In oltre 104 anni di Biancoscudo, ci sono storie che meritano di essere raccontate più di altre. Vicende che trasmettono valori importanti, che abbandonano la storia del calcio per entrare in quella vera e propria, quella con la esse maiuscola. La vita di Giovanni Monti nella storia ci entra fin da subito. O meglio, inizia prima ancora della sua nascita. La famiglia Monti era infatti una delle più facoltose di Fratta Polesine, con un passato da protagonista nei moti risorgimentali anti-austriaci dei Carbonari della Fratta.Giovanni, che nasce nel paese rodigino il 16 gennaio del 1900, è il secondo di tre figli, tutti futuri calciatori del Padova: il primogenito è Alessandro (dunque identificato come Monti I), il più piccolo Feliciano (Monti III), detto “Cice”. Alessandro, classe 1893, ha vestito la maglia biancoscudata per due stagioni a cavallo tra il 1913, mentre Feliciano è stato una vera e propria bandiera del Padova: ha infatti giocato all'ombra del Santo per undici stagioni complessive tra il 1919 e il 1936 (per un totale di 194 presenze), con una lunga parentesi nel Torino tra il 1927 e il 1933 durante la quale vinse uno scudetto nella stagione 1927-1928. Inoltre ha vestito in tre occasioni la maglia azzurra della Nazionale. Insomma, il calcio è nel DNA dei fratelli Monti. In particolare, Giovanni si rivela sin da ragazzo un asso dello sport: oltre che nel calcio, infatti, “Bisa” (questo il suo soprannome) dimostra brillanti capacità anche nel ciclismo, uno dei motivi per cui gli verrà intitolato lo Stadio Comunale, che fungeva (e funge tuttora) da velodromo. Mens sana in corpore sano, dicevano i latini. E' proprio questo il caso di “Bisa” che, coerentemente con le proprie tradizioni familiari, coltiva grandi valori, primo di essi, quello della Patria. Ecco perché, appena raggiunta la maggior età, decide di arruolarsi nell'esercito italiano per partecipare alla Prima Guerra Mondiale (proprio come aveva fatto Silvio Appiani tre anni prima), scegliendo di entrare in aeronautica, scelta indubbiamente fra le più pericolose, data la relativa arretratezza dei velivoli dell'epoca (basti pensare che il primo aereo costruito in Italia risaliva solamente a dieci anni prima). In breve tempo consegue dunque il brevetto di pilota, evidenziando sin da subito grandi qualità che gli valgono il grado di Tenente. Nel corso della sua carriera da aviatore verrà decorato medaglia d'argento al valor aeronautico, medaglia di bronzo al valor militare e insignito inoltre della croce al merito di guerra. E scusate se è poco.Passando invece alla sua carriera da calciatore, di ritorno dal conflitto bellico, Monti si aggrega alla prima squadra del Padova, concludendo così la trafila nelle giovanili iniziata all'età di quattordici anni e rivelandosi subito decisivo: dopo aver siglato una doppietta all'esordio in biancoscudato il 12 ottobre 1919 durante uno storico Padova-Hellas Verona 7-0 (record tuttora imbattuto negli scontri tra le due squadre), trascina i suoi compagni al primo posto nel girone Veneto della Prima Categoria (antesignana dell'attuale Serie A) con i suoi 7 gol in altrettante presenze. Sfortunatamente però, nel girone di semifinale del campionato, il Padova si classificherà all'ultimo posto. Con le sue 8 reti, tuttavia, Monti si laurea capocannoniere biancoscudato stagionale. Niente male come annata d'esordio! Ma il meglio deve ancora venire: “Bisa” si confermerà indiscusso bomber biancoscudato anche nei quattro successivi campionati con 15, 8, 11 e nuovamente 8 gol stagionali. Nella stagione 1924-1925 però, durante Mantova-Padova del 14 dicembre '24, ottava giornata di campionato, “Bisa” subisce un grave infortunio che lo terrà lontano dal rettangolo verde per ben 16 mesi. Rientrerà infatti in campo solamente il 16 maggio del 1926, in occasione della gara interna contro il Genoa. Nel frattempo però il Biancoscudo assisterà all'“esplosione” di un nuovo cannoniere: trattasi di Giovanni “Nane” Vecchina, arrivato in biancoscudato nell'estate del 1924. Sarà lui nelle stagioni successive a sottrarre a Monti lo scettro di capocannoniere della squadra. Dopo il rientro dall'infortunio infatti, l'attaccante frattense registra una sensibile diminuzione del proprio score realizzativo, anche a causa della nuova impostazione di gioco della squadra, finalizzata a favorire la verve di Vecchina. Ma c'è di più: nell'aprile del 1928, infatti, Monti entra a far parte del neonato Reparto Alta Velocità di stanza a Desenzano del Garda, non prima però di aver superato un'agguerrita concorrenza nelle selezioni. Il Reparto Alta Velocità era una scuola aeronautica volta alla formazione di piloti di idrovolanti (da qui la scelta di Desenzano, città che possedeva un importante idroscalo), che avrebbero partecipato alla Coppa Schneider, una sorta di “Coppa del Mondo” degli idrovolanti, dal 1927 a cadenza biennale.La scuola ha regole severe, richiede dedizione giornaliera. Tuttavia al Tenente Monti viene concesso, in via eccezionale, di “evadere”, a fronte dei paralleli impegni calcistici. “Bisa” metterà la parola fine alla sua carriera di calciatore, spesa interamente all'ombra del Santo, al termine della stagione 1929-1930, dopo aver totalizzato 178 presenze in biancoscudato, impreziosite da 57 reti, che lo rendono così il secondo miglior marcatore della storia del Padova, alle spalle del già citato Vecchina. Per quanto riguarda la sua carriera da aviatore nel Reparto Alta Velocità invece, nel gennaio del '29 viene promosso a Capitano e, nel settembre successivo (dunque poco prima dell'inizio della stagione 1929-1930), prende parte all'undicesima edizione della Coppa Schneider, disputatasi a Calshot, località dell'Inghilterra meridionale. La fortuna però non gli arrise granché: dovette infatti fare i conti con vari problemi meccanici al motore del suo idrovolante e con un piccolo incidente che gli occorse in fase di ammaraggio a causa della presenza di relitti sul fondo della rada. “Cercherò di riscattarmi tra due anni”, avrà pensato “Bisa”. Ci teneva davvero. Appese le scarpette al chiodo, infatti, si poté concentrare esclusivamente sulla preparazione della Coppa Schneider 1931, in programma ancora in Inghilterra nel settembre di quell'anno. Il 2 agosto però, mentre collaudava il suo Macchi-Castoldi M.C.72 in vista della competizione del mese successivo, i sogni di “Bisa” si spezzarono irrimediabilmente, proprio come il sistema di trasmissione coassiale delle eliche del suo idrovolante, che provocò l'inevitabile impatto con l'acqua del velivolo, che si inabissò nel lago senza lasciare scampo al suo valoroso pilota. Secondo un'altra versione, invece, il tragico incidente fu causato da un ritorno di fiamma. Purtroppo però, la sostanza non cambia.La notizia scosse il mondo calcistico padovano e non solo, incredulo di fronte al tragico quanto inaspettato evento. In onore del compianto Monti, gli vennero successivamente intitolati l'idroscalo di Desenzano e lo Stadio Comunale di Via Cinquantottesimo Fanteria, all'esterno del quale fu anche eretto un monumento a lui dedicato che custodisce l'elica del suo idrovolante di quel fatidico 2 agosto 1931. Inoltre, sulla facciata della casa-natale di Monti a Fratta Polesine venne apposta una lapide che recita: «In questa casa/ ebbe i natali il 16 gennaio 1900 Giovanni Monti/ Capitano Pilota d'Alta Velocità/ di eroica virtù rifulse nel cielo di Cirenaica/ con generoso ardimento e in comparabile perizia/ a Londra nell'Anno 1929/ contese alle nazioni l'ambito premio della Coppa Schneider/ nell'anelito di più fulgide glorie/ mentre l'etere correva ardentemente di giovinezza/ il 2 agosto 1931/ lo ghermì l'onda del Benaco/per ascriverlo fra gli immortali eroi dell'aria/ che la Patria venera e sublima».Un orgoglio che un personaggio dal tale spessore abbia vestito la maglia biancoscudata.
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Storia di Giovanni Monti, il valoroso bomber biancoscudato che amava volare
Flash dal passato: momenti di storia biancoscudata nella nostra rubrica del lunedì
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