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Cittadella, retrocessione naturale conseguenza delle scelte tecniche. Si riparta senza drammi

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Il club granata perde la categoria dopo nove anni. In una Serie B sempre più ricca e competitiva, l’arte, per quanto raffinata, di fare le nozze con i fichi secchi non è più bastata
Stefano Viafora
Stefano Viafora Direttore responsabile 

Una retrocessione naturale, conseguenza piuttosto logica di scelte tecniche sempre più discutibili e in contrasto con la tendenza generale della categoria, la serie B: negli ultimi anni più ricca e più competitiva. Quando si giudica oggi la retrocessione del Cittadella bisogna però scindere in modo netto società con area tecnica. La società continua a perseguire obiettivi ambiziosi, rinnovando le infrastrutture e guardando al futuro, facendo calcio in modo sostenibile in un piccolissima realtà. L'area tecnica, guidata dal dg Stefano Marchetti, dopo anni passati a sfidare la gravità, ha perso l’equilibrio. In una Serie B sempre più ricca e competitiva, il romanticismo non basta. E nemmeno l’arte, per quanto raffinata, di fare le nozze con i fichi secchi. 

Il direttore generale Stefano Marchetti, che ha firmato annate memorabili (che non si possono cancellare dopo questa retrocessione), ha costruito squadre competitive frugando tra gli scaffali scontati del calcio italiano. Parametri zero, prestiti, talenti dimenticati dalla Serie C: è stato il suo pane quotidiano. E per lunghi tratti ha funzionato, eccome se ha funzionato. Chi può dimenticare le due finali playoff, il profumo di Serie A sfiorato e accarezzato con mani tremanti? Il Tombolato pieno, la città in festa, la provincia che sognava in grande, "rischiando" di umiliare severamente la città. Ma l’incantesimo, per quanto affascinante, aveva un prezzo. E la realtà, alla lunga, presenta sempre il conto. Se ti presenti in serie B con giocatori inadatti (alcuni reduci addirittura da stagioni insufficienti in serie C), prima o poi finisci tra le ultime tre della classe. 


La Serie B, come dicevamo, in questi anni ha accelerato: club retrocessi con paracadute milionari, piazze storiche tornate ambiziose, investimenti importanti di grandi fondi stranieri e una qualità media in costante ascesa. Il Cittadella, fedele alla sua linea prudente, ha provato ancora una volta a restare a galla con il salvagente del buon senso e dell’oculatezza. Ma nel mare mosso della cadetteria, serviva un motore. Un "motorino" in realtà è arrivato a gennaio, con l'innesto di nomi importanti per la categoria (Diaw e Okwonkwo, dopo Capradossi qualche mese prima). Non è bastato. 

Non è questione di colpe. Non ci sentiamo di imputarne alcuna, nemmeno a Dal Canto. Anzi, il Cittadella merita rispetto per aver cercato – e spesso trovato – un’alternativa virtuosa al modello iper-spendaccione. Ma il calcio cambia, corre, evolve. E chi resta fermo, finisce risucchiato. Nel calcio però c'è sempre un domani, un'occasione di riscatto. Nessun dramma, ci sono tutti i presupposti per tornarci, in serie B. Con una società solidissima e una proprietà orgogliosa e pronta a riscattarsi.