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Padova, tempo di bilanci. Cosa c’è da salvare e quali errori sono stati fatti

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Se ne va in archivio la stagione 2023/24, un po' più a freddo proviamo ad analizzarla
Stefano Viafora
Stefano Viafora Direttore responsabile 

Quando si arriva alla fine di un percorso, voltandosi indietro, si riesce a dare un senso a tutto quello si è fatto. Il cerchio si chiude e si può fare quindi un bilancio più preciso. Anche perchè, quello appena terminato, è stato un campionato dai due volti. Pressoché perfetto nel girone di andata, oltre ogni più ottimistica previsione. Più caratterizzato da errori e incertezze nella seconda metà, con scelte (anche coraggiose) che non si sono rivelate purtroppo efficaci. Quando si analizza il campionato di un club bisogna partire sempre, piaccia o meno ai tifosi, dalle ambizioni estive, quindi dagli obiettivi sportivi e dal budget stanziato per raggiungerli. Per quanto possa essere contestabile l'idea di voler raggiungere la serie B diminuendo gli investimenti sulla squadra rispetto agli anni precedenti, è oggettivo che questa società agisca secondo criteri che oggi sono ampiamente condivisibili (evitare sprechi di denaro che alla lunga possono minare le finanze del club, individuare giocatori con potenziale ancora da sviluppare, valorizzare elementi del proprio settore giovanile) e nel contempo è penalizzata dalla carenza o dalla scarsa qualità delle infrastrutture calcistiche (lo stadio anti-calcio con il fantasma della nuova curva, il centro sportivo che sembra irrealizzabile). A livello sportivo l'eliminazione precoce (secondo le aspettative, non solo dei tifosi, ma anche dei bookmakers) dai playoff non deve cancellare quanto è stato fatto in campionato, con un piazzamento finale che in altre annate poteva valere la promozione diretta (sopra rivali che hanno investito quasi il doppio come Vicenza e Triestina). A testimonianza della bontà delle scelte di mercato estive.

L'equilibrio vincente si è rotto dopo la pesantissima sconfitta interna con il Mantova, che ha dato lo slancio finale alla squadra di Possanzini e ha affossato psicologicamente la squadra allora guidata da Torrente. La società ha ritenuto di intervenire prima con gli innesti di gennaio e poi con l'esonero dell'allenatore. Proprio queste decisioni nella seconda parte di stagione hanno fatto da contraltare alle ottime intuizioni estive, rivelandosi di fatto sbagliate. Gli acquisti più importanti, ovvero Crisetig e Valente, salvo in poche occasioni, non si sono rivelati all'altezza della situazione. Non solo, hanno modificato gli equilibri dello spogliatoio creando con il tempo malumori e "depressioni". La scelta infine di cambiare allenatore aveva una sua ratio, ma, ancora una volta risultati alla mano, si è rivelata totalmente inefficace. L'arrivo di Massimo Oddo non ha apportato alcun valore aggiunto (Torrente non poteva fare peggio di così, visto che il secondo posto era già saldamente in mano al Padova nel momento del cambio) e la sua seconda esperienza biancoscudata si è rivelata deludente sotto diversi aspetti. L'obiettivo era riportare autostima nel gruppo ed entusiasmo in generale a tutto l'ambiente. Si è cominciato con gli allenamenti a porte chiuse (era necessario? No, verrebbe da dire, visti anche i risultati...), poi con dichiarazioni incoerenti (prima era una squadra con cui potersi divertire e togliersi grandi soddisfazioni, più forte di quella di due anni fa, poi è diventata una squadra di giocatori inesperti e non adatti a partite di questo livello rispetto al Vicenza), infine con scelte azzardate di formazione ai playoff (l'esterno d'attacco Capelli su Costa, poi nella seconda partita la sconfessione del suo 4-3-3 e il ritorno al 3-5-2 con un infuriato Liguori in panchina fino al 70').


Ancora una volta la Padova calcistica rimane con questa sgradevole e frustrante sensazione di aver fatto oggettivamente tanto, ma non abbastanza. E così, con questo stato d'animo, ci ritroveremo di nuovo in serie C. Sono i giorni questi in cui si cerca un capro espiatorio: escluso qualche rimbambito che punta il dito contro la stampa, in tanti se la prendono con i giocatori, con il ds Mirabelli, con l'Ad Bianchi, con l'amministrazione comunale. Un esercizio questo che non fa che aumentare rabbia e sconforto perchè la verità su questo alone di sfortuna che circonda da anni il Calcio Padova rimane inafferrabile. Ripartiremo con i soliti obiettivi in testa. La serie B, perchè è il minimo per questa città (e il passato non conta nulla, conta solo l'enorme potenzialità inespressa che ha questa città nel calcio). E possibilmente inventarsi qualcosa per portare più persone allo stadio. Magari cercando di far appassionare quei padovani a cui piace il calcio ma che hanno occhi e cuore solo per certe squadre di serie A. Ben sapendo che tifare Padova è sempre più roba da eroi.