconfitte consecutive, anche il 9 aprile successivo, grazie al 3-1 ottenuto sul campo del Brescia. E da quel momento i biancoscudati avevano iniziato a dormire sonni tranquilli, forti anche di due consecutivi exploit di prestigio quali i successi ottenuti in casa contro la Lazio prima (2-0, autogol di Cravero e rete di Kreek) e sul campo della Juve poi (1-0, a segno ancora l'olandese). Il 3-0 sulla Reggiana sembrava dunque aver ormai chiuso qualsiasi discorso, ma la realtà fu ben diversa.Il 21 maggio il Padova tornava per la prima volta dopo il magico spareggio-promozione dell'anno precedente contro il Cesena allo stadio Zini per affrontare la Cremonese padrona di casa, che viaggiava a quota 35 punti, ossia quattro in meno della banda Sandreani. Una vittoria avrebbe significato matematica salvezza per i biancoscudati. Ma i grigiorossi di Gigi Simoni di certo non si sarebbero presentati all'incontro senza il coltello tra i denti, poiché una sconfitta avrebbe significato potenziale sorpasso in classifica di Genoa e Foggia (appaiate a 33 punti) ai loro danni.E' il momento del definitivo colpo di reni verso la salvezza per i biancoscudati. Il problema è che il Padova non scende in campo col piglio giusto, tanto che la Cremonese si ritrova già a metà primo tempo in doppio vantaggio per effetto delle reti di Chiesa e Milanese. Ed a chiudere definitivamente i conti nei minuti finali ci pensa poi Florijancic. 3-0 e tutti a casa. Ma nulla è perduto: nonostante la sconfitta, infatti, il Padova gode ancora di tre punti di vantaggio sulla zona retrocessione, ossia sul Genoa di Claudio Maselli che aveva agevolmente superato a Marassi proprio il Foggia, condannandolo ormai alla retrocessione. E quale squadra è attesa all'Euganeo il 28 maggio, alla penultima di campionato? Ebbene sì, proprio il Grifone. E' il secondo match point per i biancoscudati: se si vince, si resta in A. Se si pareggia, si va ad affrontare l'ultima giornata con tre punti di vantaggio, dunque, mal che vada, ci si giocherebbe la salvezza agli spareggi. Se si perde, invece, si ricomincia a rischiare grosso.A Padova il pomeriggio è torrido. Gli idranti dei vigili del fuoco rinfrescano gli spettatori sugli spalti. Il primo tempo si conclude sullo 0-0, poi, allo scoccare dell'ora di gioco, ecco la doccia fredda per i tifosi biancoscudati. Una doccia che non rinfresca, anzi... Tutto nasce da un lancio di sessanta metri del compianto Signorini deviato di testa da Skuravy. Palla poi sui piedi di Ruotolo che, pressato dall'uscita di Bonaiuti, fa partire da posizione defilata un insidioso pallonetto che termina in rete, nonostante il tentativo di salvataggio in extremis da parte di Poldo Cuicchi. D'un tratto, le speranze salvezza dei tifosi padovani sembrano svanire. Si torna a soffrire. Per fortuna, i biancoscudati reagiscono prontamente alla rete del vantaggio genoano e già dieci minuti dopo riagguantano il pareggio grazie ad un colpo di testa dell'insospettabile Gabrieli (1 metro e 71 di altezza) su traversone dalla destra di Longhi. Il risultato non cambierà più.E' un pareggio che a livello di classifica tutto sommato non va poi così male al Padova, sebbene superato dalla Cremonese vincitrice sul Brescia fanalino di coda. Per salvarsi, infatti, il Genoa può solo vincere in casa contro il Torino e sperare in una sconfitta biancoscudata sul campo dell'Inter. Uno scenario, quest'ultimo, purtroppo pronosticabile, essendo i nerazzurri ancora in lotta per un posto in Coppa Uefa, traguardo invece sfumato da tempo per il Torino avversario del Genoa, già sicuro di un posto a centro classifica. Ragion per cui, anche se forti di tre punti di vantaggio, Longhi e compagni non possono abbassare la guardia. A San Siro il primo tempo del Padova è di spessore e si conclude meritatamente sull'1-0 in favore degli uomini di Sandreani grazie ad un gol di Pippo Maniero, abilissimo a spedire in rete un traversone dalla destra con un plastico tuffo a mezz'aria al minuto numero 20. Nel frattempo, il Genoa conduce sul Torino per 1-0. Obiettivo dunque chiaro in vista del del secondo tempo: difendere il pareggio. Come prevedibile, però, la ripresa si rivela un assedio interista alla porta di Bonaiuti, che al 65' si lascia sfuggire dalle mani una conclusione dal limite dell'area di Orlandini permettendo così ai padroni di casa di pareggiare i conti, ma non di salire al sesto posto, l'ultimo utile in ottica Coppa Uefa. Ecco perché gli assalti nerazzurri continuano incessanti (ed a volte finiscono per scoprire il fianco alle ripartenze del Padova, una delle quali si conclude con un palo di Coppola) senza riuscire però a piegare la stoica retroguardia biancoscudata, che regge fino al 90'. Ecco, appunto.91': Ruben Sosa è sulla bandierina per toccare il suo ultimo pallone nerazzurro. Il traversone è da manuale, tagliato sul primo palo. Delvecchio salta più in alto di tutti, anticipando anche Bonaiuti. Deviazione vincente. Sandreani si accascia sconsolato in panchina, sotto il boato di San Siro. Fontana sfiora il miracolo del 2-2 all'ultimissimo respiro, ma senza successo. L'Inter è in Coppa Uefa. Il Padova allo spareggio contro il Genoa, che intanto aveva mantenuto il gol di vantaggio contro il Torino.E' una nemesi storica per i biancoscudati, che proprio nel girone d'andata avevano avuto la meglio sugli uomini di Ottavio Bianchi negli ultimi minuti di gioco grazie ad una rete di Max Rosa. Una vera beffa.E' il secondo spareggio nel giro di due anni per un Padova definito dagli addetti ai lavori come assolutamente meritevole della salvezza per quanto espresso durante il campionato, ma anche, più nello specifico, nella gara contro i nerazzurri. Amaro nel postpartita il commento del presidente Giordani: “Ormai ci siamo abituati alla logica della sofferenza, non riusciamo a farne a meno. Siamo ancora increduli”. Sì, è proprio incredulità quella che esprime a caldo anche Sandreani: “Purtroppo quando eravamo pronti a festeggiare ci è caduta in testa la mazzata. Abbiamo regalato un angolo all'Inter ed è uscito quel gol incredibile di Delvecchio. Non c'è una spiegazione convincente quando si prende una rete come questa. Non fa parte della logica del calcio. Ma alla delusione siamo allenati. Ci è mancata un po' di malizia. Lo spareggio? Abbiamo l'esperienza e la forza agonistica per gestire la tensione al massimo”. Difficile contraddirlo. Purtroppo però, in vista dell'incontro di Firenze, città designata per ospitare l'incontro, tra le fila biancoscudate c'è una defezione pesante. Pesantissima. Quella di Pippo Maniero, il capocannoniere della squadra con 9 gol all'attivo, uscito acciaccato dall'incontro di San Siro. Niente paura: a prendere il suo posto ci sarà Nanu Galderisi. Uno che di partite importanti se ne intende. La settimana che precede la battaglia scorre velocemente. Sandreani dichiara che il Padova parte sfavorito (al pari di Romeo Anconetani, storico presidente del Pisa, appena diventato consigliere del Genoa), i giornalisti il contrario. La piazza è in fermento, si prepara una trasferta storica. Ed i numeri saranno impressionanti: la mattina di sabato 10 giugno da Padova si muovono in 11000, divisi tra 85 pullman, due treni speciali ed un interminabile serpentone di auto private. Direzione curva Ferrovia, stadio Artemio Franchi. Il doppio sono invece i genoani, geograficamente più vicini al capoluogo toscano. Ad accogliere le squadre sul terreno di gioco, le coreografie delle rispettive tifoserie ed una pioggia insistente. Che la sfida abbia inizio.E' il Padova a partire subito a mille, schiacciando i liguri nella propria metà campo e cercando di sbloccare il risultato con i propri terminali offensivi: Galderisi e Vlaovic. Insomma, appare chiaro sin dai primi minuti che non bisognerà attendere molto per assistere al vantaggio biancoscudato. Giusto diciannove minuti: azione imbastita da Galderisi sulla trequarti, palla larga per Kreek che pennella chirurgicamente per Vlaovic, appostato in area di rigore. E, come contro la Reggiana, fu semirovesciata vincente. Maglietta in testa e via verso il centro del campo, gridando di gioia. 1-0, palla al centro. La prima azione offensiva genoana degna di tal nome si sviluppa invece poco prima della mezz'ora di gioco. E, incredibile a dirsi, porta al gol dell'1-1, con l'ariete Skuravy a trafiggere di testa Bonaiuti su traversone dalla destra di Van' t Schip. E' questo l'unico schema offensivo che impiegano lungo tutto l'arco della partita gli uomini di Maselli, quello che all'indomani Franco Melli, inviato del Corriere della Sera, definirà “lo schema zero, cioè l'unica monocorde ricerca di Skuravy circondato dal trio Franceschetti-Cuicchi-Lalas, comunque temibile se raggiunto con cross dal fondo”. Ma di cross il Padova non ne concederà più, specialmente grazie alle efficaci prestazioni dei due esterni di giornata, Nunziata e, soprattutto, Balleri. Ecco perché, gol a parte, il Genoa non riesce a sfondare, a differenza del Padova, determinato a riportarsi in vantaggio. Per farlo, però, c'è da superare Spagnulo, l'estremo difensore rossoblù. Un portiere partito ad inizio stagione come terzo alle spalle di Tacconi e Micilio, ma che al termine del campionato era riuscito a conquistare la maglia da titolare, complice il ritiro a dicembre dell'ex portiere di Juventus e Nazionale. E' lui a sventare tutte le offensive biancoscudate di lì fino al termine dei supplementari. Nulla da fare per i vari Kreek, Longhi, Galderisi e Vlaovic, che ne provano di ogni fino al 120'. Ma le parate di Spagnulo – guardare per credere – si rivelano una più miracolosa dell'altra. Una prestazione, giusto per rimanere in ambito genoano, degna di quella di Braglia ad Anfield nel '92. Non mancano nemmeno le proteste nei confronti dell'arbitro Ceccarini (lo stesso dello spareggio di Cremona dell'anno precedente) per un rigore non fischiato a Galderisi, spinto a terra in area di rigore da Torrente, e per una rete annullata a Lalas per il medesimo motivo (della serie, la coerenza...). Insomma, è il Padova a meritare di rimanere in Serie A. Ma si deciderà tutto ai calci di rigore, non a caso spesso paragonati ad una lotteria.Il sorteggio è, almeno questo, favorevole ai biancoscudati: la porta sarà quella sotto la Ferrovia. In vista dei tiri dagli undici metri, Sandreani spedisce in campo due specialisti quali Fontana e Perrone al posto rispettivamente di Longhi e Galderisi, un altro che dagli undici metri ci sapeva fare. Non sarebbe stato male vedere anche il suo nome nella lista dei rigoristi. Ad ogni modo, a partire per primo dagli undici metri è il Genoa, con Van' t Schip: battuta impeccabile, palla da un lato, portiere dall'altro. Per rispondere al vantaggio ligure si presenta sul dischetto Fontana. Tiro potente ma poco angolato, Spagnulo respinge. La “maledizione” sembra reggere anche ai calci di rigore. La strada è subito in salita. A peggiorare le cose ci pensa poi Ruotolo, che trasforma il secondo penalty genoano. Il pallone che Cuicchi posiziona sul dischetto per il secondo rigore pesa dunque come un macigno. Ma il buon Poldo non tradisce, angolando con precisione alla destra di Spagnulo, che pure aveva intuito la direzione del tiro. Poi ecco che il vento gira, finalmente: rigore fallito anche dal Genoa con Marcolin, che conclude centralmente, vedendosi respingere la sfera da Batman Bonaiuti con la mano di richiamo. Spetta a Perrone il compito di ristabilire la parità. Detto fatto: palla a sinistra, portiere a destra. L'equilibrio perdura fino al termine della quinta sequenza: Bortolazzi e Skuravy non falliscono per il Genoa, idem Vlaovic e Balleri per il Padova. Si va ad oltranza. E' una lotta di nervi. A partire per il sesto rigore ligure è Galante. Professione: difensore centrale. La rincorsa è lunga, così come la falcata. Arrivo sul pallone non ottimale, postura sbilenca. E palla di poco alta sopra la traversa. E' gioia pura per i tifosi ed i giocatori biancoscudati. Per tutti tranne uno: Michel Kreek, l'uomo che avrà l'onere di regalare al Padova la salvezza. Proprio lui, il centrocampista olandese arrivato ad ottobre dall'Ajax che con le sue prestazioni e con i suoi sette gol aveva spostato gli equilibri, risollevando le sorti biancoscudate sin dal giorno dell'esordio. Mentre il tulipano sistema con estrema accuratezza il pallone sul dischetto, la voce di Gildo Fattori tiene con il fiato sospeso i tifosi all'ascolto: “Nessuno ha coraggio di guardare, ma Michel ha dimostrato di essere bravo, implacabile, giocatore straordinario, può regalare al suo primo anno al Padova la Serie A, a questa squadra, a questa società che lo meriterebbe”. Rincorsa lunga. Freddezza da applausi. Spagnulo spiazzato. E' l'apoteosi. E' la seconda impresa biancoscudata nel giro di due anni. Meritatissima. La festa dei tifosi sugli spalti e dei giocatori in campo è incontenibile. Longhi e compagni rimangono praticamente tutti in mutande e canottiera a festeggiare sotto la Ferrovia, spuntano anche una statuetta di Sant'Antonio ed un'altra di una qualche divinità precolombiana, tenute scaramanticamente in panchina durante la partita. Le dichiarazioni del postpartita sono entusiastiche, una in particolare: “E' stata una salvezza sofferta – dice Sandreani – ma proprio per questo ancora più bella. E' stata una partita che rimarrà nella storia della società, giocata benissimo ed interpretata perfettamente. Alla fine c'è stata giustizia, ma ce la siamo dovuta andare a conquistare all'ultimo rigore. Devo ringraziare questi tifosi e questi ragazzi che come me hanno la maglia del Padova come seconda pelle. Sono dei grandi uomini, oltre che grandi giocatori”. Al rientro in città, tutto il Padova è atteso all'Appiani da migliaia di tifosi festanti sulle note di “We are the champions”. Giocatori e dirigenti ringraziano i loro sostenitori e viceversa. E' una serata da brividi, di quelle che vorresti non finissero mai. Una conclusione da sogno per una stagione straordinaria. Una stagione che probabilmente rappresenta l'apice della storia biancoscudata degli ultimi cinquant'anni.

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