Sabato il Padova ha demolito il Lanciano all'Euganeo per 5-1, riaccendendo prepotentemente le proprie speranze di permanenza in Serie B. Non si placa però – e lo dimostrano i cori della Fattori – la protesta nei confronti del presidente Diego Penocchio. Il malcontento (per usare un eufemismo) dei tifosi nei suoi confronti è palpabile e sono già in molti ad intimargli di lasciare la città del Santo al termine della stagione, paragonando il suo operato a quello di Cesarino Viganò, presidente biancoscudato per quattro anni, dal 1996 al 2000, durante i quali collezionò tre retrocessioni (due e mezzo, per la verità, dato che quella in Serie B del 1996 giunse a sole cinque settimane dal suo arrivo al timone della società biancoscudata, datato 15 marzo, e dunque non certo imputabile a lui), facendo precipitare il Padova dalla Serie A alla Serie C2. Quasi nessuno però, in queste settimane, ha fatto il nome di Giuseppe “Giussy” Farina, altro presidente biancoscudato dal “curriculum sportivo” – giusto per usare un termine tanto caro all'attuale numero uno di Viale Nereo Rocco – tutt'altro che roseo, non tanto per il numero di retrocessioni collezionate (solo una), quanto per il disinteresse dimostrato verso le sorti della squadra, considerata alla stregua di una succursale, di una squadra satellite del suo Vicenza.Tutto inizia nell'estate del 1975, quando Marino Boldrin, presidente del Padova, sta cercando di cedere la società dopo anni di risultati mediocri, pesanti contestazioni e trattative fallite. Questa però sembra la volta buona. Ed è lo stesso Boldrin a comunicarlo, il 26 giugno, annunciando al sindaco Ettore Bentsik la probabile cessione della società biancoscudata ad una cordata che fa capo all'imprenditore Giuseppe Farina, presidente del Vicenza all'epoca appena retrocesso in Serie B, oltre che proprietario di varie società-satellite dei berici come Valdagno, Legnago, Schio e Rovigo, alle quali, per la disperazione dei tifosi, sembrava dunque in procinto di aggiungersi anche il Padova.L'ufficialità dell'affare non tarda ad arrivare: una settimana più tardi, infatti, alla trattoria “Pellanda” di Gambellara, paese natale di Farina, Boldrin cede il Padova a Giambattista Pastorello, ex presidente del Rovereto, uomo di fiducia dell'imprenditore vicentino e titolare della “Dolomiti Sas-Acque Gassate”, che dopo l'incontro dichiara: “Il Presidente del Vicenza Giuseppe Farina con il Padova non c'entra nulla; da oggi il padrone sono io”. In pochi gli credono. Anzi, nessuno. I tifosi sono in tumulto, Boldrin tenta il dietrofront ma ormai è troppo tardi. Era stato firmato un preliminare di acquisto della maggioranza delle azioni del Calcio Padova, ormai dunque in mano a Giussy Farina ed ai suoi uomini. Costo totale dell'operazione: 393 milioni di lire.Il 10 luglio viene comunicato il nuovo organigramma societario: il nuovo presidente, a sorpresa, risponderà al nome Piero Augusto Della Grana, altro uomo di fiducia di Farina, mentre Pastorello ricoprirà ufficialmente il ruolo di direttore sportivo, ma risulterà in realtà il factotum della società. Intanto, con un comunicato stampa, Farina prova a convincere i tifosi biancoscudati della propria estraneità nei confronti del Calcio Padova: “Non c'entro nulla, ho soltanto dato una mano a Della Grana e a Pastorello. Diffido chiunque dal legare il mio nome a questa vicenda. Il mio compito è già finito”. Sarà. Ma le cessioni al Vicenza di Mario Furlan e del giovane Gianni Bottaro ufficializzate due giorni più tardi cancellano ogni dubbio: il Padova è ormai in balìa di Farina. Per sostituirli, dalla “Lane” arrivano Roberto De Petri e, ad ottobre, nel mercato di riparazione, Attilio Berti (entrambe seconde scelte del club berico). In attacco, poi, approda all'ombra del Santo dal Napoli l'eccentrico Ezio Vendrame, vecchia conoscenza di Farina al Vicenza, e rientra dal prestito al Legnago Adriano Manservigi. Nel frattempo, giunge una notizia a scaldare l'ambiente, assopito da anni di mesta militanza in Serie C: Nereo Rocco è sul punto di tornare all'Appiani in veste di direttore tecnico, cosa che puntualmente avviene il 7 settembre, quando il Paròn siede sulle tribune dell'impianto di Via Carducci per assistere con i nuovi panni dirigenziali alla gara di Coppa Italia dei biancoscudati contro l'Union Clodia Sottomarina, terminata sul punteggio di 2-2. Dieci giorni più tardi, però, Gianni Rivera, entrato in possesso del Milan, lo richiama in rossonero per ricoprire il medesimo incarico, offerta che il triestino non può rifiutare e che fa tramontare, praticamente prima di iniziare, il sogno di un nuovo Padova targato Rocco.Così la società si ritrova abbandonata alle sue problematiche, in primis quella relativa agli stipendi dei calciatori, alcuni dei quali si rifiutano addirittura di giocare per protestare contro la nuova proprietà che, lo si capisce sin da subito, di soldi non ha voglia di tirarne fuori, almeno a queste latitudini. Ad ogni modo, a sciopero rientrato, il 14 settembre il Padova esordisce con una vittoria nel campionato di Serie C 1975-1976, in casa contro la Cremonese. In panchina, il nuovo allenatore è Eros Beraldo, nella stagione precedente alla guida del Belluno, come già detto, società controllata da Farina. Dieci giorni più tardi, altro colpo di scena: Piero Augusto Della Grana passa la mano e nomina amministratore unico della società biancoscudata suo cugino Giancarlo, oltre a ribadire che Farina è solo un amico che gli sta dando una mano. Nel mercato di riparazione autunnale poi, altra pesante partenza verso Vicenza: quella di Pippo Filippi, che pochi giorni prima del trasferimento dichiara: “Sarò anche matto, ma questo ambiente non mi piace, voglio andarmene”. In cambio, dalla città del Palladio (che, tra l'altro, era padovano), arriva il centravanti Walter Ballarin, che di lì a fine campionato metterà a segno ben 15 reti. Un campionato che gli uomini di Beraldo concluderanno al dodicesimo posto in classifica, con il buon rendimento fatto registrare tra le mura amiche dell'Appiani a compensare croniche difficoltà accusate lungo tutto l'arco della stagione in trasferta.Copione che si ripete anche la stagione successiva (durante la quale Pastorello assume la presidenza) tra scioperi di calciatori, contestazioni dei tifosi e nuovi scambi di mercato con le altre società di Farina, sotto la guida di Marino Bergamasco prima e di Toni Pin poi, con un undicesimo posto finale specchio di un movimento calcistico senza più un'anima, che ormai da sei stagioni consecutive occupa le zone centrali delle classifiche di Serie C. Per fortuna, a movimentare l'ambiente ci pensa con le sue stravaganze Ezio Vendrame, indiscusso idolo della tifoseria. Quantomeno fino a quando Farina non decide di trasferirlo, nel corso dell'estate del '77, alla sua nuova controllata, l'Audace San Michele Extra neopromossa in C, al pari di Bottaro, Cecco, Scalabrin e Cenzato. Un vero e proprio esodo. Ma i partenti sono anche molti altri tra cui bomber Ballarin, Rottoli, Freddi, Mocellin, Tripepi, Galli e Moruzzi, sostituiti dai vari Lesca, Scarpa, Bastianello, Tubaldo, Marco e Aldo Rossi, Gandolfi, Pillon, Vitale e Ceccato, di ritorno all'ombra del Santo dopo due stagioni. Via anche mister Pin, che pure male non aveva fatto, e, inspiegabilmente, anche Berto Piacentini, storico massaggiatore biancoscudato, che riceve il benservito dalla premiata ditta Farina-Pastorello dopo 29 anni di onorato servizio. Insomma, rivoluzione totale. Rischio enorme in vista di una stagione in cui per salvarsi occorrerà classificarsi almeno al dodicesimo posto (su venti) causa riforma del campionato di C, che dalla stagione successiva si sarebbe suddiviso in C1 e C2. Come se non bastasse, alla vigilia della prima giornata di campionato Romano Mattè, il nuovo allenatore, rassegna le proprie dimissioni a causa delle solite incertezze societarie venendo sostituito dal tandem Foscarini-Longhin che resta alla guida del Padova per tutto il girone d'andata, prima di comunicare le proprie dimissioni il 17 gennaio. Fino a quel momento, rendimento abbastanza costante di metà classifica per la truppa biancoscudata nel solito clima di guerra tra dirigenza e calciatori, i quali, per protestare contro i mancati pagamenti, disertano gli allenamenti e indicono scioperi. Ma alla fine, nonostante tutto, a fine campionato sarà salvezza al fotofinish sotto la guida del nuovo allenatore Gino Pivatelli, che riesce a classificare la squadra giusto al dodicesimo posto, a più uno sulle retrocesse Pro Vercelli e Pergocrema. Nel frattempo, il Vicenza di Farina aveva ottenuto un sorprendente secondo posto in Serie A trascinato dalle reti di Paolo Rossi, che l'estate successiva, essendo in comproprietà tra il club berico e la Juventus, viene conteso alle buste dalle due squadre alla fine la spunta il Vicenza. Sì, ma a che prezzo? All'astronomica cifra di due miliardi e 612 milioni di lire. Il tutto per metà cartellino. Una cifra che fece scandalo in Italia, tanto da costringere alle dimissioni il presidente FIGC Franco Carraro e che creò un grosso buco di bilancio nelle casse vicentine.Per il Padova piove sul bagnato. Di soldi ne giravano pochi anche prima, figuriamoci dopo un salasso del genere. Infatti a metà luglio, dopo aver poche settimane prima promesso maggior impegno verso la causa biancoscudata, Farina dichiara: “Non ho soldi da spendere per il Padova. Non vado al massacro da solo. A tutto c'è un limite”. La linea in vista della nuova stagione è dunque chiara: puntare sui giovani (che nel 99% dei casi vale a dire: non abbiamo soldi, speriamo in bene). All'ombra del Santo infatti arrivano i baby Musella, Manzo e Grosselli, oltre ai più esperti Leonardelli e Lancetti. In uscita, invece, spiccano i nomi di Lesca, Marco e Aldo Rossi, Nicoletto, Ceccato, Facchini, De Petri e Monzani. In panchina viene poi confermato Gino Pivatelli.I problemi economici sono quanto mai gravi. I calciatori scioperano e protestano ancora una volta, ma il fondo lo si tocca il 5 settembre, quando la SIP “taglia” i fili del telefono della sede del Padova, in Via Carducci, a causa di una bolletta non saldata da 800mila lire.In questo clima prende avvio la stagione 1978-1979, una delle più buie nella storia della società, che vedrà i biancoscudati arrancare lungo tutto l'arco del campionato nei bassifondi della classifica retrocedendo ufficialmente in quarta serie sabato 9 giugno 1979, a seguito di una sconfitta patita sul campo del Parma, la tredicesima stagionale. Nel frattempo, il 20 febbraio precedente si era spento dopo dieci giorni di ricovero Nereo Rocco, colpito da una broncopolmonite, “curabilissima in sé, ma che riuscì a farsi largo tra le difese immunitarie sguarnite da un principio di cirrosi epatica. Quando si dice il destino. Una quercia d'uomo come il Paròn tradito dal suo miglior amico, il vino, e dal suo marchio di fabbrica, la difesa”, scrive Gigi Garanzini nella sua biografia dell'allenatore triestino.Per fortuna, la svolta era imminente: dopo mesi di trattative serrate tra il sempre più contestato Farina ed il padovano Marino Puggina, proprietario del gruppo Despar, a sorpresa il 26 giugno ecco lo stesso Farina annunciare la cessione della società ad una cordata che fa capo a Tonino Pilotto, commerciante all'ingrosso di bestiame nativo di Tombolo, che il 9 luglio seguente verrà eletto nuovo presidente. E' l'inizio di una nuova era per il Biancoscudo, tornato nuovamente in mani padovane. Un'era che vedrà il Padova vincere la Coppa Italia di Serie C e ritornare in Serie B, ma che purtroppo si concluderà nel peggiore dei modi, con la retrocessione a tavolino del 1985, un'altra pagina nera della storia biancoscudata. Ma si sa, il Padova non si discute, si ama.
rubriche
Presidenti contestati? ’75-’79, gli anni bui della gestione-Farina
Flash dal passato: momenti di storia biancoscudata nella nostra rubrica del lunedì
© RIPRODUZIONE RISERVATA