Proprio vero ciò che cantava Fabrizio De André: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”. Tradotto: dai milioni mal spesi di Cestaro e dalle vane millanterie di Penocchio nasce quel maledetto 15 luglio della scorsa estate, dall'umiltà e dalla laboriosa intraprendenza di due imprenditori del territorio, Giuseppe Bergamin e Roberto Bonetto, nasce un nuovo, splendido germoglio di entusiasmo biancoscudato. Perché ai tifosi padovani non importa quale sia la lettera che segue la parola “Serie”. No, a loro importa l'ideale, il sudore, la trasparenza, l'attaccamento alla maglia, la dedizione alla causa. Tutto il resto passa in secondo piano. Anche di fronte ad un'amara realtà come la Serie D. Un'amara realtà che si è però presto tramutata in un dolce viaggio alla riscoperta di un calcio genuino e vicino alla gente come ormai non lo si ricordava più. Alla riscoperta di una comune passione per il Biancoscudo inaspettatamente sbocciata dalle macerie di anni di gestioni scellerate da parte di chi – evidentemente – al Padova teneva poco o nulla. E tutto questo grazie a quei due signori citati poco fa, Bergamin e Bonetto, che il 24 luglio – con l'indispensabile placet del sindaco Bitonci – hanno creato letteralmente da zero la SSDRL Biancoscudati Padova, il nuovo Padova, che, come da previsioni, tra una manciata di mesi si approprierà della denominazione tradizionale.Mica facile però mettere in piedi una società competitiva in quattro e quattr'otto, specialmente nel bel mezzo dell'estate. Nonostante ciò, abili si sono rivelati sin da subito i due nuovi timonieri biancoscudati a scegliere i profili più adatti per rilanciare il Padova: Fabrizio De Poli e Carmine Parlato (entrambi ex calciatori biancoscudati) rispettivamente nei ruoli di direttore sportivo ed allenatore. Un tandem vincente ed affiatato che è riuscito ad allestire un gruppo di prim'ordine dopo aver visionato, nel corso del ritiro di Asiago (iniziato il 5 agosto, con grande ritardo rispetto alle concorrenti), circa una sessantina di giocatori. Per giocare nel Padova c'era chi era arrivato dal Brasile, chi dal Venezuela, chi addirittura dalla Nuova Zelanda. Storie curiose, dinamiche di un calcio ancora tutto da scoprire per il pubblico biancoscudato. Un pubblico che, dopo le prime incoraggianti amichevoli pre-stagionali, vide scendere in campo per la prima volta in gare ufficiali la neonata Biancoscudati Padova il 24 agosto contro la Castellana nell'ambito del turno preliminare della Coppa Italia di Serie D. Ed il buon giorno si vide dal mattino: 2-0 il finale, con reti di Daniel Niccolini (uno dei tanti ex giocatori del Pordenone che avevano scelto di seguire mister Parlato nella sua nuova avventura all'ombra del Santo) e di capitan Marco Cunico, ex fantasista del Portogruaro, punta di diamante della nuova compagine biancoscudata. Giocatore, quest'ultimo, capace di sbloccare il punteggio anche sette giorni più tardi, nel successivo match di Coppa Italia, contro la Virtus Vecomp Verona, conclusosi poi anch'esso sul punteggio di 2-0. Due partite, due vittorie. Quattro gol fatti, zero subiti. Niente male come inizio. Ma alla piazza, in tutta onestà, la Coppa Italia non interessava granché. L'obiettivo della stagione era infatti uno solo: la promozione in Lega Pro. Insomma, occorreva iniziare il campionato con il piede giusto anche e soprattutto per non perdere subito terreno prezioso dall'Altovicentino, nuovo sodalizio presieduto dal facoltoso imprenditore vicentino Rino Dalle Rive nato dalla fusione tra il Marano ed il Trissino-Valdagno, indicato dagli addetti ai lavori come principale concorrente-promozione degli uomini di Parlato. Detto fatto: otto vittorie nelle prime otto giornate e conseguimento del prestigioso record di unica squadra a punteggio pieno nei campionati italiani dalla Serie A alla Serie D. Quale il successo più pesante? Senza ombra di dubbio quello ottenuto all'Euganeo al settimo turno di fronte a ben 5729 spettatori contro il Belluno, squadra a sorpresa in quel momento appaiata ai biancoscudati in vetta alla classifica. 1-0 il finale, grazie ad un'autorete di Merli Sala propiziata da una delle classiche scorribande sulla destra di Marco Ilari, tra i migliori in avvio di stagione. Poi però, nel mese di novembre, ecco arrivare l'inevitabile flessione: pareggio beffa all'Euganeo per 1-1 contro la Triestina, con l'ariete alabardato Ivo Bez a siglare su rigore la rete del pareggio ospite in zona-Cesarini (permettendo così all'Altovicentino di agganciare il Padova in vetta alla classifica a quota 25 punti), buon successo esterno per 4-2 sul campo del Giorgione (da ricordare la terza marcatura, quella segnata dal Rulo Ferretti da quarantacinque metri) e soffertissima vittoria per 3-2 al Briamasco di Trento contro il modesto Dro. Non certo un segnale incoraggiante in vista dei due successivi impegni contro le più quotate Clodiense e Sacilese. Ma alla sfida interna contro la compagine granata (in programma in un atipico martedì sera causa incontro della Nazionale italiana di rugby svoltosi all'Euganeo il sabato precedente), i biancoscudati si presentarono con un motivo in più per vincere: il pareggio di due giorni prima dell'Altovicentino sul campo del Fontanafredda. C'era la possibilità di tornare a più due. Missione fallita: squadra poco brillante ed 1-1 finale, con Nichele a rispondere all'iniziale vantaggio ospite realizzato da Mazzetto. Nell'aria dunque timori fondati in vista della trasferta di Sacile, che segnò infatti la prima, seppur immeritata, sconfitta del campionato biancoscudato (la seconda stagionale, dopo quella del 15 ottobre sul campo del Fano che era costata l'eliminazione dalla Coppa Italia). A decidere il match in favore degli uomini di Mauro Zironelli fu il padovano di Camposampiero Dario Sottovia, che al termine del primo tempo realizzò l'unico gol della gara. Non che il Padova non avesse provato a riportare l'incontro sui giusti binari, sia ben chiaro, ma Alessandro Favaro, il giovane estremo difensore biancorosso, si rivelò davvero miracoloso in più di un frangente nello sventare ogni tentativo biancoscudato. E fu una sconfitta che fece doppiamente male, poiché nel frattempo l'Altovicentino aveva ottenuto bottino pieno in casa contro il Belluno terzo in classifica, portandosi così a più tre punti sulla banda-Parlato. Ma il calcio è una ruota che gira, c'è chi scende e c'è chi sale. Alti e bassi, come nella vita. Se dunque per il Padova il mese da dimenticare era stato quello di novembre (soli 8 punti portati a casa su 15), per l'Altovicentino fu quello di dicembre: clamoroso doppio KO per mano di ArziChiampo e Giorgione che costò la panchina a mister Enrico Cunico e che permise al Padova di riportarsi a più tre dopo aver avuto la meglio su Legnago e Kras Repen, seguito poi da un pirotecnico 4-4 maturato sul campo della Clodiense sotto la guida di Loris Bodo, promosso in prima squadra dalla formazione juniores. Se ci aggiungiamo poi un nuovo contemporaneo successo biancoscudato mietuto all'Euganeo contro l'Union Ripa La Fenadora specialmente grazie ad una doppietta del neoarrivato centravanti Salvatore “Savio” Amirante, ecco il Padova godere, prima della sosta natalizia, di ben cinque lunghezze di vantaggio sull'Altovicentino. Mancava ormai solamente una partita al giro di boa del campionato. Eh sì: proprio quella contro la compagine presieduta da Rino Dalle Rive, il quale, dopo il pareggio di Chioggia, aveva scelto di non riconfermare Bodo alla guida della squadra per affidarsi all'ex tecnico della Reggina (nonché ex giocatore del Padova) Diego Zanin.Grande confusione dunque in casa Altovicentino, altrettanto ottimismo in quella biancoscudata. Una vittoria a Valdagno avrebbe significato girare addirittura a più otto punti, traguardo che avrebbe fatto balzare ulteriormente il Padova verso la promozione. Il 4 gennaio, allo Stadio dei Fiori si presentarono in circa 2800 per supportare Cunico e compagni verso quella che poteva rivelarsi una vittoria fondamentale. Poteva. Ma non fu. Tutt'altro: seconda, immeritata sconfitta stagionale, sempre per 1-0, con rete decisiva di Maurizo Peluso, abile ad approfittare alla mezz'ora di gioco di una disattenzione del fino a quel momento sempre affidabile Degrassi. Ma una cosa fu sotto gli occhi di tutti: a fare la partita era stato principalmente il Padova, fermato in fase di finalizzazione solamente dalla sfortuna e dai provvidenziali interventi del portiere di casa Aniello Di Filippo. Non a caso, nel postpartita, Davide Sentinelli fu a dir poco chiaro: “Anche se abbiamo perso, oggi abbiamo dato un segnale forte al campionato: i più forti siamo noi”. D'altra parte, era ciò che diceva anche la classifica, con il Padova ancora in vetta con due punti di vantaggio sugli uomini di Zanin. Ma il primato resse ancora per poco. La domenica successiva, infatti, accadde l'inaspettato: violento tonfo a Mogliano, sul campo dell'Union Pro (squadra agevolmente superata 3-0 all'andata) per 3-2. E questa sì che fu una sconfitta meritata, con i biancoscudati che diedero l'impressione di essersi totalmente adagiati sugli allori del gol dell'1-0 realizzato da Petrilli già dopo 10', e che vennero poi puntualmente puniti passando in svantaggio per 3-1, oltretutto in superiorità numerica. E l'Altovicentino non stette certo a guardare, andando ad ottenere bottino pieno contro il Legnago, sottraendo così nuovamente dalle mani del Padova lo scettro del primo posto. Un Padova che per riprendere a correre dopo i due schiaffi appena rimediati non avrebbe dunque dovuto steccare il successivo incontro in casa contro il Montebelluna. Come andò a finire? Beh, lo ricordiamo tutti: vittoria al cardiopalma, con il centrocampista afgano-svedese Mattin a siglare, non senza una indifferente dose di buona sorte (termine molto più esplicito utilizzò nel postpartita senza peli sulla lingua il diretto interessato…), la rete del definitivo 2-1 all'ultimo istante di gioco, al 94', dopo che il Padova aveva visto gli ospiti portarsi sull'1-1 solamente tre minuti prima. Insomma, vittoria sì, ma non certo esaltante. “Calo di forma preventivato, dati i carichi di lavoro imposti ai giocatori nel corso della pausa natalizia per farli rendere al massimo in primavera”, rassicurarono i collaboratori di mister Parlato. Ad ogni modo, per fortuna, sette giorni più tardi il Padova avrebbe dovuto fare visita, allo stadio Quercia di Rovereto, all'ormai già spacciato Mori Santo Stefano, penultimo in classifica con soli 8 punti all'attivo. Ed il risultato finale parlò da sé: 6-2, ovviamente in favore dei biancoscudati, con doppietta di Amirante e reti di Sentinelli, Petrilli, Zubin ed Aperi. Nel frattempo, a Valdagno, era accaduto l'impensabile: l'Altovicentino si era dovuto clamorosamente arrendere al modesto Kras Repen per 1-0. Sì, era un nuovo sorpasso in vetta. L'ultimo. Quello che si sarebbe rivelato decisivo. La riconquista del primato ed il roboante successo di Rovereto non avevano infatti fatto altro che caricare a mille le gambe ed il morale degli uomini di Parlato, che non si fermarono praticamente più fino alla conquista, nella giornata di ieri, della matematica promozione in Lega Pro. Di lì in poi, infatti, ecco arrivare altre quattro vittorie consecutive ottenute su Tamai, Mezzocorona, Fontanafredda e Belluno, prima dello 0-0 maturato in casa contro l'arcigno ArziChiampo. Un pareggio però pressoché indolore, poiché fece passare il Padova da più dieci a più otto punti sull'Altovicentino, che nel frattempo aveva fatto una gran fatica a riprendersi dal KO contro il Kras Repen andando a perdere nelle settimane successive contro Sacilese e Triestina ed a pareggiare sul campo dell'Union Ripa La Fenadora. E così, dopo quattro giornate a punteggio pieno da parte delle due contendenti, a conferire ai biancoscudati la quasi certezza della promozione, ci ha pensato il trentesimo turno, quello disputatosi otto giorni fa, che ha visto il Padova superare all'Euganeo per 1-0 l'ottima Sacilese e l'Altovicentino cadere per 3-0 al Polisportivo di Belluno. Per la fatidica “matematica” mancava quindi un solo, piccolo, ultimo passo, sul campo del Legnago. Sì, insomma, cronaca di queste ore. Cronaca di un ennesimo successo biancoscudato (il venticinquesimo stagionale, record nella storia della società) e di una festa, quella svoltasi a Legnago prima ed in Piazza delle Erbe poi, le cui istantanee sono ancora ben impresse nei nostri occhi, nella nostra mente. E lo saranno a lungo.Perché quella di ieri non è stata solamente una mera promozione dalla Serie D alla Lega Pro. E' stata una dimostrazione di orgoglio, il compiersi di un riscatto da parte di un Biancoscudo oggi autorizzato a volgersi al futuro con sguardo sereno, all'alba di una nuova avventura.Perché, come diceva Jim Morrison: “Nessuna notte è tanto buia da impedire al sole di risorgere”.
rubriche
L’ultimo amarcord, la storia più bella
Con la promozione del Padova in Lega Pro, si conclude dopo sessantaquattro puntate la nostra rubrica storica "Lunedì Amarcord". Un ringraziamento a tutti i lettori che ci hanno seguito con affetto.
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