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PADOVA GOURMET | La nostra recensione del Ristorante Atelier del Pesce

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Alla scoperta dei ristoranti più interessanti del Veneto (e dintorni), da leggere rigorosamente a stomaco vuoto
Giacomo Stecca
Giacomo Stecca Redattore 

La recensione di oggi assomiglia molto a una favola dei fratelli Grimm. Quella in cui un brutto ranocchio diventa un affascinante principe, dopo aver ricevuto il bacio di una bellissima principessa.

Siamo a Padova, in via San Marco 274 e il ristorante che vi porto a visitare si chiama “Atelier del pesce”. Per anni questo posto è stato un bar assiduamente frequentato da vecchietti simili ai pensionati citati da Fabrizio De Andre nella canzone “La città vecchia” e molto spesso mi è capitato, passando in macchina davanti a questo piccolo ritrovo, di vederli intenti a giocare a carte o a bere, una dopo l'altra, “ombre” di vino rosso. Il Bar Brenta, questo il nome del locale prima del rinnovamento, è stato per anni solo un bar (nonostante la passione dei proprietari per la cucina fossegià chiara a tutti gli avventori) fino al 1 maggio del 2021, giorno in cui Franco e Maria decisero di dar vita al loro primo ristorante di pesce; un ambiente giovane e rinnovato in tutto e per tutto. Quel sabato di primavera il ranocchio è diventato un vero e proprio principe. Dall’inaugurazione dell’“Atelier del pesce” sono passati due anni e quest’oggi ho finalmente deciso di provarlo assieme a voi.


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La tavola apparecchiata all'Atelier del Pesce

Parcheggio l’auto, in maniera comoda, in Piazza Silvio Barbato, vicino alla chiesa di San Marco Evangelista, e in meno di un minuto sono di fronte all’entrata del locale. La facciata è molto semplice, quasi anonima. Spicca il colore bianco che troviamo sia sui vasi delle tante piante adagiate sull’uscio, che sulle tendine, le quali lasciano intravedere l’interno del ristorante. Mi soffermo un attimo a osservare il logo “Atelier del pesce”, ispirato al font del film musicale di Alan Parker “Saranno famosi”, sorrido nel guardarlo, trovandola una citazione simpatica, ed entro.

Ad accogliermi in sala c’è una donna bionda, la signora Maria che con gentilezza mi saluta e mi fa accomodare in uno dei pochi tavoli ancora disponibili. La sala è molto piccola ma ben curata. La mise en place è ricca e ricorda molto quelle in voga negli anni Ottanta. Al centro della tavola, sopra alla tovaglia bianca damascata e di cotone, un runner di raso lucido di circa 40 centimetri dona un tocco di brillantezza alla preparazione e si abbina perfettamente con il nastrino, anch’esso di raso, che tiene chiuso il tovagliolo a cui è stata data la forma di un fiore. Le sedute sono a loro volta vestite con delle foderine in cotone tintachampagne, coordinate con una fascia accuratamente annodata sullo schienale.

La titolare lascia che mi metta comodo e dopo qualche minuto mi raggiunge per esporre a voce il menù. Il non aver un menù cartaceo all’interno di un ristorante, per molte persone può rappresentare una lacuna; personalmente, lo trovo un qualcosa che trasmette un’idea di genuinità. E questa genuinità la ritrovo anche nell’ambiente cortese e informale che mi circonda e mi fa sentire come se fossi a casa di una nonna o di una zia.

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Decido di seguire i consigli di Maria e ordino un antipasto misto di pesce (bollito e non), spaghetti con le vongole e una frittura. Mentre attendo l’arrivo delle portate, la mia attenzione volge verso la microscopica cucina a vista, dove Franco, il marito di Maria, cuoce il pescato (che prende, freschissimo, al mercato, tutte le mattine) con passione, e lo fa per il gusto di farlo e per il piacere di far stare bene tutti i suoi ospiti. Lo si percepisce dai gesti e soprattutto dallo sguardo compiaciuto mentre frigge dei gamberi o salta degli spaghetti in padella. Il profumo proveniente da questo suo piccolo angolo di mondo è qualcosa di eccezionale e basterebbe, già da solo, a spiegare perché il locale sia pieno, ma, visto che sono seduto con le gambe sotto al tavolo, non mi costa nulla provare anche il gusto di questi manicaretti, no? L’antipasto misto, composto di capesante, cicale di mare, piovra, baccalà e canestrelli viene presentato con pochi fronzoli, è davvero abbondante e di qualità eccellente. Oltre al mio piatto, la signora Maria mi fa gustare anche un assaggio di quello che hannoordinato i miei vicini di tavolo: polentina e schie. Deliziosi entrambe.

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Gli spaghetti con le vongole che seguono sono superlativi. La salsa ottenuta dal mollusco, dall’aglio, dal pepe e dall’olio si amalgama perfettamente con la pasta e il risultato finale è un primo piatto ricco di sapori in cui la freschezza del mare si fonde con la semplicità e l’eleganza della cucina italiana. Sarei già sazio, ma come si può solo pensare di rifiutare una pietanza invitante come la frittura? Maria mi porta un piatto composto da gamberi, calamari e altri pescetti misti, tutti avvolti da una leggera pastella dorata. Do il primo morso a un gambero ed è perfetto: la consistenza è croccante all’esterno e morbida all’interno e il sapore dell’olio non prevarica il sapore del pesce, anzi, lo esalta.

Per concludere in bellezza, non riuscendo a far stare nel mio stomaco anche un dessert, accetto di buon grado il sorbetto offerto dal signor Franco, uscito dalla cucina appositamente per salutarmi e per assicurarsi che sia andato tutto per il meglio.

Cosa dire? L’”Atelier del pesce” si è rivelato una meravigliosa scoperta, una “sartoria” che non ti aspetti, a pochi chilometri dal centro di Padova. È uno spettacolo vedere con quanta passione e dedizione questi due arzilli coniugi portino avanti il loro locale, che solo fino a qualche mese addietro era un bar da “spuncetti”, e come essi riescano ad unire simpatia, gentilezza e professionalità, con prezzi , a dir poco, competitivi.

In conclusione, sono rimasto piacevolmente colpito da questo ristorante (dall’esterno invisibile ai più, quasi come fosse il Paiolo Magico di Harry Potter) in cui si mangiano degli ottimi piatti di pesce cucinati secondo la tradizione veneta, e penso che ci torneròin tempi brevi, in modo da poter assaggiare altre prelibatezze cucinate con passione da Franco e servite con amore da Maria.

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