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Storia e trasformazioni della maglia biancoscudata, una passione ultracentenaria

Storia e trasformazioni della maglia biancoscudata, una passione ultracentenaria - immagine 1
Flash dal passato: momenti di storia biancoscudata nella nostra rubrica del lunedì
Alessandro Vinci

~~Alla fine tutto ruota attorno a lei. Il resto passa, soccombe alla tirannia del tempo, viene sostituito. E questo vale per giocatori, allenatori, presidenti, stadi. Anche i tifosi cambiano, col lento ed appassionato susseguirsi delle generazioni sugli spalti. Ma al centro c'è una cosa sola. Che mai svanirà, nonostante i maldestri tentativi di qualche imprenditore venuto da lontano. Stiamo parlando della maglia biancoscudata. In tutto il suo candore. E con l'effigie che la caratterizza: lo scudo sul petto. Hegel, nella sua indagine storico-filosofica, chiamava weltgeist (spirito del mondo) quell'essenza spirituale che fa progredire la storia dell'umanità incarnandosi via via in vari popoli o in vari personaggi funzionali al suo obiettivo. Così fa la maglia biancoscudata con coloro che la indossano, privilegiati che dovrebbero avere il dovere di onorarla. E nonostante le avversità, il Biancoscudo ha saputo sempre rialzarsi dalle difficoltà, risorgere dalle proprie ceneri come l'araba fenice, anche grazie a chi nel corso degli anni ha imparato ad amarlo. D'altra parte, se una storia dura da così tanto tempo, se l'entusiasmo delle origini è rimasto intatto, se i tifosi oggi si emozionano allo stesso modo dei loro omologhi di un secolo fa guardando quelle undici maglie bianche volteggiare sul rettangolo verde, un motivo ci sarà. Ecco dunque la storia, le evoluzioni, i cambiamenti della casacca e dello scudo del Calcio Padova, dalle origini fino ai nostri giorni.Atto costitutivo del 29 gennaio 1910, articolo 4: “I colori dell'Associazione sono quelli della città di Padova: bianco-rosso”. E così fu. Nelle prime partite della storia biancoscudata, disputate nella primavera del 1910, infatti, la neonata squadra cittadina indossò una maglia (o meglio, una vera e propria camicia) partita di questi due colori: in una metà il rosso, nell'altra il bianco. Tuttavia, le divise non erano perfettamente uguali: alcuni calciatori portavano la parte rossa sul lato destro della camicia, mentre altri sulla sinistra. Poco male: le gare di questo periodo furono tutte amichevoli, dunque non vi era certo obbligo di perfetta identità delle maglie. Dopo questi incontri, però, l'attività sportiva si interruppe bruscamente, riprendendo con nuova linfa solamente a partire dall'autunno del 1912 per iniziativa di Gastone Rossi e dei suoi soci, che il 25 novembre di quello stesso anno avevano “rifondato” la società. Il nome del sodalizio rimase invariato, ma non i suoi colori: fino al 1920, infatti, i giocatori scesero in campo con una maglia nera fasciata di bianco per tutta la larghezza del ventre con ampio scollo a V ed elegante colletto bianco dotato di lacci neri. A dieci anni dalla fondazione della società, però, si decise di tornare alle origini ed a partire dunque dalla stagione 1920-1921 il Padova si presentò in campo con una maglia bianca bordata di rosso su maniche ed ampio colletto (sempre con lacci). Ma la vera novità fu un'altra: la prima apparizione dello scudo sul petto. Uno stemma grande, molto più di quelli visti in questi ultimi decenni, ed in tutto e per tutto simile all'ultimo logo dell'Associazione Calcio Padova 1910, in attività sino allo scorso campionato, con la sigla A.C.P. sulla metà destra dell'effigie, mentre su quella sinistra campeggiava la classica croce rossa in campo bianco, che riprende il disegno dello stemma comunale. Il risultato? Una maglia che non verrà mai più sostituita. Una maglia che scriverà la storia. Bianchi i pantaloncini e neri, come sarà sino al 1960, i calzettoni. Poche le variazioni estetiche durante gli anni '20, con la progressiva scomparsa degli inserti rossi per lasciare spazio ad una divisa tutta bianca, che dal 1927 abbandonerà il colletto con risvolto per uno più semplice con scollo a V rifinito da due raffinate righette rosse. In alcune rare occasioni, però, tra la seconda metà degli anni '20 e i primi anni '40, il Padova giocò anche con un'inedita divisa nera in omaggio al regime fascista, motivo per cui, a partire dalla stagione 1932-1933, lo stemma biancoscudato vide la comparsa del fascio littorio sopra la croce comunale e, già dal 1930, il cambio di denominazione della società in Associazione Fascista Calcio Padova (A.F.C.P.), che verrà mantenuto sino al 1940. Per tornare ad ammirare il tradizionale scudo, invece, bisognerà attendere sino al 1945, anno della ripresa delle attività sportive dopo la Seconda Guerra Mondiale, che aveva visto la caduta del regime mussoliniano. Per quanto riguarda gli anni '30 e '40, l'unica variazione sulla maglia biancoscudata fu la forma del colletto rosso, ora con scollo a V, anche molto ampio, fino a metà dello sterno, ora circolare. La stagione 1947-1948, quella della promozione in Serie A dopo quattordici anni di assenza, vide il ritorno del colletto con i lacci, che verrà confermato anche per le tre stagioni successive, in massima serie, dove il Padova fece sfoggio anche di una bellissima seconda maglia rossa con le maniche bianche (utilizzata anch'essa a partire dal '47-'48) che non può che ricordare quella dell'Arsenal. Dal 1951, si tornerà poi ai classici colletti bianco-rossi, che accompagneranno il Padova durante tutta l'era-Rocco. Dalla stagione 1962-1963 (la prima dopo il ritorno in Serie B), poi, le divise biancoscudate ripresentarono ampi risvolti rossi sul colletto, che diventarono bianco-rossi nell'annata '67-'68 e totalmente bianchi la stagione successiva, rivelandosi però, questi ultimi, forieri di cattivi risultati, con la retrocessione della squadra in Serie C per la seconda volta nella sua storia. Nel frattempo, come già accennato, a partire dal 1960 i calzettoni neri erano stati sostituiti da quelli bianchi, in tinta con la maglietta. Accantonato scaramanticamente il colletto con risvolti total white e tornati per un paio di campionati a quello bianco-rosso, la maglia della stagione 1972-1973 lasciò tutti di stucco: divisa completamente bianca con colletto circolare, ma soprattutto senza stemma. Per la prima volta dal 1920. Una scelta alquanto incomprensibile da parte della società, allora guidata da Marino Boldrin. E l'assenza del logo biancoscudato si registrò anche l'annata successiva (fortunatamente per l'ultima volta), quando almeno vennero aggiunti alla maglia dei bordi rossi sul colletto e sulle maniche, che accompagnarono la squadra sino alla retrocessione in Serie C2 del 1979. La stagione successiva ci fu poi un importante cambiamento: per la prima volta, la maglietta biancoscudata portava il logo del proprio fornitore: l'Adidas. E con esso le tre caratteristiche striscette dell'azienda tedesca sulle maniche. Maniche che da bianche diventarono rosse nella stagione 1982-1983, una vera ed affascinante novità per il Padova, che a fine campionato tornerà in Serie B sotto la guida dell'indimenticato Bruno Giorgi e con il marchio “Bata” in bella vista al centro della maglietta, poiché dal 1981 la FIGC aveva liberalizzato l'esposizione di quello che oggi chiamiamo main sponsor, oltre a quello tecnico, già “legale” dal '78. E la società biancoscudata non aveva esitato a legarsi sin da subito con l'importante azienda calzaturiera padovana, che però nel 1985, così come l'Adidas, interromperà comprensibilmente il rapporto di sponsorizzazione a seguito dell'illecito di Taranto. Tornando all'aspetto prettamente estetico delle divise biancoscudate, l'avvento degli sponsor tecnici comportò una diminuzione delle dimensioni dello stemma, ma allo stesso tempo un'inedita varietà nell'aspetto delle divise di ogni stagione: nelle annate '83-'84 ed '84-'85, ad esempio, fecero la loro comparsa delle sottilissime linee rosse verticali sia sulla maglietta che sui pantaloncini. Dopo la retrocessione a tavolino, per tre stagioni lo sponsor tecnico fu NR, affiancato da Master Photo nell'annata '86-'87 e da Coelsanus in quella '87-'88, quest'ultima nuovamente in Serie B. Altre quattro stagioni in Adidas e poi ecco l'arrivo della Lotto, che, in tandem con il logo dell'acqua “Vera” (già sulle magliette biancoscudate dal 1991), porterà il Padova in Serie A dopo il mitico spareggio di Cremona, occasione in cui i ragazzi di Sandreani indossarono la seconda maglia, rossa. Ma lo stemma non era più quello tradizionale. A partire dalla stagione 1990-1991, infatti, per iniziativa di Puggina e Giordani, il classico scudo aveva lasciato spazio ad uno più squadrettato, sempre diviso in due sezioni: identica la sinistra, con la croce comunale, rivoluzionata invece la destra, con l'inserimento del profilo bianco del cavallo del monumento equestre al Gattamelata di piazza del Santo con una palla sotto lo zoccolo sinistro. Uno stemma che accompagnerà i biancoscudati per tutti gli anni '90, venendo poi risostituito nel 2001, sotto la presidenza Mazzocco, dallo scudo tradizionale a seguito di un sondaggio indetto sui giornali. Unica differenza rispetto al passato: la parte destra riportava l'intera dicitura “Calcio Padova 1910”, dopo quella “C.Padova” vista negli anni '70 (a seguito delle due stagioni di assenza dello stemma, per intenderci) e quella “C.P.” dei primi tempi griffati Adidas. Detto dunque del ritorno in Serie A dopo trentadue anni con le divise Lotto, dal 1995 al 1999 il Padova di Viganò precipiterà repentinamente sino alla Serie C2 con le maglie Diadora, che vennero poi sostituite dal marchio Biemme nei due anni di permanenza in quarta serie. Una volta tornati in Serie C1, sette anni con Macron e poi, nell'estate del 2008, il ritorno alla Lotto, che si confermerà nuovamente marchio portafortuna, con la promozione del Padova in Serie B al termine della stagione. Tra le variazioni estetiche più rilevanti di questi anni c'è da citare la seconda maglia prodotta dalla Diadora tra il '95 ed il '97 di color blu con il profilo bianco del cavallo del Gattamelata (lo stesso dello stemma) sul lato sinistro della divisa, e la maglia usata nel girone di ritorno del campionato di Serie C1 2002-2003, con la ricomparsa di quelle maniche rosse che esattamente vent'anni prima tanto bene avevano portato al Padova nella conquista della Serie B. Un traguardo che per poco non venne replicato da Ginestra e compagni, sconfitti ai playoff dall'Albinoleffe. Tra il 2006 ed il 2008 poi, sul lato destro della divisa biancoscudata (che già del 2004 esibiva lo scudo al centro del petto) fece capolino la croce rossa comunale. Ma la maglia più indimenticabile di questi ultimi anni è senza dubbio quella giallo fluo indossata dagli uomini di Sabatini a Busto Arsizio il 21 giugno del 2009 e riproposta la stagione successiva in occasione della gara di ritorno dei playout di Serie B contro la Triestina al Nereo Rocco. Due pagine felici della storia biancoscudata, con una maglia alla quale tutti i tifosi padovani sono ancora affettivamente legati. Dopo un'ultima, emozionante annata in Lotto conclusasi con la sconfitta in finale playoff per mano del Novara, ecco l'arrivo di Joma, che in queste ultime due stagioni ha riproposto il colletto con i lacci che non si vedeva dal 1951 e la seconda maglia stile Arsenal degli ultimi anni '40, oltre ad altre divise gialle e nere (altro richiamo, chissà se voluto o meno, alla tradizione). Eccoci dunque arrivati all'ultimo capitolo di questo excursus, con la costituzione, lo scorso 24 luglio, della SSDRL Biancoscudati Padova, società che ha raccolto l'eredità dell'Associazione Calcio Padova 1910 non iscrittasi al campionato di Lega Pro. In attesa di recuperare (“Magari in una categoria più consona”, Bergamin dixit) il vecchio logo, sulle nuove maglie griffate Macron (già sponsor tecnico del vecchio sodalizio tra il 2003 ed il 2008), presentate dieci giorni fa, compare il nuovo stemma biancoscudato, molto simile allo scudo tradizionale: sulla parte orizzontale della croce comunale vi è la scritta “Biancoscudati”, che prosegue sul lato destro con “Padova”, a completare il nome della nuova società. Una realtà tutta padovana che, al momento, sta viaggiando a vele spiegate verso la Lega Pro per tornare a dare un po' di lustro ad una maglia che è stata troppo calpestata in questi ultimi anni, ma alla quale nessun personaggio potrà mai impedire di tornare grande.