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Bergamin riassume i primi mesi di Lega Pro: “Regole diverse e divario tecnico netto con la D. E il nuovo Euganeo…”

L'intervista de Il Mattino al presidente biancoscudato, che traccia un bilancio sull'impatto con la nuova categoria

Redazione PadovaSport.TV

L’intervista di fine 2015 con Bepi Bergamin, titolare della Sunglass e soprattutto presidente del Calcio Padova, è un atto dovuto nei confronti di chi ha fortemente creduto, insieme a Roberto Bonetto, nella rinascita del Biancoscudo. Un anno pieno di emozioni, segnato da gioie ma anche da tensioni, e che, dopo un novembre turbolento, ha regalato finalmente un po’ di serenità, con i tre risultati utili (2 vittorie e 1 pareggio) ottenuti dopo l’arrivo di Pillon. Presidente, qual è il suo bilancio? «L’anno solare racchiude sempre due campionati. Abbiamo affrontato un passaggio che ritenevamo obbligato, facendo tutto il necessario per ottenere il risultato auspicato, e di questo siamo stati contenti, ovviamente. Una volta in Lega Pro, sapevamo di incontrare molte difficoltà, ci faceva difetto l’esperienza e diverse cose andavano messe a posto. La società è stata allargata con l’ingresso di nuovi soci, e adesso tiriamo il conto di 16 giornate del girone d’andata che ci hanno fruttato 22 punti. D’ora in avanti vogliamo creare i presupposti perché, nel girone di ritorno, ci si consolidi nella categoria, magari senza soffrire troppo, e si costruisca un futuro solido, sia a livello di club che sul piano sportivo, con un organico che dia garanzie anche per il futuro». La differenza più vistosa che ha notato, dopo il salto di categoria? «La Lega Pro ti impone già regole diverse, sia a livello organizzativo che sul piano economico. Da un punto di vista tecnico, invece, il divario è sostanziale: ho visto sin qui squadre molto forti fisicamente. Se poi alla fisicità abbinano la qualità, c’è poco da fare, ti mettono sotto. Chi gioca in velocità e fa sfoggio di buona tecnica va lontano. Indubbiamente c’è chi è più attrezzato di noi. Però... Però il mister batte il chiodo della determinazione e della volontà di imporre il nostro gioco, indipendentemente da chi abbiamo di fronte. Se uno scende in campo solo per difendersi, i risultati non saranno significativi». Cosa serve al Padova per avvicinarsi alle migliori? «Una squadra importante deve avere 20 giocatori in grado di esprimersi a buon livello. Le varie Cittadella, Alessandria, Bassano e Pavia contano su rose con elementi in grado di alternarsi fra di loro senza creare squilibri. Noi abbiamo giovani bravi, ma che mancano di quella esperienza che occorre per affrontare partite ad alto livello. Vogliamo inserire nella rosa quei 2-3 nomi che ci consentano di avere le necessarie garanzie per il futuro. Intendiamoci, ammesso e non concesso che questo sia un torneo di transizione, bisogna proprio pensare al domani. Il progetto non cambia i suoi tempi: abbiamo detto che in tre anni dalla fondazione puntiamo alla Serie B e così dev’essere. O quantomeno bisogna provarci». È stato l’anno di Parlato, trionfatore in D e poi esonerato. E adesso Pillon... «La decisione di chiudere il rapporto con Carmine mi ha procurato un enorme dispiacere, dopo le emozioni della passata stagione. Ma il calcio va visto e analizzato anche in modo razionale e noi riteniamo di aver compiuto una scelta corretta per il momento che stavamo vivendo. L’ho incontrato proprio qui, nel mio ufficio, poco prima di Natale: una bella chiacchierata, lui ha capito, ci sono stati errori da parte nostra ma anche suoi, tutti in buonafede, eppure queste svolte, questi cambi di rotta fanno parte del gioco. Pillon dà garanzie per l’esperienza che ha maturato e per il tipo di gioco praticato. Vuole una squadra che sia compatta e convinta tanto nell’azione di attacco quanto in quella difensiva. Ha un contratto sino a giugno, noi speriamo di proseguire ancora con lui». Parliamo delle frizioni tra i soci. C’è stato un momento in cui avete rischiato seriamente di spaccarvi. Tutto passato? «Le persone in una società di calcio, così come in un’azienda, possono avere idee e punti di vista diversi. Ma ciò non significa litigare per forza, bensì confrontarsi con buon senso. Il momento seguito alla serataccia di Pavia è stato amplificato eccessivamente. Non ci sono state spaccature fra di noi, e se un errore è stato commesso, questo non ha inciso. Sarebbe bastata una giornata per ricondurre tutto nell’alveo giusto, ma comunque è passata. Siamo uniti, tornati a veleggiare insieme, decisi ad ottenere i risultati che ci siamo prefissati». Capitolo finale. Una battuta sul trasferimento al Plebiscito e quando vedremo il vostro progetto sull’Euganeo? «Condivido la scelta del Comune di trasferirci al Plebiscito quando sarà il momento. Curve e tribune vicine al campo danno indubbiamente qualcosa in più a chi è sul terreno di gioco. Quanto all’Euganeo, la nostra proposta, a cui sta lavorando con grande impegno l’a.d. Bonetto, sarà presentata entro gennaio. Abbiamo investito sull’idea, ne abbiamo discusso fra di noi, ora Roberto sta tirando le fila. E al momento opportuno la curiosità di tutti sarà soddisfatta».

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