rubriche

Le due fusioni nella storia del Padova: 1928-Tita Fumei, 2001-Cittadella

Le due fusioni nella storia del Padova: 1928-Tita Fumei, 2001-Cittadella - immagine 1
Flash dal passato: momenti di storia biancoscudata nella nostra rubrica del lunedì
Alessandro Vinci

1928 e 2001, anni di fusioni per il Calcio Padova, una andata a buon fine ed una mancata. Mentre della seconda, col Cittadella, se ne ricordano in molti, quella del 1928 con la Tita Fumei è rimasta in penombra. La Tita Fumei era una società sportiva padovana di matrice fascista, che, non a caso, prende il nome da Tito Fumei, giovane squadrista padovano morto nel 1921 durante una scorribanda a Cittadella. Nei suoi primi anni di attività, la Tita Fumei militava nel campionato regionale di Terza Divisione (la Serie C dell'epoca, per intenderci), disputando le proprie gare casalinghe al “Belzoni”, campo utilizzato dal Padova sino al 1916. Nel 1925, il Gruppo Fascista Tita Fumei, che gestiva l'attività dell'omonima squadra di calcio, ingloba anche il Petrarca, senza però fondere effettivamente le due compagini. Nella stagione 1925-1926 però, la Tita Fumei ottiene la promozione in Seconda Divisione e decide di trasformare il proprio nome in Gruppo Calcistico Petrarca-Fumei, saccheggiando la squadra bianconera (retrocessa in Terza Divisione) dei suoi migliori giocatori, senza però, ancora una volta, realizzare una vera e propria fusione. Ma il “vero” Petrarca non ci sta e nel gennaio del 1927 si affranca dal Gruppo Fascista Tita Fumei, che, rendendosi presto conto di non poter più camminare sulle proprie gambe, si mette alla ricerca di un nuovo “partner”. Durante l'estate del 1928, il presidente del Padova Demetrio Mattioli riceve un'offerta che non può rifiutare: pur di cessare la propria attività a causa di ristrettezze economiche, la Tita Fumei chiede di fondersi con la società biancoscudata, mettendo a disposizione della squadra di Burgess, oltre ai calciatori, anche il proprio nuovissimo stadio, l'attuale Colbachini. Il tutto mantenendo invariati colori sociali e quant'altro. Il 26 luglio il sodalizio viene reso ufficiale e dalla ormai defunta Tita Fumei arrivano gli attaccanti Gastone Prendato e Mario Canevari. Il 31 agosto poi, viene confermato l'abbandono dell'Appiani in favore del nuovo impianto dell'Arcella, i cui lavori di edificazione sarebbero stati completati solamente l'anno successivo, per cui il trasferimento sarebbe avvenuto a partire dalla stagione seguente (cosa che, fortunatamente, non accadde). Se dunque della fusione biancoscudata con la Tita Fumei non rimase praticamente traccia, non si può dire lo stesso di quella (mancata) con il Cittadella, imbastita dalle due società nel giugno del 2001. La situazione era paradossale: il piccolo -ma spettacolare- Cittadella di Glerean aveva appena ottenuto la salvezza nel primo campionato di Serie B della sua storia, mentre il Padova era riuscito a riemergere dalla provincialità della C2. Ma a caro prezzo. Nonostante le smentite di rito, le casse della società biancoscudata non godevano infatti di buona salute. Erano stati troppo elevati i costi della gestione-Mazzocco per tornare in C1. Ecco dunque che Piergiorgio Gabrielli, presidente della società granata (che durante la stagione aveva cambiato il nome ufficiale da Cittadella a Cittadella-Padova, lasciando intuire una qualche volontà di “espandersi”), propone a Mazzocco una fusione tra le due compagini, che avrebbe condotto alla  formazione di un “nuovo” Calcio Padova che avrebbe preso il posto del Cittadella in Serie B. Mazzocco, da buon imprenditore, valuta i pro e i contro. C'è la possibilità di tornare, seppur con un escamotage, in Serie B, trovando inoltre nuovi soci pronti a risanare le disastrate casse societarie. Ma una fusione avrebbe comportato una fortissima “spersonalizzazione” del biancoscudo, la creazione di un prodotto ibrido con una storia tutta da scrivere. Mazzocco tentenna, si consulta con i suoi soci, primo fra tutti Marcello Cestaro, ma alla fine la risposta è affermativa: che la fusione abbia inizio. Le due società lavorano fin da subito per preparare la stagione successiva, in attesa dell'ufficialità. Come allenatore viene confermato Glerean e si inizia a progettare lo sfoltimento della “super rosa”, che, in seguito all'unione di Padova e Cittadella, sarebbe arrivata a comprendere  un totale di 55 giocatori. L'affare sembra destinato ad andare in porto senza grossi intoppi, ma non appena la notizia si diffonde anche fra i tifosi delle due squadre, inizia una vera e propria rivolta. Il messaggio delle due tifoserie è chiaro: il matrimonio non s'ha da fare. Né domani, né mai. I toni sono fin da subito intimidatori e raggiungono il loro apice il 16 giugno, quando, in pieno pomeriggio, vengono infranti i vetri della sede del Cittadella e viene lanciata una bottiglia di liquido infiammabile contro il portone d'ingresso. Il tutto condito da graffiti anti-fusione. Le società fanno dietrofront. Due giorni più tardi il presidente granata Gabrielli dichiara in una lettera aperta di aver rinunciato al progetto, adducendo come causa principale del fallimento dell'operazione le “reazioni della piazza”, ma c'è chi parla anche di un bilancio biancoscudato troppo deficitario per le casse del Cittadella. Ad ogni modo, si continua da soli, per la gioia dei tifosi. Come andò a finire? Gli uomini di Glerean non riuscirono a ripetere le imprese degli anni precedenti e tornarono in C1, mentre il Padova, dopo aver concluso la propria stagione nell'anonimato del centro-classifica, cambiò presidente: nella stanza dei bottoni al posto di Mazzocco, che voleva liberarsi dai debiti, subentrò il suo socio forte, Marcello Cestaro,  nella stagione precedente additato dai tifosi come principale sostenitore della poi sventata fusione con il Cittadella. Un rapporto iniziato dunque col piede sbagliato, ma il Cavaliere non impiegherà molto tempo per entrare nel cuore dei tifosi biancoscudati. Speriamo che la storia si ripeta anche in questa stagione con il suo successore al timone del Calcio Padova... Sai mai i corsi e i ricorsi storici...