La crisi

Caneo ha perso il tocco magico, il Padova affonda lentamente

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La prestazione contro il Sangiuliano (che era in piena crisi) è preoccupante, a tre giornate dal giro di boa la società è chiamata a fare importanti valutazioni

Stefano Viafora

Sei giornate è durato il gioco scintillante e rivoluzionario di Bruno Caneo, un fuoco di paglia, una bella allucinazione collettiva. Ora bisogna lasciare spazio al realismo: la squadra ha perso forse definitivamente quell'afflato, si è trasformata dopo quel pesante 5-0 subìto a Crema, che tutti pensavamo (speravamo) fosse solo un incidente di percorso. Da lì in poi tante partite sbagliate, Trieste a parte (ma i giuliani adesso sono ultimi in classifica). La squadra di Caneo non è più riuscita a mostrare quegli elementi distintivi emersi tra settembre e ottobre, ha sofferto terribilmente le squadre più arroccate, si è disgregata strada facendo, mostrando anche limiti nella costruzione della rosa (De Marchi e Ceravolo insieme, oggi, non valgono un attaccante degno di questo nome, o almeno un attaccante da squadra di alta classifica come vorrebbe essere il Padova).

In sala stampa ieri sera Raffaele Longo ha parlato di mancanza di serenità. Ma per quale motivo la squadra non dovrebbe essere serena? La tifoseria ha sostenuto da subìto il nuovo corso, la società non ha fatto mancare nulla, la piazza in generale ha apprezzato l'immediato attaccamento alla maglia dei nuovi. Non ci sono pressioni eccessive, nessuno pensa al primo posto. Eppure quella spensieratezza, che già nei precedenti editoriali avevamo indicato come ingrediente fondamentale per il Padova di Caneo, sembra essere venuta meno. Ieri ennesima conferma: dopo il gol annullato del Sangiuliano, il Padova invece di reagire si è spento definitivamente. Quell'atteggiamento rinunciatario è inaccettabile e non ha scusanti, al netto degli errori individuali (vedi Valentini, che sembra ormai una pallida copia del giocatore ammirato nel finale della scorsa stagione). Caneo è in grado di riprendere in mano la sua squadra o il rischio è quello di sprofondare ulteriormente (la già citata Triestina è la prova che non basta qualche nome importante per rimanere a galla)? Forse è arrivato il momento di intervenire, per non fare la fine del protagonista di quel libro di Dino Buzzati, Sette piani... Perchè tra scuse, alibi e promesse stiamo scivolando verso il baratro. Quindicesimo posto, quattro punti sopra la zona playout. Ma soprattutto totale involuzione. A tre partite dal giro di boa, il Padova di Caneo sembra naufragato.

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