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OLTRE i 90′ | Partita d’altri tempi, questo derby è già storia

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Diario di un nostalgico tifoso degli anni '90
Giacomo Stecca
Giacomo Stecca Redattore 

È domenica. Sono quasi le tre del pomeriggio. L’idea sarebbe quella di coricarsi a letto e fare un bel riposino prima del derby, ma chi ci riesce a dormire? Il cuore batte già forte e le mani sudano copiosamente. Il Padova, tra qualche minuto, si gioca buona parte delle speranze di un ritorno in serie B, in un duello all’ultimo sangue contro il Vicenza, e io sono qui, inchiodato a casa. Non sono riuscito a organizzare in tempo la trasferta per andare allo stadio Menti e la cosa mi pesa molto! Non ce la faccio a stare fermo nel letto, quindi indosso le mie Adidas da running, prendo l‘iPhone, le cuffiette, sintonizzo sulla diretta del match e esco di casa. Quindici/sedici chilometri per allentare la tensione dovrebbero essere più che sufficienti!

Il fischio d’inizio arriva mentre sto cominciando a “far andare” le gambe. Respiro profondamente, muovo passi corti e regolari. “Dai, cerchiamo di fare un buon primo tempo”, sussurro a bassa voce, ma dopo neanche mezz’ora di corsa arriva la prima pugnalata: “GOOOOAAAAL DEL VICENZA! SEGNA FRANCO FERRARI!”


Mi fermo di scatto. Mi chino appoggiando entrambe le mani sulle ginocchia come se il goal biancorosso avesse tagliato le gambe pure a me. Lo sapevo che sarebbe stata una partita dura ma non credevo così tanto! Riparto, e ora corro con rabbia. La gara racconta di un Padova che si è scosso e ci prova, ma senza sfondare. Il Vicenza controlla, si chiude, non lascia il fianco ai Biancoscudati. Io aumento il ritmo. Metro dopo metro, la tensione cresce.

Arrivo a sfiorare il dodicesimo chilometro, mentre, in quel di Vicenza, sembra non cambiare nulla. C’è solo una ghiotta occasione, all’inizio del secondo tempo, per i ragazzi di Andreoletti: Bortolussi, riceve una palla magistralmente scucchiaiata da Varas, ma calcia malissimo a lato, divorandosi un’opportunità clamorosa.

Quando l’arbitro decreta i cinque minuti di recupero percepisco i titoli di coda. Sono a pezzi. Non per il chilometraggio sulle gambe, ma per l’eventualità di un imminente sorpasso in cima alla classifica da parte dei cugini biancorossi e per il fantasma di un altro anno nell’inferno della serie C. Il mio telefono segna il raggiungimento dell’obiettivo di corsa giornaliero. “Dai, torniamo a casa,” mi dico. Mi sto già togliendo gli auricolari quando sento la voce del telecronista cambiare di tono. Si accende e grida: “Attenzione! Ultimo assalto del Padova…Buonaiuto mette un bel pallone su secondo palo…Capelli per Valente… Cross per Spagnoli… deviazione… SPAGNOLI!!! GOOOOAAAAL! GOOOOOOOAAAAAAL!”

Non capisco più niente. Mi blocco di colpo per non essere investito da un’automobile. Il conducente mi manda a quel paese. Ha ragione perché mi sono quasi lanciato in strada. Ma chi se ne frega! Urlo di gioia, come un pazzo, con i pugni al cielo.

E il bomber Spagnoli? È impazzito pure lui. Corre e si fa tutto il campo, dritto verso la curva patavina, inseguito da tutti i suoi compagni in maglia nera (panchina compresa). Il Menti, che fino a un secondo prima era una bolgia, ora è un cimitero. I vicentini ammutoliti, increduli, con le mani tra i capelli, si guardano intorno, senza parole, mentre la nostra tifoseria esplode di gioia. Spagnoli si arrampica su un cartellone pubblicitario, urla con i nostri supporters, si batte il petto con la forza di chi sa di aver scritto una piccola parte di storia Scudata.

Riparto a correre anche io, ma ora la corsa non mi serve a fuggire dalla tensione. Ora corro di gioia come Alberto Spagnoli. Le gambe bruciano, il fiato manca, ma non sento niente. Ho ancora la voce del radiocronista nelle orecchie, la sua esultanza che rimbomba nei polmoni.

Dall’inferno al paradiso, in un solo secondo. Questo è il calcio!

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