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OLTRE i 90′ | Quell’estate piena di voglia di riscatto con Walter Zenga

OLTRE i 90′ | Quell’estate piena di voglia di riscatto con Walter Zenga

A spasso tra i ricordi di un giovane tifoso degli anni ’90

Giacomo Stecca

In Friuli Venezia Giulia c’è un’isola felice dentro una penisola: Lignano Sabbiadoro. Leggenda vuole che quando nei comuni limitrofi (Marano Lagunare, Latisana…) piove a dirotto in quel di Lignano splenda sempre il sole.

Ho cominciato a frequentare questa ridente cittadina, posta sul Mare Adriatico, durante le vacanze estive da piccolo, con i miei nonni. Ed è proprio lì e con loro, più precisamente con mio nonno Norberto, che a otto anni mi sono avvicinato al mondo del pallone.

Era l’estate del 1994 e l’Italia del CT Arrigo Sacchi era partita a rilento nel campionato mondiale a stelle e strisce ma stava iniziando ad ingranare la marcia giusta. Il match che ricordo come il primo visto in tutta la mia vita fu niente meno che Italia-Nigeria del 5 Luglio.

Mio nonno mi aveva portato in un bar vicino alla suggestiva Piazza Fontana, mentre lui sorseggiava un Tocai Friulano (all’epoca si chiamava ancora così) e io un frappè alla banana assistemmo ad una delle partite più emozionanti nella storia della nostra nazionale. Ricordo che a due minuti dal triplice fischio di fine gara sembrava che l’Italia dovesse abbandonare quel mondiale già agli ottavi. Molte persone si stavano alzando dai tavolini del bar per tornare verso la spiaggia, poi a un certo punto in quel del Foxboro Stadium si destò un tale che portava il nome di Roberto Baggio ed il resto è tuttora indelebilmente scritto negli almanacchi Panini.

Quell’estate grazie alla cavalcata del Divin Codino e degli Azzurri (che purtroppo non terminò come tutti gli italiani sognavano) cominciai ad appassionarmi al calcio e tornato a casa dalle vacanze scoprii di avere un’immensa fortuna: la squadra della mia città, Padova, proprio qualche mese prima si era conquistata il diritto e l’onore di giocare in serie A. Un palcoscenico da sogno. Nei due anni successivi ebbi la possibilità di vedere molte partite della massima serie, assistere a giocate di grandissimi campioni, vivere emozioni incredibili, poi purtroppo arrivò il 5 Maggio 1996: Padova-Cagliari.

Ultima partita in casa della stagione e penultima gara in serie A dei Biancoscudati che dopo due anni nella categoria regina se ne tornavano in serie B da ultima in classifica.

Ricordo quella Domenica allo stadio Euganeo. Nonostante la vittoria per 2 a 1 contro i sardi (Goal di Vlaovic e Serao per noi, e rete del futuro biancoscudato Lantignotti per il Cagliari) e nonostante la retrocessione nella serie dei cadetti fosse già scritta da tempo io piansi come fossi un bambino. Beh, effettivamente lo ero.

Anche quell’estate, l’estate dei miei dieci anni, partii per Lignano con i miei nonni. La mattina presto andavo sempre a comprare la Gazzetta dello Sport in un’edicola del centro di proprietà di una signora molto simile come fattezze alla giunonica tabaccaia di Amarcord, e di suo marito, un signore piccolino e pelato di nome Franco, che tifava Udinese. Lignano Sabbiadoro si trova in provincia di Udine quindi la maggioranza dei residenti tifa ed ha sempre tifato per la squadra bianconera. Franco aveva appreso dai miei nonni il mio tifo per il Biancoscudo e quotidianamente mi ricordava ridacchiando il fatto che il Padova fosse retrocesso in serie B e che nella stagione passata l’Udinese ci avesse battuto sia all’andata che al ritorno. In realtà penso volesse risultarmi simpatico ma non ci riusciva per niente.

Una mattina però, Franco non mi sbeffeggiò come al solito, anzi sembrava piuttosto mogio. Aprii la Rosea e guardando quella splendida griglia anni ‘90 che rappresentava il tabellone del calciomercato, alla voce acquisti del Calcio Padova, vidi Walter Zenga. Sorrisi beffardo a Franco, pagai la Gazzetta, uscii dal negozio lasciandomi alle spalle quel profumo di giornali mescolato a quello della plastica dei materassini da mare e dei palloni “super-tele” e corsi a casa da mio nonno a fargli leggere la notizia. Anche lui rimase a bocca aperta, poi a pranzo accendendo la televisione trovammo ulteriori conferme a quella voce estiva di mercato.Il portierone milanese aveva accettato di scendere in serie B grazie all’amicizia che lo legava al nuovo proprietario del Padova, il brianzolo Cesare Viganò, ex vicepresidente dell’Inter. Tutto questo per cercare di riportare subito il Padova nella categoria superiore.

 Walter Zenga

Walter Zenga

Walter Zenga era stato il portiere della nostra Nazionale dal 1986 (il mio anno di nascita) al 1992. Aveva vinto con l’Inter uno Scudetto (quello dei Record), due coppe Uefa e una Supercoppa Uefa. A livello individuale era stato eletto portiere dell’anno IFFHS per tre volte consecutive. Insomma era una vera e propria leggenda vivente. Ok, non era più giovanissimo ma il fatto che un giocatore del suo calibro decidesse di venire a Padova in serie B per cercare subito di riportare la squadra nella massima serie era per tutti noi padovani motivo di orgoglio. I tifosi impazzirono subito per lui, e come appresi dal telegiornale il giorno dopo, alla sua presentazione fu preso d’assalto dai fans che lo idolatravano e volevano una fotografia o semplicemente un autografo.

Autografo che volevo anche io. Quel weekend quando mio padre venne come tutti i fine settimana a trovarci al mare non lo feci neppure scendere dalla macchina e gli chiesi quasi implorandolo di portarmi a vedere il ritiro del Padova ad Agosto.

“Ho altra scelta?” Sospirò.

Qualche settimana dopo eravamo in un comune di mille abitanti circa dal nome Canale di Agordo. Mio padre nel tragitto dalla nostra casa di Cortina al ritiro mi spiegò che quel piccolo paese che prima si chiamava Forno di Canale era stato il luogo dove era nato Papa Giovanni Paolo I, uno sfortunato Pontefice rimasto in carica solamente 33 giorni prima di morire a causa di un presunto infarto miocardico, ma io non lo ascoltai molto. Avevo in mente altro. Non vedevo l’ora di ammirare quel nuovo Calcio Padova che stava nascendo e prometteva molto bene.

Oltre al super acquisto di Walter Zenga (diventato anche il volto della nuova campagna abbonamenti) difatti la nuova proprietà aveva ingaggiato giocatori molto importanti come il difensore ex Lazio Cristiano Bergodi, il sopracitato ex cagliaritano Christian Lantignotti, Gianluca Ricci reduce da un ottima stagione a Bari e, come ciliegina sulla torta, il bomber livornese Cristiano Lucarelli. Era stata davvero una signora campagna acquisti e le premesse per fare bene c’erano tutte, in più quando varcai le porte del centro sportivo dove si allenavano i miei eroi notai come anche il clima attorno alla squadra fosse incredibile. Avvicinandomi sempre più al campo vidi quei mitici fumogeni bianco e rossi, ammirati qualche anno addietro alla mia prima presenza allo stadio, colorare il cielo sopra al campo di allenamento, i tifosi in festa che ridevano, cantavano e bevevano birra, e molti curiosi del posto accorsi appositamente per vedere Zenga.

 Autografi di quell'estate

Autografi di quell'estate

In attesa dell’agognato autografo mi attaccai alla rete dietro la porta dell’Uomo Ragno (o Deltaplano come veniva chiamato da Gianni Brera), il quale con in testa il suo mitico cappellino con la visiera si stava allenando a parare le punizioni dei compagni. Non si tuffava. Volava letteralmente. Altro che 36 anni, sembrava un giovincello. Finchè gli attaccanti tentavano invano di segnargli un goal, accanto a me i tifosi cominciarono a intonare un coro da stadio. Purtroppo il tempo mi ha fatto dimenticare le parole goliardiche usate dai supporters patavini, ma la melodia la ricordo chiaramente ancora oggi che sono passati 24 anni: era Guajira Guantanamera, canzone popolare cubana, qualche anno più tardi ri-arrangiata anche da Zucchero. Come ricordo le note romantiche e allegre di quella canzone, ricordo anche la sensazione di serenità e felicità provata in quel momento. La felicità che ti può dare solo il calcio. La felicità di essere con tuo papà in un paese sperduto circondato da vette dolomitiche, accanto a sconosciuti festanti che cantano una melodia cubana con parole del dialetto veneto, mentre tu, sornione, guardi volare un “deltaplano”.

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