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Gabrielli fa il bilancio di fine anno: “Il 2016 ci deve ridare la B. E con il Padova i rapporti non sono mai stati così buoni…”

L'intervista de Il Mattino al patron granata

Redazione PadovaSport.TV

È il patron della capolista del girone A di Lega Pro e può permettersi di sorridere, dopo i giorni bui e pieni di amarezza di maggio. Eppure Andrea Gabrielli non è tipo da salire in cattedra per fare... lezione su come si gestisce una società di calcio. Il suo Cittadella è a metà dell’opera, ha già fatto molto ma non ha conquistato nulla. E il traguardo da centrare dista un intero girone di ritorno.

Presidente, cosa manca e cosa c’è, invece, in più nel suo bilancio di fine 2015?

«Rispetto a gennaio c’è sicuramente in meno una categoria, la Serie B, che sappiamo essere qualcosa di nobile e prezioso e che non era facile mantenere. Averla persa ha comportato per la piazza minore visibilità, una nomea diversa a livello nazionale, un interesse mutato da parte dei media, mentre alla società è venuto a mancare un ritorno economico non indifferente. In più, invece, c’è forse il piacere di assistere a partite senza l’affanno costante delle difficoltà che pativamo nel tener testa ad avversari con organici molto forti. Si vince di più adesso, e quando succede è sempre una bella soddisfazione, indipendentemente dalla categoria. E poi il primato in classifica è importante, tra i cadetti sarebbe stato qualcosa di impensabile vedere il Cittadella in testa, sebbene facessimo la nostra bella figura. Infine, crediamo di avere in più un gruppo di giocatori con valori e riferimenti significativi».

C’è tanta differenza fra Serie B e Lega Pro?

«Una differenza indubbiamente esiste. Abbiamo iniziato il campionato andando a Meda (contro il Renate, ndr) nella prima trasferta, a livello di infrastrutture siamo su altre dimensioni. Come qualità di gioco in campo e come squadre affrontate, invece, posso dire di non aver notato un divario enorme, molte potrebbero tranquillamente stare in B. Diverso è il discorso relativo a com’è organizzata la Lega Pro. C’è molto da fare, abbiamo avuto un commissario che ha gestito la situazione, ma le difficoltà esistono. Si è visto in occasione della recente elezione del presidente, erano in tre a correre per la carica, e questo la dice lunga sul fatto che bisogna lavorare per trovare i giusti equilibri e il modello in grado di rilanciare la terza serie».

Avete dimostrato sin qui di essere i più continui, con 32 punti in 16 partite. Bonazzoli cosa rappresenta, la ciliegina sulla torta?

«Diciamo che con lui potremmo aver chiuso il nostro mercato invernale, a meno che non ci siano giocatori in uscita per offerte interessanti o perché scontenti (ma non sembra, ndr). Occorre capire che questo girone di ritorno ci vedrà molto impegnati nel mantenere la posizione di vertice attuale e per questo ci vuole una rosa che sia disposta a sacrificarsi per l’obiettivo finale del gruppo più che per le ambizioni del singolo. Ora va curato maggiormente l’aspetto mentale, partita dopo partita, dato che abbiamo una rivale, l’Alessandria, che ci renderà la vita dura. E in tal senso il pubblico dev’essere fortemente stimolante, spingendo la squadra con vigore. Mi aspetto che il territorio risponda al meglio a questa nostra necessità, mi piacerebbe avere più gente allo stadio e sentire magari meno critiche...».

Il Citta si identifica da sempre con una famiglia, i Gabrielli. Mai avuto la tentazione di mollare dopo la retrocessione dai cadetti?

«No, perché la B l’abbiamo fatta sempre sapendo di rischiare il salto all’indietro. A noi è successo di tornare in Lega Pro, dopo 7 anni. Io dico che ci sta, ma allo stesso tempo che si può risalire. Al sottoscritto, a mio fratello Piergiorgio e alle mie sorelle Margherita e Mariangela l’idea di lasciare non è mai passata per l’anticamera del cervello. Sono coinvolti tutti: mogli, mariti, cognati e cognate, figli. E con noi ci sono Pavin e Maffei, da sempre legati a filo doppio al Cittadella».

Come dimenticare, poi, Stefano Marchetti, che è rimasto?

«Tra di noi ci sono grande stima e massima trasparenza. In estate ha fatto una scelta di cuore. Ma lui sa bene che quella di Cittadella è una dimensione che gestisce in pieno, a 360 gradi. Non so se altrove, anche per il carattere che ha, si troverebbe altrettanto bene».

Capitolo allenatore. Da Foscarini, dieci anni sotto le Mura, a Venturato non sembra essere cambiato molto.

«Tra i due non ci sono sostanziali differenze nel modo di approcciarsi al calcio. Di Venturato mi piace come fa lavorare lo staff, i collaboratori con lui hanno maggiore peso. Con Foscarini ci sentiamo in queste ore, la B è ferma e il rapporto tra di noi è sempre stato molto buono. È uno specialista in salvezze, con la Pro Vercelli farà centro un’altra volta».

Ultima domanda. È tornato il derby, la rivalità con Padova è sempre forte, ma sembra di capire che i rapporti con i biancoscudati siano assai migliorati rispetto al passato.

«Confermo. La rivalità in campo esisterà sempre, ma mai come adesso c’è tanta vicinanza fra le due proprietà, con alcuni dirigenti siamo amici da anni. Se poi mi chiedete di possibili fusioni in futuro, no, questo non fa parte dei programmi. Ma seguo con piacere il cammino di Bergamin, Bonetto e dei loro soci, e constato che il Parma sta seguendo il loro esempio».

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