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PADOVA GOURMET | La nostra recensione del Ristorante Belle Parti

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Alla scoperta dei ristoranti più interessanti del Veneto, da leggere rigorosamente a stomaco vuoto

Giacomo Stecca

Una delle particolarità di Padova è quella di possedere una rete di portici estesa e ramificata come poche altre città d’Europa. Proprio sotto uno di questi portici, in un piccolo vicolo del centro storico, è situato il locale di cui vi voglio parlare oggi. Siamo nel cuore pulsante di Padova, a pochi passi dal famoso teatro Giuseppe Verdi. Al civico 11 di Via Belle Parti si erge Palazzo Prosdocimi, un edificio molto antico, tanto da essere riconosciuto come patrimonio delle Belle Arti. All’interno di esso, incastonato come un brillante in un anello prezioso, troviamo quello che, ormai da vent’anni, è il microcosmo di Stefania Martinato.

Già dall’esterno, il ristorante “Belle Parti”, che prende evidentemente il nome dalla via che lo ospita, emana un’aura particolare e la sensazione di magia si amplifica ancor di più mentre mi accingo ad entrare in questo elegante locale. Rimango immobile, per qualche secondo, ad ammirare nella sua interezza la sala principale, con travi a vista e muri color panna. Mi colpisce il fatto che sia piena di quadri, specchi ed oggetti di diverso genere. Fisso in particolar modo il bellissimo bancone bar e delle pigne di ceramica poste come decorazioni su alcuni tavoli, poi un delizioso profumo di cibo mi ricorda che non sono in un museo, bensì in un ristorante e quindi smetto di guardarmi intorno e mi lascio accompagnare al tavolo da un giovane e professionale membro dello staff.

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Il Belle Parti Saint Germain

Seduto su una comoda poltroncina, osservo, di fronte a me, l’impeccabile mise en place con sottopiatti e posate d’argento, quando Stefania, la padrona di casa, passa a darmi il benvenuto e mi consiglia, per iniziare al meglio la cena, di provare il loro aperitivo: il “Belle Parti Saint Germain”. Il cocktail che arrivadopo pochi minuti, versatomi su un bicchiere ampio e di design (sembra quasi un’ampolla) è composto da una base di Saint Germain, un liquore provenzale che nasce dai fiori freschi di sambuco, raccolti a mano in tarda primavera ai piedi delle Alpi francesi, nelle poche settimane in cui i petali raggiungono il massimo livello di fragranza e purezza. Ad essa viene aggiuntodel prosecco con molto ghiaccio, dei fiori commestibili, delle foglie di menta marocchina leggermente vanigliata e frutti di bosco o di stagione. Potrei definirlo come un vero e proprio aperitivo multisensoriale dato che, oltre ad essere esteticamente armonioso, si beve, si mangia e si odora. Finita questa piacevole esperienza, il maître mi consegna il menù e mi elenca anche qualche interessante portata fuori dalla lista.

Il ristorante “Belle Parti” è rinomato, soprattutto, per il pesce fresco che giunge tutti i giorni da un fidatissimo fornitore della zona e quindi la decisione più ovvia, per quanto riguarda l’antipasto, sarebbe quella di prendere il crudo di mare, ma sono incuriosito dal baccalà biancoperla e opto per questa soluzione. Il baccalà mantecato in questione è cremoso al punto giusto e la polenta di mais biancoperla su cui si appoggia risulta molto delicata. Non rimango deluso nemmeno un po’ dalla scelta di questo classico della tradizione veneta.

Per continuare vorrei rimanere sul pesce e mi ricordo di aver visto nel menù un primo piatto speciale: spaghetti cacio, pepe e scampi. Lo richiedo al cameriere di sala e, mentre aspetto con ansia quello che scopro essere uno dei cavalli di battaglia del locale, mi viene raccontato come lo strano accostamento di ingredienti sia stato suggerito, dopo un viaggio a Roma, da un ex collaboratore di cucina allo chef Daniele Doria, il quale lo ha in seguito rielaborato con maestria. Lo spaghetto trafilato al bronzo è perfettamente al dente e il bilanciamento tra i sapori dei tre componenti della ricetta rende il tutto qualcosa di sublime. Non stento a credere che alcuni clienti vengano qui anche solo per assaggiare questa pasta.

Quasi galvanizzato dalla degustazione appena terminata, ordino subito il secondo: un fritto di mare e orto. Attendo la portata sorseggiando un calice di champagne (ordinato da una carta dei vini davvero esaustiva, incentrata soprattutto su prodotti italiani e francesi ma che comprende anche etichette di nicchia da tutto il mondo), cullato da una rilassante musica jazz di sottofondo e Stefania torna ad accertarsi che tutto proceda per il meglio. È una padrona di casa a dir poco perfetta. Elegante, gentile e sempre presente, si assicura, in maniera mai invadente, che il cliente sia coccolato a dovere. Una cosa che noto di lei, oltre al fatto che è sempre sorridente, è come le brillano gli occhiquando parla di una pietanza, di un vino o più in generale del suoristorante. Si vede che è mossa da una vera passione per quello che fa e questa passione (forse accresciuta, da quando, a luglio del 2006, dopo uno spaventoso incendio subito dal proprio locale, ha raccolto come una sfida personale il progetto di farlo risorgere dalle ceneri) regala una marcia in più a tutto l’ambiente.

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Conclusa la breve conversazione con la titolare, arriva un abbondante piatto di frittura. Le verdure e il pesce hanno una panatura esterna croccante e un bel colorito chiaro. Non servirebbe neppure assaggiare per capire che è un fritto di ottima fattura, ma ovviamente lo faccio e rimango molto soddisfatto dal gusto deciso e nel contempo delicato.

Sono davvero sazio però mi faccio consegnare lo stesso la carta dei dolci e vengo subito attratto da un dessert in particolare: la zuppa inglese ricetta classica. La reputo una di quelle cose un po’ demodé, come piacciono a me, e penso che se è stata inserita in menù di fianco alle più modaiole cheesecake ai lamponi estracciatella invertita un motivo ci sarà. La ordino e apprendo, dopo averla assaggiata e apprezzata (soprattutto per l’uso della ricetta originale) che è il secondo cavallo di battaglia del ristorante. Il piatto che assieme ai sopraccitati spaghetti cacio, pepe e scampi piace di più ai clienti abituali e li invoglia a tornare velocemente qui.

Alla fine di questa cena posso dire che, al di là degli iconici spaghetti e della zuppa inglese da manuale, ci sono svariati altri motivi per voler venire di nuovo a far visita a Stefania. Uno su tutti è l’atmosfera che regna al “Belle Parti”. Atmosfera che, a mio parere, è merito al 90% della proprietaria, la quale è riuscita ad insegnare perfettamente a ogni suo collaboratore l’Arte dell’accoglienza. Chi entra in questo locale non lo fa solo per mangiare, ma per provare qualcosa di più, in quello che non è solo un luogo di convivialità, ma anche una meravigliosa icona di benessere.