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OLTRE i 90′ | La maglia di Montrone come talismano

OLTRE i 90′ | La maglia di Montrone come talismano

A spasso tra i ricordi di un giovane tifoso degli anni '90

Giacomo Stecca

Angelo Montrone è un nome che, per chi tifa Padova, significa davvero molto. L’attaccante pugliese ha lottato per la maglia biancoscudata come pochi altri giocatori nella storia del calcio patavino, e risulta assai strano non abbia fatto parte della rosa di atleti che partecipò agli ultimi due campionati disputati nella massima serie dalla società di via Sorio.

La prima volta che io lo “vidi” coincise, neanche a farlo apposta, proprio con l’anno della prima stagione in serie A dopo trentadue anni. ll 1994. Dicembre per la precisione. Ero a scuola e, durante la ricreazione, la maestra Antonella, una delle mie insegnanti delle elementari, domandò a noi alunni della sua classe, chi fosse tifoso del Padova. Io alzai subito la mano per palesare la mia fede verso la squadra della mia città. Con me ci furono altri quattro ragazzi che esternarono la loro passione per il Biancoscudo e qualche giorno dopo vennero ricompensati. Assieme al sottoscritto, ovviamente.

Le coincidenze, quelle belle.

La cartolina regalataci era molto simile a una figurina Panini in formato gigante. Nella parte frontale, plastificata, si vedeva un ragazzo dai capelli ricci e neri, immortalato a mezzo busto con indosso una maglia bianca. Sul lato sinistro della divisa, poggiato sul cuore appariva lo stemma con lo Scudo, dalla parte opposta lo sponsor tecnico, Lotto, ricamato in rosso, e poco sotto, in azzurro, il logo inconfondibile dello sponsor ufficiale, l’acqua Vera.

La grafica nel retro era tale e quale a quella di una comune cartolina, ma c’era una cosa che la rendeva speciale agli occhi di noi ragazzini di terza elementare: l’autografo con dedica personalizzata per ciascuno di noi. La mia recitava: “A Giacomo, nuovo tifoso padovano, con affetto e simpatia, Angelo Montrone”

Quella reliquia sportiva finì subito sul comodino di camera mia, essendo il primo autografo che ricevetti da un giocatore della squadra della mia città. Infatti, anche se nel campionato in corso Montrone non vestiva i colori biancoscudati, perché ceduto in prestito fino a fine stagione al Pescara, il suo cartellino era ancora della nostra società. Il giocatore originario di Bari era stato, solo un anno prima, parte integrante della promozione in A del Padova, giocando 18 match e segnando 3 goal, e tutt’ora rimane un mistero il motivo per cui la società non gli diede la possibilità di affacciarsi al palcoscenico della massima serie, dato che se l’era guadagnato, con merito, sul campo.

Comunque, dopo aver ricevuto la cartolina in regalo dalla maestra Antonella incominciai ad appassionarmi alle gesta sportive di quell’attaccante piccolo e magro tanto da seguirlo, grazie ai servizi del mitico Guerin Sportivo, sia nelle file del Pescara, che in quelle della Pistoiese.

L’unica nota positiva che riuscii a trovare all’inizio del campionato 1996/97, il primo del Padova in B da quando lo seguivo, fu proprio il ritorno di Angelo Montrone nella città del Santo.

Ricordo in maniera nitida che, una mattina durante le mie classiche vacanze estive a Lignano Sabbiadoro, sfogliando, in spiaggia, la pagina del calciomercato della Gazzetta dello Sport, lessi il nome del calciatore barese tra gli acquistati scudati (fine prestito, per la precisione) e pensai subito a quando sarei rientrato in città e avrei potuto vederlo giocare dal vivo allo stadio Euganeo, finalmente con i nostri colori addosso. Ai primi di Settembre, tornato a casa dalla località balneare friulana, la prima cosa che feci fu quella di obbligare mia madre ad accompagnarmi da “Non Solo Sport”, il negozio padovano più fornito in fatto di materiale calcistico-sportivo.

Ogni volta che entravo nello stabile di Via Venezia 42, mi sembrava di varcare le porte del Paradiso. Da quando mi ero appassionato al mondo del pallone, qualche anno addietro, le maglie dei giocatori erano diventate per me quasi un’ossessione tanto che potevo già disporre di diverse decine di “pezzi” interessanti nella mia collezione personale. “Non Solo Sport” era, all’epoca, uno dei miei negozi preferiti perchè oltre ad avere le divise delle squadre italiane e straniere più forti del momento come Milan, Juventus, Barcellona e Machester United; dava spazio anche alle casacche di franchigie meno famose. Entrare lì per me significava fare il “giro del mondo in ottanta maglie” e adoravo perdermi tra quegli appendiabiti colmi di tessuti colorati, toccando e annusando le divise di team nord-europei come Celtics e Rangers o come quelle più esotiche e cangianti di Boca Juniors e River Plate. Oltre ad avere i kit da gara di squadre da ogni parte del mondo, “Non Solo Sport” era anche il rivenditore della maglia ufficiale del Calcio Padova e se si voleva acquistare la divisa della formazione della propria città quello era il posto giusto.

Entrato con mia madre nello store, corsi, trascinandola con me, verso la cassa posta in fondo al locale, perché sapevo già di trovarci quello che mi interessava di più. Era il secondo anno in cui in Italia sul retro delle magliette comparivano nomi e numeri dei giocatori e Mauro, uno dei commessi del negozio sportivo, aveva proprio lì in cassa il macchinario per creare le personalizzazioni. Angelo Montrone, in estate, di ritorno dall’avventura con la Pistoiese (8 goal in 36 gare), scelse di mettersi il “quindici” sulle spalle e io quel giorno decisi di farmi apporre lo stesso numero rosso sulla divisa bianca marchiata Diadora e Millionaire Market.

La maglia di Montrone acquisì, per me, lo status di talismano e la indossai in tutte le partite che andai a vedere allo stadio in quella stagione, facendola diventare quasi come una seconda pelle domenicale. Sfortunatamente non fu un grande campionato, il Padova infatti alla fine del girone di ritorno arrivò solo undicesimo, ma un occasione in cui la casacca portò fortuna più di altre ci fu: la gara col Venezia del 22 settembre 1996. In quell’occasione vincemmo il derby giocato in casa contro gli Arancioneroverdi, proprio grazie a una fantastica doppietta del numero quindici scudato, che ci portò in vantaggio prima al sedicesimo minuto del primo tempo e poi, dopo il pareggio acciuffato dai lagunari al cinquantasettesimo con la rete di Benetti, fece esplodere tutto l’Euganeo, a un quarto d’ora dal fischio finale dell’arbitro Pairetto, siglando il definitivo 2 a 1.

Era solo la terza giornata della competizione cadetta e quella domenica Montrone, con i suoi due goal, oltre a sconfiggere il Venezia, fece sognare me e molti altri tifosi seduti sugli spalti, di poter tornare presto a vedere match contro squadre blasonate come quelle ammirate negli anni precedenti in serie A, magari stavolta proprio con lui in campo.

Col senno di poi, tutti sappiamo che non andò così, ma il bello del calcio è anche quello di far sognare i tifosi a occhi aperti e in quella Domenica autunnale Angelo riuscì nell’impresa.

Purtroppo gli anni passano per tutti e nel campionato 1997/98 Montrone, a trentuno anni e dopo aver segnato solo una rete che non servì a salvare il Padova di Mister Colautti da una incredibile quanto dolorosa retrocessione in serie C, diede l’addio alla città che lo aveva adottato quando era ancora un ragazzino, quattordici anni prima.

Mi spiace solo, per cause anagrafiche, non essere riuscito a vederlo all’apice della sua carriera, quando all’Appiani tra il 1991 e il 1994 seminava il panico nelle difese avversarie e faceva esultare come matti i tifosi della Curva Nord. Nonostante ciò rimarrà comunque uno dei giocatori biancoscudati da me più amati e tifati in tutti gli anni vissuti allo Stadio.

Quella cartolina autografata assieme alla maglia con il numero quindici stampato sulla schiena, sono due ricordi felici della mia infanzia che non scorderò mai.