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PADOVA GOURMET | La nostra recensione del Ristorante Boccadoro

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Alla scoperta dei ristoranti più interessanti del Veneto, da leggere rigorosamente a stomaco vuoto

Giacomo Stecca

A volte, da padovano, mi scordo delle eccellenze culinarie della nostra provincia e organizzo trasferte complicate, anche fuori regione, per cercare qualcosa che potrei trovare tranquillamente a due passi da casa. In quest’occasione però, non sono incappato in un simile errore e, spostandomi solamente un paio di chilometri dal centro città, ho scelto di farvi scoprire un ristorante molto interessante.

Ci troviamo in Via della Resistenza. Da un lato della strada (quello sinistro) siamo ancora a Padova, dall’altro (quello destro) siamo già nel comune di Noventa Padovana. Proprio sulla destra, al numero civico 49, si scorge un edificio di color giallo. Oltrepasso una piccola porta di legno scuro e vengo proiettato in un locale d’altri tempi: il ristorante “Boccadoro”, regno della famiglia Piovan da quasi cinque decadi. Fin da quando varco la soglia d’ingresso respiro un’aria familiare e di relax che mi accompagnerà per tutta la cena. La prima cosa che colpisce e fa sentire a casa è l’arredamento. Sembra che il tempo si sia fermato agli inizi degli anni ’80. E sia chiaro, è un complimento! Si ha come la sensazione di essere entrati nel tipico ristorante patavino di una volta, quello in cui si andava per il pranzo domenicale con tutto il parentado. Ogni cosa è curata nei minimi particolari, la mise en place è semplice ma elegante e la ciliegina sulla torta è data dal tavolo che mi è stato riservato, il quale è posto davanti al camino e con vista parziale della cucina. Mi siedo e, mentre con un occhio osservo la bellezza che risiede nel gesto dei titolari di passare tra i tavoli a salutare i clienti, con l’altro comincio ad analizzare attentamente il menu. Vi sono in lista piatti intriganti, sia per quanto riguarda il pesce, sia per quanto riguarda la carne. Sapendo che lo chef collabora con la “confraternita del folpo”, un’associazione impegnata nella promozione del territorio e delle sue bontà culinarie (in particolare il polipo, in veneto detto per l’appunto folpo), decido di iniziare con la piovra bollita e arrostita e la mia scelta risulta vincente in quanto il mollusco è saporito, morbidissimo e la sua parte croccante esalta ancor di più il sapore di mare. Vorrei continuare mangiando pesce ma le pappardelle caserecce all’anitra calamitano subito la mia attenzione e, essendo una tentazione troppo grande a cui resistere, finisco per ordinarle ad occhi chiusi dimenticandomi di guardare quali altri primi siano disponibili.

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La preparazione della tartare

Finchè aspetto che arrivi il mio piatto di pasta faccio un breve salto alla toilette e noto una cosa che penso di aver visto davvero in pochi locali: posizionati vicino al lavandino, ci sono degli spazzolini da denti monouso con dentifricio, degli stuzzicadenti e del borotalco. Quando si dice la cura per i dettagli!

Ritornato al tavolo, non ho neppure il tempo di gustare il calice di vino rosso propostomi dal sommelier (se avete più sete del sottoscritto però, vi consiglio di sfogliare la meravigliosa carta dei vini che conta più di 400 etichette), che arrivano all’istante le pappardelle. Senza usare tanti giri di parole oserei definirle perfette. Un vero e proprio piatto della tradizione eseguito magistralmente dal cuoco che fa capire in maniera nitida come per la Famiglia Piovan i prodotti della zona, la stagionalità e le tradizioni siano fondamentali.

Quando mangio al ristorante capita spesso che io mi guardi intorno per cercare qualche dettaglio caratteristico del posto e qui al Boccadoro mi basta alzare di poco lo sguardo per notarne immediatamente uno. Su tutte le pareti sono appese delle ceramiche con scritte e raffigurazioni differenti tra esse. Si tratta dei piatti del Buon Ricordo. L’Unione Ristoranti del Buon Ricordo (di cui questo locale fa parte) è un’associazione, nata da un’idea di Dino Villani, composta da un nutrito gruppo di ristoratori, i quali, in nome dell’amore per la cucina del territorio, decidono di regalare a chi consuma una determinata pietanza del loro menu, un piatto di ceramica di Vietri sul Mare, decorato a mano, come “buon ricordo” di un assaggio che si spera sia difficile da dimenticare. Quello del Boccadoro, appeso assieme a tanti altri, raffigura una simpatica gallina blu e rossa con una bottiglia di vino in mano. Sopra l’immagine dell’animale c’è scritto “Galina imbriaga co’ e tagliadele”. La ricetta di tale prelibatezza prevede che la protagonista a due zampe finisca il suo viaggio terreno, ubriaca, in un buon Cabernet dei Colli Euganei, i quali hanno fatto da scenario a tutta la sua vita. Questa speciale leccornia appare nella lista dei secondi. Lista che comprende sia piatti di terra, sia di mare e che mi mette nuovamente in seria difficoltà. Ce n’e davvero per tutti i gusti: fegato di vitello alla veneziana, il tradizionale baccalà alla vicentina,costicine di agnello, trancio di rombo scottato, tartare

Dopo qualche minuto d’indecisione scelgo di ordinare la tartare del Boccadoro e mi accingo ad assistere a un vero e proprio show. Si, perché la sua preparazione avviene davanti agli occhi dei commensali e appaga non poco la vista. Tre minuti in cui lo storico cameriere Valentino condisce con sapienza e cura la carne cruda e il risultato è uno spettacolo. Tanto sotto l’aspetto estetico quanto sotto quello del sapore. Consiglio di assaggiare con molta, molta calma questa bistecca alla tartara dal gusto forte e deciso.

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Alla fine di un itinerario gastronomico del genere posso esimermi dal prendere un dolce? Ovviamente no! Come per gli antipasti, i primi e i secondi, la selezione è davvero molto amplia. I miei gusti mi portano ad adocchiare due desserts in particolare: il percorso al cioccolato e il sorbetto al mango e rum su dadolatadi frutta fresca e frizzi pazzi. Propendo per il secondo poiché lo ritengo più leggero e, onestamente, non ho più tanto spazio nello stomaco. Devo dire che non rimango deluso della scelta neppure questa volta. Il dessert è un’inimitabile composizione di gelato frizzante e frutta fresca. L’idea di inserire i frizzi pazzi (granuli che messi in bocca "scoppiano") è azzeccata perché, a mio parere, conferisce un tocco di brio e allegria per concludere in modo perfetto la serata.

Cosa dire di questa esperienza? Il Boccadoro si dimostra una garanzia. Un ristorante in cui si mangia realmente come una volta, mantenendo i gusti (e anche le porzioni) di un tempo ma con un valore aggiunto dato dall’innovazione e la ricerca perseguite in cucina. A discapito del nome del locale, che richiama quello del personaggio di un romanzo di Herman Hesse, non si uscirà dal portoncino di via della Resistenza col cuore spezzato come succede al giovane protagonista del libro del 1930. Ve lo garantisco!

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Il dolce